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Ergastolo
di Marco Cinque
Un passo per due
lo spazio che mi contiene
ho dovuto imparare presto, qui
per non perdermi
per non mollare anzitempo
Ho dovuto saper viaggiare oltre
percepire il significato dell'impercettibile
partecipando a dialoghi muti
con le sudicie pareti che, ormai
hanno persino imparato il mio linguaggio
Incontrarmi, ogni giorno
con porte che mi riconoscono pure
da lontano
ma non sanno rispondermi, no
non possono farlo
Ed è stato ucciso per sempre
il tempo in cui potrò
tornare
ad abbassare una maniglia da solo
Così, devo mettere in atto la mia mutazione
trasformando i pensieri in tentacoli
protendendoli
attraverso il grigiore del cemento
per raccogliere attimi d'ogni dimensione
colore, suono
...cos'altro diavolo mi resta?
Le parole ora danzano attorno al cuore
al ritmo d'una frase sincopata
vibrando
attorcigliandosi lungo il braccio
fino alla mano che scrive
La penna, allora
insegue solchi rabbiosi di rancore
e assieme allo sguardo conficcato nel foglio
si chiede:
"quale mente perversa
quale sadico fottuto
ha potuto mai concepire
un unico
stramaledetto inverno?
Ricordo che una volta
mi chiesero di spiegare l'infinito:
il cielo, pensavo
le galassie forse
forse l'amore, forse...
Ma oggi saprei dare la risposta:
è la speranza che ti assassina
giorno dopo giorno
è questo stillicidio di tempo
che non passa mai
eppure inutilmente già passato
E questo
è questo
è questo l'infinito
è dover sfogliare
petalo per petalo per petalo
il fiore appassito del domani
di questa mia non-vita "...
(Roma, febbraio 2002) |
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