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La ragazza con l’orecchino di perla


di Luigi Impieri

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Capita a volte, che della vita di un artista del passato di cui si apprezzano le opere non si hanno notizie certe e pur in assenza di testimonianze scritte, si avverte l’esigenza di saperne di più.
Si sente cioé, il bisogno di colmare le lacune presenti e di fare luce, usando la fantasia, nelle “zone d’ombra”, lasciate dalla Storia.
Si cerca allora, almeno di immaginare, ciò che non sarà mai possibile dimostrare, in assenza di documenti e testimonianze attendibili.
E’ ciò che ha fatto, Tracy Chavalier, autrice del romanzo “La ragazza con l’orecchino di Perla” da cui é stata tratta la sceneggiatura dell’omonimo film, in circolazione in questi giorni al cinema, diretto da Peter Webber.
La scrittrice, ha tratto infatti ispirazione, per il suo romanzo,da una piccola tela (44,5x39), dal titolo, "Fanciulla con turbante”, da alcuni denominata “la Monna Lisa olandese”.

 

Fanciulla con turbante


L’Opera di cui si hanno davvero scarse notizie, (e forse è ciò che la rende ancora più affascinante), fu eseguita dal pittore fiammingo Jan Vermeer nel 1665 ed oggi é conservata in condizioni non proprio eccezionali, a L’Aia, presso il Koninklijk Kabinet van Schilderijen, Mauritshuis.
Vermeer dipinse la fanciulla di tre quarti la quale, sembra si volti di sorpresa, in un movimento fugace, come se sollecitata da un richiamo; ha le labbra appena aperte e uno sguardo misterioso.
Un turbante azzurro, le cinge la testa, indossa una giacca gialla ed all’orecchio porta una perla, su cui sembra riflettersi il colore degli occhi.
Il ritratto si “stacca” dallo sfondo oscuro ed é avvolto da una calda e innaturale luce, dall’ effetto “flou”.
L’aura enigmatica che aleggia su quest’opera, e sul suo autore, ha scatenato la fantasia della scrittrice, la quale ha ipotizzato i retroscena della realizzazione di un dipinto che già i moralisti dell’epoca giudicarono osceno, per via delle labbra rosse, inumidite e socchiuse dell’anonima ragazza ritratta.
La scena si svolge a Delft, città natale di Vermeer, ricostruita dallo scenografo Ben van Os, sulla base di un dipinto (Veduta di Delft) del 1660, dello stesso artista.
Siamo nel 1665: una sensuale adolescente di nome Griet, viene assunta come serva da una ricca famiglia che riesce a mantenere un alto tenore di vita, esclusivamente grazie alla vendita dei quadri eseguiti dal celebre pittore (nella realtà l’artista dovette fare i conti coi debiti).
Tra i due protagonisti, la serva e il pittore Vermeer, si crea inizialmente un rapporto di complicità, che sconfina come afferma il critico Luca Gricinella, prima in quello tra allieva e mentore, poi rischia di diventare una passionale storia d’amore, ma si limita ad essere come lo ha definito, Tracy Chavalier, un “incontro ascetico”.
Molto belle sono le inquadrature, sembrano quadri di Vermer in movimento, così come la luce del film, dello stesso tono dei dipinti.
Infine, tutti i personaggi del film sono “cloni” rifatti dal regista ad immagine e somiglianza di quelli che il pittore ritrasse nelle opere realizzate durante la sua breve vita d’artista che avrà termine con la morte avvenuta a Delft nel dicembre del 1675.

barchetta.gif (2445 byte) Luigi Impieri

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