|
Un bilancio di previsione
di Lidia Menapace
Sembra di vivere un tempo in bilico, pieno di segni incrociati e ambigui.
Per la prima volta molte persone scoprono che persino natale e capodanno sono forme di
imperialismo "occidentale". Basta sentire il Tg che dice essere stato estratto
un corpo vivo in Iran a capodanno, e aggiungere con stupore che la cosa pero' lascia gli
iraniani freddi, dato che il loro
capodanno e' in marzo. E le feste che a Mosca accompagnano il primo gennaio fanno da
mediazione tra il calendario gregoriano e quello giuliano e che gli ebrei festeggiano il
5600 o giu' di li'. Questa relativizzazione delle ricorrenze e' un buon segno, dice che
cominciamo ad accorgerci che il mondo non dipende da noi e che voler imporre persino le
nostre festivita' puo'
essere una prepotenza.
Intanto l'Europa segna il passo, ma forse non e' male, se usiamo il tempo delle non
decisioni governative per riprendere un severo esame della proposta di Costituzione e
confrontarla con le aspettative dei popoli: ormai pubblicamente dichiarate a colmare in
parte, almeno come richiesta, il pauroso deficit di democrazia nel procedimento tutto
chiuso, pressoche' clandestino, adottato dalla convenzione giscardiana. Di questi giorni
l'annuncio di un incontro che si terra' a Parigi nel corso del mese promosso da giuristi;
il comuinicato stampa divulgato dalla sezione italiana
contiene critiche di merito e di forma molto precise, mentre il tavolo per la democrazia
costituzionale europea si prepara a discutere nel Social forum italiano la prosecuzione di
cio' che e' stato avviato a Parigi soprattuto per merito della delegazione italiana. Credo
che dovremmo - noi di Venezia 8 dicembre - prendere conoscenza di altri percorsi e
immettervi anche le nostre proposte. Sara' bene rinvirare di nuovo la lettera a Prodi con
gli auguri e le felicitazioni per lo scampato pericolo e con la mediazione della Martirani
per ottenere ascolto nel mare di posta che Prodi riceve.
Il numero di chi comincia a prendere in considerazione la pace come un problema politico e
la sua costruzione come un impegno concreto di azione nonviolenta cresce anche nelle aree
politiche organizzate: e' in preparazione - tra ovvii contrasti interni - un seminario
nazionale
patrocinato dal segretario nazionale di Rifondazione comunista appunto sulla nonviolenza.
A fronte di tutto cio' non si sgonfia la retorica nazionalpattriotica, le trombonate sugli
"eroi", le confusioni su guerra e terrorismo, cresce la crisi sociale e i rischi
di precipizio aumentano.
Tuttavia le lotte spontanee - da Scanzano ai tranvieri - nonostante le provocazioni del
ministro dell'interno per isolarle e criminalizzarle, non cedono e sono nonviolente.
Forse sono segni di una crisi che ha preso avvio dal 1989 e della quale ora percepiamo la
profondita': le opzioni politiche sociali culturali che la fronteggiano hanno radici e
progetti non ancora conciliabili in progetti molteplici e armoniosi, non omologabili tra
loro, ma in tutte la parola leitmotiv, il motivo conduttore, e' "alternativa",
parola pacifica e civile, non "antagonismo", parola truce e militaresca.
I francesi si hanno coniato "altromondismo" per indicare cio' cui non sappiamo
ancora dare un nome.
Puo' darsi che questa previsione non sia troppo sbagliata e che ci stiamo davvero
avvicinando a strette drammatiche, a passaggi cruciali, a una porta stretta sul futuro
possibile e diverso? sperarlo non e' solo un anelito, ma una promessa e una proposta
politica: facciamoci dunque gli auguri.
La nonviolenza e' in
cammino
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo
tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
|
|