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Haidi Giuliani è la madre di Carlo, il ragazzo ucciso in piazza
Alimonda il 20 luglio 2001. Labbiamo incontrata alla seconda edizione vicentina di
"FestAmbiente", dove, insieme a don Vitaliano Della Sala e a Umberto Pizzolato ,
ha preso parte al dibattito "Costruire l'Europa dal basso: l'opportunità del Social
Forum europeo".
Molti di noi che hanno preso parte alle "giornate di Genova" del
luglio 2001 sono rimasti con dubbi, perplessità sul reale svolgimento dei fatti. Resta
l'impressione che il morto, i feriti, i gassati (con il lacrimogeni CS, proibiti dalla
Convenzione di Ginevra), le persone maltrattate e picchiate a Bolzaneto e alla Diaz
rientrassero in un piano prestabilito con cui si voleva affossare definitivamente il
movimento No-global...Sicuramente hai avuto modo di approfondire la questione più di
altri. Cosa puoi dirci in proposito?
La mia impressione è che ci siano
stati vari livelli di repressione. Il primo è sicuramente dato dal quadro internazionale.
In qualche modo era già preannunciato a Nizza e soprattutto a Goteborg. Il metodo è
stato ben sperimentato anche in passato: usare la repressione per "spostare"
l'attenzione dagli argomenti posti all'ordine del giorno dai movimenti di opposizione.
Naturalmente ha influito pesantemente anche il livello nazionale, italiano.
C'erano già state delle avvisaglie a Napoli, ma a Genova si può affermare che le cose
sono state organizzate in grande stile, anche con le infiltrazioni all'interno dei Black
Bloc...
Una precisazione. Tu che idea ti sei fatta di questo misterioso "blocco
nero": provocatori, luddisti, "seguaci" di Zerzan...?
Guarda, dopo quel giorno io ho
cercato di incontrare tutti, di parlare con tutti, per capire cos'era realmente accaduto.
Mi risulta che anche all'interno del Black Bloc alcuni hanno fatto una dura autocritica.
Si sono resi conto di essere stati strumentalizzati, di aver fornito un pretesto alla
repressione contro lintero movimento. Veri o fasulli che fossero, sono stati usati
per "creare lo scenario" atto a trasformare le vittime, i manifestanti pacifici,
in colpevoli. Vorrei anche aggiungere che personalmente considero un'azione da stupidi
quella di sfasciare le vetrine; non è certo questo che mette in crisi le multinazionali.
Ho anche detto però che ritengo sia più grave sfasciare le teste della gente piuttosto
che le vetrine. Tornando al livello "nazionale" della repressione, bisogna
naturalmente tener conto del fatto che il nuovo governo di centro-destra aveva la
necessità di mostrare i muscoli, soprattutto a quelli che lo sostenevano all'interno dei
corpi repressivi.
A chi ti riferisci?
Mi riferisco per esempio a quei
carabinieri con l'effige di Mussolini sul portachiavi e "Faccetta nera" sulla
suoneria dei cellulare... Evidentemente il livello dì fascistizzazione dell'Arma era
stato sottovalutato dall'opinione pubblica (grazie anche alla politica precedente di
D'Alema) e ora come ora io penso che se verrà fuori qualcosa sul reale svolgimento dei
fatti di Genova (Piazza Alimonda, la Diaz, Bolzaneto...) sarà solo da parte della
Polizia, dove esiste ancora una componente democratica. E queste considerazioni ci portano
al terzo livello della repressione, quello della componente individuale. Gli agenti
mandati a Genova erano stati scelti accuratamente, in particolare i graduati. Tra quelli
presenti in piazza Alimonda molti erano di alto livello, con esperienza in zona di guerra,
soprattutto in Somalia.
Domande Inquietanti
A Genova era presente anche il vice-premier Fini...
Non ci hanno mai spiegato cosa ci
facesse per tante ore nella caserma dei carabinieri il vicepresidente del Consiglio. Già
la sera del 20 luglio, senza nessun rispetto verso i magistrati, affermava senza dubbio
alcuno che la morte di Carlo era un caso di "legittima difesa". La stessa cosa
verrà poi sostenuta anche dal procuratore capo...
Hai mai pensato che la morte di qualche manifestante fosse stata in qualche
modo pianificata in anticipo?
Dopo aver tanto parlato con chi era
a Genova, dopo aver visto tante immagini e filmati, mi sono convinta che forse qualcuno
potrebbe aver auspicato la morte di un giovane carabiniere, in modo da tagliare
definitivamente le gambe al movimento. C'è un momento in cui sembra proprio che questo
stia per accadere; mi riferisco a quando in Corso Torino una camionetta con sei
carabinieri, che in precedenza aveva quasi investito i manifestanti, va a fermarsi in
retromarcia contro un cassonetto (inevitabile cogliere l'analogia con quanto accaduto poi
in piazza Alimonda). Stando a quanto si vede nei filmati autista e graduato scendono dal
mezzo e scappano. Sembra addirittura che un manifestante riesca a sfilare le chiavi... A
questo punto un gruppo di persone (che appaiono imbestialite, forse per il tentativo di
investimento) da l'assalto al pulmino che viene incendiato. C'è solo un poliziotto che,
sottolineo da solo, fa scendere i carabinieri. Questi vengono lasciati andare; sui luogo
è presente anche don Vitaliano.
lo credo che questo episodio avrebbe potuto concludersi tragicamente, fornendo le
''vittime sacrificali" per denigrare senza appello il movimento di fronte
all'opinione pubblica. Come è noto, poco dopo un episodio per certi aspetti simile
avviene in Piazza Alimonda e si conclude con la morte di Carlo. E mi chiedo: perché hanno
attaccato il corteo dal fianco impedendone la dispersione? Perché, visto che
trasportavano dei feriti, invece di andare al pronto soccorso hanno sparato altri
lacrimogeni prima di ritirarsi (ed è solo a questo punto che vengono inseguiti)? Perché
non hanno spinto via il cassonetto? Perché la Polizia presente in via Catta è
intervenuta solo dopo che la camionetta se n'è andata? A queste domande nessuno ha saputo
risponderci, finora.
Il Futuro del Movimento
II movimento genericamente denominato No-global procede tra alti e bassi;
qualcuno si è anche affrettato a darlo in via di estinzione. La tua opinione in
proposito?
Quella di dare per morto il
movimento è un'abitudine ricorrente che poi il movimento stesso si incarica regolarmente
di smentire. Ogni volta infatti ci si ritrova in maggior numero, con sempre maggiore
visibilità. Penso che, proprio perché è formato da tante anime, per la sua
eterogeneità, non possiamo applicare al movimento i parametri di un partito. Un partito
si misura soprattutto dai voti, il movimento esce allo scoperto quando ci sono cose da
fare. Finora non ha perso una scadenza e mi sembra in buona salute. Io credo sia interesse
di chi sta dall'altra parte predire la morte del movimento No-global. E' evidente che, in
quanto movimento, non può restare uguale a se stesso ma deve rinnovarsi continuamente,
trovare altri linguaggi. Purtroppo in questo paese i partiti ci hanno abituato a pensare
alla politica come ad una attività per gli addetti ai lavori. Ai dirigenti di partito non
può che dar fastidio il fatto che la gente comune voglia riprendersi la politica, la vita
ma guai se non continueremo a farlo...
Cos'hanno rappresentato per te questi due anni trascorsi dalla morte di Carlo?
Questi due anni hanno tanti
aspetti. Innanzitutto sono stati segnati dalla mancanza di Carlo. C'è poi stata la
ricerca continua per avere giustizia, una ricerca che in Italia diventa sempre più
difficile. E poi c'è il rapporto profondo con la parte migliore di questo paese, la
possibilità di incontrare tante persone che in modo diverso lavorano per una società
meno schifosa e credono di dover fare qualcosa contro le ingiustizie del mondo. C'è anche
tutto quello che ho cercato di dire, di comunicare in questi due anni: un appello alla
tolleranza, alla comprensione, allimpegno... per tracciare una linea chiara e dire
se stiamo al di qua o al di là, ognuno con le proprie idee e convinzioni ma schierati,
lavorando nella stessa direzione. Penso a quello che è accaduto di recente: larghi strati
della popolazione che, almeno apparentemente, non avevano niente in comune, hanno scelto
di dire NO alla guerra.
Te lo chiedo ripensando al nostro incontro dell'anno scorso. Eri arrivata a
Vicenza da Reggio Emilia dove avevi partecipato ad un dibattito organizzato in una casa
del popolo dedicata ai Fratelli Cervi. Inevitabile l'accostamento con papa Cervi e
con altre persone che hanno in qualche modo condiviso il vostro destino: raccogliere
l'eredità di un figlio caduto lottando per la giustizia e la libertà. Ritieni che quello
che stai facendo in qualche modo possa completare, portare avanti quello che Carlo avrebbe
fatto e che gli è stato impedito con la violenza (compresa la violenza della recente
archiviazione)?
Ho sempre avuto un profondo
rispetto per le scelte di Carlo e quindi non posso pretendere di interpretare quello che
lui avrebbe fatto se non l'avessero assassinato. lo e suo padre siamo un esempio di come
si possa lavorare insieme pur con idee diverse. Noi abbiamo raccolto un'eredità di
memoria perché non venga occultato, come vorrebbero fare, tutto ciò che è accaduto a
Genova.
Quello che hanno fatto il Gip e il Pubblico ministero, archiviando la morte di Carlo, è
stato proprio tapparsi gli occhi, Le orecchie, la bocca... In ben quarantotto pagine il
Gip dimostra di non aver neppure guardato foto e filmati di piazza Alimonda. Sia ben
chiaro: io non intendo offendere la Magistratura che considero un pilastro della nostra
democrazia: caso mai è questo magistrato che la insulta, non io.
Comunque, se per loro il caso è archiviato, per noi no.
Come pensate di agire in futuro per evitare che su Carlo e sulle giornate di
luglio 2001 cali il silenzio?
Intanto continuiamo con la denuncia
civile per mantenere alta l'attenzione sui fatti di Genova; questo ci riguarda tutti, non
solo chi è stato ucciso, torturato, gassato... riguarda tutta la componente democratica
di questo paese. Da parte nostra prosegue anche la ricerca di foto e filmati; siamo
convinti che esistano altre possibili testimonianze che finora non sono emerse. Abbiamo
anche cercato di mettere in piedi un coordinamento di tutti i comitati nati per fare luce
su uccisioni e stragi di stato (e relativi depistaggi), da piazza Fontana a Serantini, da
Giorgiana Masi a Ustica. Abbiamo avuto un primo incontro il 14 giugno 2003 a Bologna e
presentato il nostro lavoro in una conferenza stampa a Genova il 12 luglio. Per
raccogliere tutte le storie italiane di "pallottole che rimbalzano" e di
"sassi intelligenti" che deviano il colpo sparato in aria. E poi continueremo a
rivolgere a chi di dovere le domande a cui non abbiamo mai avuto risposta, sia a livello
di Commissione d'inchiesta parlamentare che a livello europeo. Noi vogliamo continuare a
parlare di Genova perché non si ripeta; a parlare di Carlo perché ci ha dato la voce,
perché la gente ha visto il suo corpo steso su cui Ia camionetta è passata e ripassata
mentre era ancora vivo...
Lintervista è
stata pubblicata sul numero 93 del quadrimestrale GERMINAL, unantica pubblicazione
(data dal 1907, gestita da una redazione anarchico-libertaria.
GERMINAL, via Mazzini 11 3412 Trieste
Fonte: Il potere di
tutti Forli |
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