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Il sonoro liquore

di Dario Sutter

 
 
 

Oh quam placens in colore.
Guardi professore – sollevò il bicchiere con gesto ieratico, il Graal di una liturgia personale; lo trafisse con lo sguardo, poi parve esplorare le diffrazioni prismatiche che si arrotondavano cercando il vetro. – Guardi. Quale polvere di cassia avrebbe mai potuto impastare un vetro così rubino?
Quale cattedrale potrebbe così intensamente ricevere la luce nelle ferite del martirio?
Quale macerato chermes potrebbe donare all’umore queste fiamme?
Quale purpura dal sangue rilucente avrebbe potuto tingere le trame del vapore?
Uiriliter, regaliter.

Oh quam fragrans in odore.
Volatile, conteso fra il fuoco e l’aria. La forza che unisce e separa la Fenice e L’Iride, il rosso e il turchino.
Radicato nella terra, nutrito dall’acqua. La forza che unisce e separa la torre e la nave, il verde e la spuma.
Inverno, primavera, estate, autunno. Consonantia dissimilum inter se vocum in unum redacta concordia.
Ascolti l’armoniosa consonanza degli elementi. La musica del cosmo. Accordi lo strumento professore e consideri. Ascolti la soledad sonora di questo calice. Noi, in Germania stimmung diremmo.
Mirabiliter.

Oh quam sapidum in ore.
Ecco l’Athanor. Un’altra creazione professore.
Pensi alla nigredo dei mosti ribollenti. Dopo il verbo il caos.
Dopo la putretudine gli elementi tendono al loro stato naturale, si dilaveranno lasciando i tini nella Ablutio. Poi il vino trionfale sarà accolto dai legni delle botti per la Congelatio, gli elementi si saranno ricongiunti. La rubeificazione filosofale sarà già accaduta. Da ultimo il vetro incorrotto riceverà il nettare per la Fixatio. Ascolti il suono. Comprenderà tutte le ottave, tutti i toni? Ascolti i suoni dei corpi celesti? Si accordi professore.
Famose.

Dulce linguae vinculum.
Allegria, euforia, tempesta. Immer in aufruhr.
Felix venter, felix guttur, felix o set beata labia.
Affatto; quando siamo nella taverna non ci curiamo di quale sia l’umore. Si ricorda come il tema del sonno si sposa a quell’eroico di Sigfrido. Questa struggente melanconia, questo pathos dolcissimo si compenetrano con la violenta ragione del destino.
Se l’humor melanchonico per la terra incontra il sanguigno per l’aria, se il colerico per il fuoco incontra quello flemmatico per l’acqua lo spiritus emana vapori ora temperati ora assorti ora amorosi.
Beva professore e ascolti. Cos’è dunque questo… lo spirito del vino o lo spirito della musica? E’ questa consonanza dell’anima cosmica la musica che cercava? Gli umori si reimpastano, gli opposti si confondono. Gran mercé cantiniero del vostro versiero.
Il vino e la musica; impalpabili, ineffabili. Sono tempo, vapore, immateriali, aerei; esplodono i sedimenti della storia e della memoria. Prima del principium individuationis, la apocatastasis.

Solemniter.
Non potantes confondemus in eterna tristizia.
E quand’anche l’angelo della morte dovesse cercare me per sempre io diverrei musica; lascerei un calice pagato per ogni gola sonora che ancora sa latrare alla luna.
Lachrymabiliter.

Non ho più visto il giudice Harlander, ma so che è ancora vivo.
 

 
 
 
 
 

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