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Pensiero di importazione
di Fabio Ciofi
Non ho un pensiero mio, se posso
così eludere la sottintesa domanda
a detta asserzione. Veniamo da un mondo
che serve il passato remoto, per dirlo;
ma è come se fossimo da sempre qui,
dove non si riesce a capire il motivo
di tanta affrettata frenetica adinamica
scelta di affannare la propria fine invece
di una cosa quieta.
Johnnash diceva faccio una dieta cerebrale
per non incappare nel demone della visione.
La sua, di schizofrenia, una malattia
dell'iperdecifrare convinto che dietro ogni
cosa è appostato un codice, uno schema.
La mia, di schizofrenia, una condizione
di chi per troppo attaccata affezione
al senso del logico sviluppo di ciò
che in termini (meta)fisici chiamiamo
evento, scopre a un punto certo
che tutto scorre per i cazzi suoi,
presenti o non presenti noi, coi nostri
pigli di scienziati decadenti.
E finita lera delle parate di regime
estetizzante. Sul terreno giacciono
straziate le vittime del salto laterale
dellostacolo. E vorrei, - come tutti del resto -
poter annunciare la ripulitura dei nessi
catodici per dare avvio a un pensiero
proprio, originale.
Sconto purtroppo una tara postadolescenziale:
lo studio della filosofia occidentale.
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