Il reduce immaginario

di Fabio Ciofi

Le luci spente non dovevi farlo
lo spettro in agguato suona le corde
con un plettro di viscere seccate…

Ora è tutto un rincorrere
lampi spazi usciate ventate
scogli impattati da queste cazzo d’onde
una confusione verbale (mentale?)
ho bisogno ho bisogno di spiazzarmi
ma non abbocco alle mie finte, quindi
paralizzami luce che vieni a mancare
fammi azzannare il tarlo che marcia
sui miei sentieri fammelo sbranare
che dilaniare un tarlo che cosa da sballo
penserai se pensare ancora fosse
simulacro almeno dedicherei
due sinapsi indipendenti alla memoria
di ciò che un tempo scambiavo per gloria.

Lo spettro in agguato suona le corde,
l’atmosfera è concorde nel decretare
il riposo del guerriero; se almeno
avessi combattuto sul velluto
elencherei i miei vanti le mie medaglie
i miei allori i miei furori incanalati
allo scempio del nemico che dico
che scrivo non mi è chiaro con questo
spettro in agguato a suonare le corde
con spente le luci buio mi riconduci
a quando il terrore era nel passo incerto
la cantonata una testata nelle tenebre
chiamai quell’episodio e se mi rodo
è perché la sento quest’aria forzata
di pace quando invece è il momento,
lo sento, d’imbracciare l’agone.


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