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Ermete è morto! Viva Ermete!
Quindici anni or sono, quando Il pendolo uscì nelle librerie dopo essersi fatto attendere
per ben due anni (altro che il seguito di Matrix!), Pietro Citati scriveva su Repubblica:
Credo che Ermete sia lunico dio del nostro tempo
Ma, ad un tratto, il
grazioso e spiritoso figlio di Ermete
viene ucciso
Mi domando se valeva la
pena di scrivere questo libro.
Per rispondere alla domanda occorre capire chi sono i lettori del Pendolo.
Lessi per la prima volta il libro a Madrid, nel 2000, dopo essermi portato dietro per anni
il pregiudizio che ancora oggi lo perseguita.
Esistono infatti due categorie di lettori del romanzo di Eco: quelli che non riuscivano a
smettere di leggerlo e quelli che non sono riusciti a finirlo.
I secondi, se interpellati a proposito, rispondono con la frase che il suddetto
pregiudizio ha generato: È troppo difficile
Occorre connotare difficile. E quindi occorre raccontare la storia.
I fatti si svolgono tra il 1972 ed il 1984. Il periodo è quello degli ultimi strascichi
di contestazioni studentesche, ove gli striscioni e gli slogan stanno per essere
sostituiti dalle pistole. Ma è anche il periodo in cui, nel mondo editoriale, nasce
linteresse per quella che, con uno dei termini in voga allora, potremmo chiamare
Sapienza Alternativa.
Si tratta di tutto quel filone di nozioni che va dal mito di Ermete Trismegisto agli
alchimisti, passando dalle piramidi di Giza, dalla Cabala ebraica e da molto altro. Il
tutto strettamente interconnesso. Il tutto valido e credibile, purché dica il contrario
di quello che sta scritto nei libri di storia.
Se oggi le librerie di largo consumo hanno una sezione dedicata alla New Age od
allesoterismo, devono di grazie a quel periodo.
E Il pendolo racconta proprio della reazione di tre intellettuali di fronte a questa
invasione editoriale. Costretti a visionare centinaia di testi con opinioni desuete su
fatti storici (dal mito dei Templari allalchimia alla storia della Confraternita
Rosa-Croce) per conto della casa editrice in cui lavorano, i protagonisti decidono,
animati da ironico snobismo, di giocare a riscrivere la storia del mondo usando il
materiale a loro disposizione.
Se questa gente sostiene che la verità non sta sui libri di storia, allora facciamo
sì che abbiano ragione. Tutti.
Basta connettere le nuove informazioni in una sorta di atlante alternativo della Sapienza,
ove alla base sta un complotto cosmico.
Il gioco diventerà ben presto più grande di loro, e finirà per fagocitarli, facendo
loro perdere ciò che fino a quel momento li aveva preservati: lo spirito critico.
Questa, in due parole, la trama. E questa la ragione del è troppo
difficile
Per cinquecento pagine si assiste alla costruzione del Piano (il complotto
cosmico), e ci si perde nella marea di elucubrazioni storico-filosofiche sulla Verità
ultima. Ed è qui che il lettore della categoria numero due molla il colpo. Smette.
Se fosse arrivato in fondo, sarebbe stato premiato: alla fine è tutto fasullo. Non è
vero nulla.
Questo si sapeva già dallinizio; ma dopo centinaia di pagine i protagonisti
(insieme al lettore) sembrano essersene dimenticati, ed hanno finito per credere al gioco
che avevano inventato.
Coloro che invece il libro lhanno finito (categoria numero uno), hanno a questo
punto due alternative: andare a dormire rasserenati dalla morale della favola (è stato un
brutto sogno. Ora son desto) o restare svegli a controllare quanto il sogno avesse di
reale, sbirciando sotto al letto della Ragione a caccia di mostri.
Degli appartenenti alla prima specie ne ho conosciuti ben pochi.
Agli altri può capitare di studiare per anni le trame oscure del Pendolo (il primo premio
va senzaltro a Ruggero Puletti, per il suo La storia occulta: Il pendolo di Foucault
di Umberto Eco).
Alla fine, come spiega Eco stesso ne I limiti dellinterpretazione (Milano, Bompiani
1990; un vero e proprio apparato di note al romanzo), il risultato non cambia: non era
vero nulla; il segreto è vuoto.
Ciò che però mantiene il libro così vivo e attuale, parafrasando il vecchio adagio, è
che Il sonno della ragione genera mondi.
La ricerca post-Pendolo si trasforma talora (come nel caso del Progetto Luther Blisset,
evolutosi in seguito in Wu Ming) in mitopoiesi, e da questa fucina di idee nascono così
autori che danno nuova vita al panorama editoriale del nostro paese.
La religione del Pendolo, come è stata definita dai critici qualche anno fa,
ha formato una generazione di nuovi scrittori (talvolta allievi dello stesso Eco). Il
risultato paradossale (nel caso dei Wu Ming ad esempio) è stato un rinnovato interesse
per la Storia, quella vera.
Cercando di verificare le affabulazioni si è finito per saperne di più sulla Verità dei
libri di storia. E a quel punto sì che si poteva inventare. Si sono riempiti i vuoti con
la storia dei singoli. Si è raccontata la Storia dal punto di vista dei protagonisti
(marginali e non).
Questa è stata una soluzione, ma ve ne sono tante altre (De Cataldo e Cotroneo, tanto per
citare). Il fulcro del discorso è che i lettori del Pendolo hanno deciso di portare
avanti il Racconto, cambiando strada, evolvendosi, ma non smettendo di immaginare. E
questo basta a rispondere alla domanda che Citati aveva posto a suo tempo: sì, è valsa
la pena di scriverlo.
Umberto Eco
Il pendolo di Foucault
Milano, Bompiani 1988 |
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