agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti

porta03.jpeg (2089 byte)

Padre davvero

di Lorenza Montanari

ISCRIVITI

al  servizio di newsletter

busta lettera anim.gif (14893 byte)

 

Per ogni donna, il primo uomo è sempre lui. E’ il primo che vediamo e anche il primo che amiamo, anzi che adoriamo senza riserva alcuna. Il papà è sempre perfetto: è il più bello, il più forte, il più ‘grande’ di tutti. Questa smisurata passione dura qualche annetto, poi la figlia ‘innamorata’ cresce, acquisisce il senso critico, e allora i casi sono due: o la passione finisce per trasformarsi in un solido affetto, come del resto capita a molti amori, o si trasforma in un conflitto praticamente eterno e insuperabile, come nel caso degli amori più infelici. Poiché di amore pur sempre si tratta, questo particolare sentimento che le figlie nutrono verso il padre può infatti essere pienamente ricambiato o quantomeno rispettato, ma può anche essere completamente respinto, rifiutato, sbeffeggiato, ed ecco allora la prima grande delusione d’amore di una donna. Come se non bastasse, ci si mette di mezzo quel subdolo meccanismo che in psicanalisi si chiama ‘reiterazione’ e che induce la figlia, una volta diventata donna, a ripetere all’infinito quella drammatica esperienza, affidandosi a uomini che altro non sono che la ‘fotocopia’ della figura paterna, con la stessa capacità di procurare delusione e dolore. E’ come se quella prima esperienza amorosa finita male invadesse a tal punto il cuore della donna da impedirle di ‘guardare oltre’, di sentire e di accorgersi che anche l’altro sesso può essere dotato di comprensione, affettività, capacità di ricambiare. Nulla da fare: si continua a cercare ‘lui’, che non può essere che esattamente così com’era.
Bisogna averne, di forza, per superare questo istinto: poteva giusto riuscirci una ‘fuoriclasse’ come Anais Nin, che a un certo punto prese letteralmente ‘di petto’ il problema e sfogò la passione frustrata per il padre (che l’aveva abbandonata in tenera età) esattamente come qualsiasi donna dà sfogo alla passione per l’uomo che ama. Dopo di chè mise il tutto ‘nero su bianco’: nel libro intitolato ‘Incesto’, la Nin descrisse infatti tutti i particolari della passione, prima platonica poi concretamente vissuta, che la legò al padre ritrovato. Una scelta che più ‘esorcizzante’ non poteva essere, ma che fu il frutto della profonda ricerca interiore portata avanti dalla scrittrice con un’ ‘audacia sperimentale’ che ai suoi tempi era impensabile, ma anche oggi non è da tutte.
Le stragrande maggioranza delle ‘figlie deluse’ finisce infatti, in un modo o nell’altro, per soccombere alla propria stessa delusione. Per tutte loro parlò, anzi cantò, Mia Martini: nella sua lunga carriera, iniziata a 6 anni con una partecipazione radiofonica e conclusasi a 48 con la scelta di farla finita, Domenica Bertè, detta Mimì, percorse tutte le fasi del dolore femminile causato da un traumatico rapporto con l’uomo, dal primo in questione a quelli successivi. “Ora che sono mezza inguaiata e che ho deluso le tue speranze, vieni di corsa, mi hanno avvisata, per dirmi in faccia le tue sentenze. Padre davvero, lo vuoi sapere? Se tu non vieni, mi fai un piacere”. Era l’inizio degli anni ’70 quando con la canzone ‘Padre davvero’ Mimì incantò la critica ma scandalizzò il perbenismo fino alla censura. Una serie di rime che non perdonavano: “Padre davvero, sarebbe bello, vedere il tuo pianto, di coccodrillo. Padre davvero, sarebbe grande, sentire il parere della tua amante. Padre davvero, ma chi ti somiglia? Ma sei sicuro che sia tua figlia?”. Sul tema del padre, Mimì tornò una ventina d’anni dopo, con la canzone, dal titolo assai eloquente, ‘Gli uomini non cambiano’: “Sono stata anch’io bambina, di mio padre innamorata, per lui sbaglio sempre e sono la sua figlia sgangherata. Ho provato a conquistarlo e non ci sono mai riuscita, e ho lottato per cambiarlo…ci vorrebbe un’altra vita”. Ma nel frattempo, tutta la sua discografia toccò i temi dell’indifferenza e dell’egoismo maschile, dell’abbandono e del menefreghismo: “Mi giri intorno solo quando vuoi, torni proprio quando tu non puoi più stare solo, e io scema che ci casco e ti consolo”. La canzone si chiamava “Amore, amore…un corno” e l’aveva scritta un Claudio Baglioni allora praticamente sconosciuto. Ma non solo l’amore fu al centro della produzione discografica di Mia Martini, che fu anche l’unica donna a trasferire nella musica leggera i temi del femminismo, riuscendo così a portarli all’attenzione di un pubblico estremamente vasto. Con la canzone ‘Libera’ alluse al tema dell’aborto, con ‘Io donna io persona’ parlò dell’umiliante ruolo della donna-oggetto, con ‘Sola’ sottolineò il valore dell’indipendenza femminile. Confermando infine che la donna, più acquisisce coscienza di sé, più è critica nel rapporto con l’uomo. Ma senza mai negare la possibilità di una reciproca intesa, anche a costo di qualche piacevole e consapevole sacrificio. “L’ho imparato da mia madre, che lo diceva sempre a mio padre, che tutti gli uomini sono bugiardi, bevono giocano e tornano tardi, tutti uguali! Ma sono pronta a rinnegarmi, basta che tu ti fermi a guardarmi, e già mi trovi nella tua rete, cosa m’importa se in fondo voi siete tutti uguali!”. Praticamente una filastrocca, forse una dei brani meno conosciuti di Mimì: ma che la dice lunga sulla possibilità, per una donna, di diventare furba quasi quanto un uomo. Quasi quanto il proprio padre. Per poter, infine, liquidarlo con un sorriso.

HOME

Società

Politica

Arti visive

Lettura

Scrittura

Punto rosa

Legalità

Paesi in guerra

Mondo