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I diritti delle donne

“I diritti umani delle donne e delle bambine sono una parte inalienabile, integrante e indivisibile dei diritti umani universali. La piena ed eguale partecipazione delle donne alla vita politica, civile, economica, sociale e culturale a livello nazionale, regionale ed internazionale, e lo sradicamento di ogni forma di discriminazione sessuale sono gli obiettivi prioritari della comunità internazionale.”
(ONU- Dichiarazione e Programma d'Azione di Vienna, Parte I, Par. 18)

Nel processo che ha portato al riconoscimento dei diritti delle donne, l’ONU ha svolto un ruolo determinante, spostando l'attenzione al problema dell'emancipazione da un livello nazionale a un livello internazionale, dandogli nel contempo una valenza universale e inserendolo nel più ampio contesto dei diritti degli individui.
L'art. 2 della Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dall'Assemblea Generale dell'ONU il 10 dicembre 1948, sancisce che «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e le libertà enunciati nella […] Dichiarazione senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione».
Nel 1952, con la Convenzione sui Diritti Politici della Donna, si adotta il primo strumento giuridico, vincolante per i paesi che lo ratificano.
L’Onu nel 1975 proclama l’Anno Internazionale della Donna e, in quell’occasione, si tiene la prima Conferenza Mondiale sulle Donne, da cui esce una Dichiarazione che, per la prima volta, sottolinea il ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani e la necessità di eliminare le violenze e gli abusi commessi contro le donne e le bambine.
Nel 1979 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva la Convenzione sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione nei confronti delle Donne, che è stata ratificata da oltre 100 Stati.
Ma ancora oggi più della metà degli analfabeti al mondo sono donne. Le donne lavorano più ore degli uomini, e la maggior parte del loro lavoro non è retribuito ed è indebitamente trascurato e ignorato.
In campo economico e politico la loro partecipazione ai processi decisionali rimane molto limitata.
In molti paesi, leggi, che riguardano i diritti di proprietà, i diritti ereditari, il matrimonio, il divorzio, l'acquisizione di nazionalità, l'amministrazione delle proprietà o la ricerca di un impiego, riflettono la disuguaglianza tra i sessi.
L’uguaglianza non può significare un uguale modo di trattare le persone, poiché trattare in modo uguale persone che si trovano in situazioni diseguali significa perpetuare l'ingiustizia.
La vera uguaglianza si può raggiungere solo con l’eliminazione degli squilibri dovuti alla diversità delle situazioni.
Ancora oggi in molti paesi del mondo è legale uccidere una donna che ha disonorato la famiglia o che è stata disonorata.
Secondo l'Unicef i due terzi degli omicidi commessi in Cisgiordania e Gaza sono delitti d'onore, ai danni di ragazze, donne e gay. Secondo la legge locale si tratta di 'legittima difesa' dell'onore.
In Iraq, nel dopoguerra sono aumentati i rapimenti e gli stupri. Le famiglie non accettano la figlia disonorata e la uccidono, con il tacito consenso delle nuove autorità irachene.
Alcuni Stati che applicano regolarmente la pena di morte prevedono il divieto di condannare a morte o di giustiziare donne o donne incinte, ma vi sono paesi, che rispettano la legge islamica, che applicano la pena di morte nei confronti di donne per il reato di adulterio e di prostituzione.

Fonti: www.amnesty.it - www.onuitalia.it - www.squilibrio.it 


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