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La democrazia italiana gode oggi di buona
salute? Per rispondere a questa domanda, basta esaminare lo stato in cui versa la libera
informazione. Infatti, uno dei caratteri che contraddistinguono il regime democratico,
differenziandolo più nettamente da quello autoritario, è proprio la libertà di parola
garantita a tutti i cittadini.
Gradualmente nel corso degli ultimi secoli questa convinzione è emersa sempre più
chiaramente alla coscienza dei pensatori politici. Già alla fine del 1500 J. Bodin, che
pure è un sostenitore della monarchia assoluta, nell'opera I sei libri sullo stato indica
tra le caratteristiche del pessimo governante proprio il rifiuto della libera critica.
Forse basta sostituire qualche termine (re e tiranno con governante democratico e
autoritario e sudditi con cittadini) per cogliere l'attualità del quadro delineato
dall'autore: "La differenza più notevole fra un re e un tiranno è che il re si
conforma alle leggi di natura, mentre il tiranno le calpesta... L'uno fa tutto quello che
ritiene utile in vista del pubblico bene e per la tutela dei sudditi, l'altro non agisce
che in vista del suo particolare profitto, o per vendetta o per capriccio. L'uno si sforza
di rendere più ricchi i suoi sudditi con tutti i mezzi che può trovare, l'altro edifica
solo sulla loro rovina... L'uno si compiace di essere ammonito con libertà e saggiamente
rimproverato quando sia caduto in errore, l'altro non odia niente più dell'uomo libero,
severo e virtuoso... L'uno cerca i migliori per impiegarli nelle cariche pubbliche,
l'altro non si serve che di ladroni e di uomini malvagi, usandone come di sanguisughe...
L'uno commisura i suoi costumi e il suo comportamento al metro della legge, l'altro adatta
la legge ai suoi costumi".
Circa un secolo dopo, B. Spinoza afferma, nel suo Trattato teologico-politico, che compito
dello stato è proprio quello di garantire la libertà di pensiero: "E' certamente
violento il regime che a ciascuno nega la libertà di parlare e di insegnare ciò che
pensa e, invece, moderato quello che a ciascuno concede questa stessa libertà. Il fine
dello stato, infatti, non è quello di trasformare gli uomini da esseri razionali in
bestie o automi ma quello di far sì... che usino liberamente la loro ragione... In una
parola, il fine dell'organizzazione politica è la libertà... Per esempio, se qualcuno
mette in luce l'irragionevolezza di una data legge, e ritiene perciò che vada abolita, se
sottopone le proprie opinioni al giudizio dell'autorità sovrana, ... e nel frattempo non
compie atti contrari a ciò che quella legge prescrive, fa opera meritoria verso la
comunità politica e si qualifica come il migliore dei cittadini... Al contrario, quanto
più ci si impegna nel togliere agli uomini la libertà d'espressione, tanto più
tenacemente essi resistono".
Nel secolo dei Lumi la libertà di parola era ormai considerata dagli intellettuali
europei un valore così rilevante da trovare la più efficace espressione nella celebre
frase attribuita a Voltaire: "Io detesto ciò che tu pensi, ma sono disposto a morire
perchè tu possa pensarlo e dirlo".
E nell'ottocento, nei Paesi in cui si è affermato un regime liberale, la libertà di
parola è un diritto ormai scontato, tanto che J. Stuart Mill può scrivere nel Saggio
sulla libertà: "È da sperare che sia trascorsa l'epoca in cui era necessario
difendere la "libertà di stampa" come una delle garanzie contro un governo
corrotto o tirannico. Possiamo supporre che non sia più necessario dimostrare che non si
può consentire al potere legislativo o esecutivo... di imporre ai cittadini delle
opinioni e di stabilire quali dottrine o argomentazioni essi possano ascoltare. Inoltre,
questo aspetto della questione è stato così spesso e con tale successo fatto valere da
autori precedenti che è inutile insistervi particolarmente in questa sede".
Nel novecento, la lotta contro i regimi totalitari è stata condotta con particolare
energia proprio in nome delle libertà di pensiero, di parola e di stampa, sentite come
presupposti indispensabili per perseguire ogni ulteriore obiettivo.
K. Popper, tra gli altri, sostiene in Congetture e confutazioni che una società aperta
non ha nulla da temere dal libero confronto di idee e tradizioni differenti, che al
contrario contribuiscono al suo progresso: "Io sostengo che una delle caratteristiche
di una società aperta sia quella di tenere in gran conto, oltre alla forma democratica di
governo, la libertà di associazione, e di proteggere e anche incoraggiare la formazione
di sotto-società libere, ciascuna delle quali possa sostenere differenti opinioni e
credenze".
Se le cose stanno così, non si può non essere preoccupati per quanto accade oggi in
Italia. Infatti, il nostro Paese non ha una consolidata tradizione liberale e, al
contrario, ha conosciuto partiti politici decisamente illiberali ma dotati di largo
consenso popolare. Un graduale passaggio da un regime democratico a uno autoritario è,
quindi, da noi più facile che altrove e un indizio da non sottovalutare è proprio
l'insofferenza che l'attuale maggioranza (che si autodefinisce Casa delle Libertà!!!)
mostra per tutte le voci critiche.
Se un simile pericolo è effettivo, chi vuol difendere la democrazia deve reagire senza
indugi utilizzando tutti i mezzi legali. Si è visto, infatti, che in mancanza di una
reazione popolare si moltiplicano gli abusi, si allunga la lista dei giornalisti, degli
attori e dei comici censurati, allontanati dal video o intimiditi con richieste di
risarcimenti miliardari e si arriva ad approvare una legge che garantisce, a chi detiene
già un enorme potere, un assoluto controllo dei media.
Ormai non è più possibile illudersi che la situazione italiana sia nei limiti della
norma: la legalità costituzionale è a rischio, e va difesa prima che sia troppo tardi.
by Bollettino
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