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Per ogni donna, il primo uomo è sempre lui. E il primo che vediamo
e anche il primo che amiamo, anzi che adoriamo senza riserva alcuna. Il papà è sempre
perfetto: è il più bello, il più forte, il più grande di tutti. Questa
smisurata passione dura qualche annetto, poi la figlia innamorata cresce,
acquisisce il senso critico, e allora i casi sono due: o la passione finisce per
trasformarsi in un solido affetto, come del resto capita a molti amori, o si trasforma in
un conflitto praticamente eterno e insuperabile, come nel caso degli amori più infelici.
Poiché di amore pur sempre si tratta, questo particolare sentimento che le figlie nutrono
verso il padre può infatti essere pienamente ricambiato o quantomeno rispettato, ma può
anche essere completamente respinto, rifiutato, sbeffeggiato, ed ecco allora la prima
grande delusione damore di una donna. Come se non bastasse, ci si mette di mezzo
quel subdolo meccanismo che in psicanalisi si chiama reiterazione e che induce
la figlia, una volta diventata donna, a ripetere allinfinito quella drammatica
esperienza, affidandosi a uomini che altro non sono che la fotocopia della
figura paterna, con la stessa capacità di procurare delusione e dolore. E come se
quella prima esperienza amorosa finita male invadesse a tal punto il cuore della donna da
impedirle di guardare oltre, di sentire e di accorgersi che anche laltro
sesso può essere dotato di comprensione, affettività, capacità di ricambiare. Nulla da
fare: si continua a cercare lui, che non può essere che esattamente così
comera.
Bisogna averne, di forza, per superare questo istinto: poteva giusto riuscirci una
fuoriclasse come Anais Nin, che a un certo punto prese letteralmente di
petto il problema e sfogò la passione frustrata per il padre (che laveva
abbandonata in tenera età) esattamente come qualsiasi donna dà sfogo alla passione per
luomo che ama. Dopo di chè mise il tutto nero su bianco: nel libro
intitolato Incesto, la Nin descrisse infatti tutti i particolari della
passione, prima platonica poi concretamente vissuta, che la legò al padre ritrovato. Una
scelta che più esorcizzante non poteva essere, ma che fu il frutto della
profonda ricerca interiore portata avanti dalla scrittrice con un audacia
sperimentale che ai suoi tempi era impensabile, ma anche oggi non è da tutte.
Le stragrande maggioranza delle figlie deluse finisce infatti, in un modo o
nellaltro, per soccombere alla propria stessa delusione. Per tutte loro parlò, anzi
cantò, Mia Martini: nella sua lunga carriera, iniziata a 6 anni con una partecipazione
radiofonica e conclusasi a 48 con la scelta di farla finita, Domenica Bertè, detta Mimì,
percorse tutte le fasi del dolore femminile causato da un traumatico rapporto con
luomo, dal primo in questione a quelli successivi. Ora che sono mezza
inguaiata e che ho deluso le tue speranze, vieni di corsa, mi hanno avvisata, per dirmi in
faccia le tue sentenze. Padre davvero, lo vuoi sapere? Se tu non vieni, mi fai un
piacere. Era linizio degli anni 70 quando con la canzone Padre
davvero Mimì incantò la critica ma scandalizzò il perbenismo fino alla censura.
Una serie di rime che non perdonavano: Padre davvero, sarebbe bello, vedere il tuo
pianto, di coccodrillo. Padre davvero, sarebbe grande, sentire il parere della tua amante.
Padre davvero, ma chi ti somiglia? Ma sei sicuro che sia tua figlia?. Sul tema del
padre, Mimì tornò una ventina danni dopo, con la canzone, dal titolo assai
eloquente, Gli uomini non cambiano: Sono stata anchio bambina, di
mio padre innamorata, per lui sbaglio sempre e sono la sua figlia sgangherata. Ho provato
a conquistarlo e non ci sono mai riuscita, e ho lottato per cambiarlo
ci vorrebbe
unaltra vita. Ma nel frattempo, tutta la sua discografia toccò i temi
dellindifferenza e dellegoismo maschile, dellabbandono e del
menefreghismo: Mi giri intorno solo quando vuoi, torni proprio quando tu non puoi
più stare solo, e io scema che ci casco e ti consolo. La canzone si chiamava
Amore, amore
un corno e laveva scritta un Claudio Baglioni allora
praticamente sconosciuto. Ma non solo lamore fu al centro della produzione
discografica di Mia Martini, che fu anche lunica donna a trasferire nella musica
leggera i temi del femminismo, riuscendo così a portarli allattenzione di un
pubblico estremamente vasto. Con la canzone Libera alluse al tema
dellaborto, con Io donna io persona parlò dellumiliante ruolo
della donna-oggetto, con Sola sottolineò il valore dellindipendenza
femminile. Confermando infine che la donna, più acquisisce coscienza di sé, più è
critica nel rapporto con luomo. Ma senza mai negare la possibilità di una reciproca
intesa, anche a costo di qualche piacevole e consapevole sacrificio. Lho
imparato da mia madre, che lo diceva sempre a mio padre, che tutti gli uomini sono
bugiardi, bevono giocano e tornano tardi, tutti uguali! Ma sono pronta a rinnegarmi, basta
che tu ti fermi a guardarmi, e già mi trovi nella tua rete, cosa mimporta se in
fondo voi siete tutti uguali!. Praticamente una filastrocca, forse una dei brani
meno conosciuti di Mimì: ma che la dice lunga sulla possibilità, per una donna, di
diventare furba quasi quanto un uomo. Quasi quanto il proprio padre. Per poter, infine,
liquidarlo con un sorriso. |
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