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Sulla pelle delle donne

di Denise Faticante



In Pakistan l’onore sfigura, ferisce, mutila, strazia, uccide. In questa terra compresa nell’impero britannico dell’India, il confine che divide la vita e la morte di una donna è tutto concentrato in un sostantivo: kari. Letteralmente significa “nera”, ma nella pratica indica tutte coloro che non hanno assecondato le regole sociali e la tradizione e per questo vengono uccise in nome dell’onore il cui significato viene continuamente allargato al di là delle norme sessuali per includere altre forme di presunto disprezzo e disobbedienza.
Non serve arrivare all’ “oltraggioso” adulterio per venire condannate a morte, basta convolare a nozze senza il permesso del padre o del fratello, scambiare una parola con un uomo non appartenente alla famiglia o perfino avere su di sé il solo sospetto della gente di aver tradito il proprio marito.

La pena si avvicina lenta e ineluttabile: la decisione passa attraverso il panchayat, il consiglio degli anziani del villaggio. La maggior parte delle volte sono gli stessi parenti, infangati appunto nell’onore, a eseguire la condanna: a volte a decretare la fine di una kari è l’acido gettato sul volto, a volte vengono arse vive, in molte aree rurali vengono tagliate a pezzi.

Anche lo stupro è un disonore da punire con l’eliminazione fisica. Sebbene la magistratura pakistana non riconosca formalmente il valore giuridico del panchayat, nonostante il governo del generale Musharaf abbia annunciato nell’aprile del 2000 che “uccidere in nome dell’onore è un crimine che va trattato come tale", benché nell’agosto dello stesso anno sia stata istituita a Larkana un’unità governativa di assistenza legislativa e il Senato abbia approvato una legge che abolisce le attenuati per coloro che uccidono in nome del decoro e della morale, sia la polizia che la giustizia continuano a trattare il delitto d’onore in maniera diversa da altri reati: un vero incitamento all’assassinio.

Un criminale giudicato da tribunali islamici, incaricati di far applicare la shari’a, potrà beneficiare di circostanze attenuanti se sarà stabilito che il suo gesto rispondeva ad una “provocazione grave e repentina”. Così un padre condannato all’ergastolo per aver massacrato la figlia, sorpresa a far il bagno con un uomo, ha avuto la pena ridotta a 5 anni di reclusione dall’Alta Corte di Lahore secondo la quale, il gesto dell’accusato era giustificato dal comportamento delle vittime, intollerabile in uno Stato islamico e insopportabile per un padre di famiglia.

Originariamente un’usanza tribale Baloch e Pashtun, il delitto d’onore, pratica pre-islamica senza reale fondamento religioso, non riguarda solo aree rurali ma anche città. Secondo la commissione non governativa per i Diritti Umani del Pakistan nel 1998, solo nella regione del Punjab, sono state ammazzate 888 donne, 595 furono delitti d’onore. Il 2003 si è però concluso con una speranza: il 20 dicembre la Corte Suprema ha dichiarato che le maggiorenni pakistane potranno sposarsi senza l’assenso del padre o del fratello.

Ma dalla sentenza ai fatti la strada è lunga e passa per un’unica consapevolezza: non considerare il corpo di una donna come ricettacolo dell’onore familiare.

Denise Faticante - 6 gennaio 2004
d.faticante@reporterassociati.org

 

Fonte: www.reporterassociati.org


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