agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti

 
 
 
 
 
 

Una camminata verso il parlatorio

di Howard Guidry

traduzione di Arianna Ballotta
 

 
 

Ogni tanto mi lasciano uscire dalla gabbia nella quale vivo: per l’ora d’aria, per la doccia, per presentarmi di fronte alla commissione disciplinare o in qualche altro ufficio. Raramente esco per andare in parlatorio. Quella verso il parlatorio è la più lunga camminata che un condannato a morte possa fare, ad esclusione dell’ultima camminata, quella senza ritorno.
Per me andare a piedi fino al parlatorio è come assumere sostanze eccitanti. Tutto inizia proprio come in un momento simile a questo, mentre sto scrivendo. Sento una guardia urlare: “Guidry, hai una visita. Preparati!”. Appoggio la penna e faccio un lungo respiro. Poi, per le successive 6 o 7 ore sono di ottimo umore.
Le guardie mi scortano fuori dall’edificio che ospita il braccio della morte. Per arrivare al parlatorio si cammina all’aria aperta. Durante il percorso si cammina in una specie di percorso recintato ai lati e coperto da un tetto di acciaio. Cerco sempre di contare i passi dalla mia cella al parlatorio, ma non appena esco fuori perdo il conto. I miei sensi sono acutissimi e non potrebbe essere altrimenti, visto che sto pochissimo all’aria aperta. La brezza leggera mi accarezza la pelle, sento l’odore dell’erba e della terra concimata. Non mi sfugge nulla, né il blu ipnotico del cielo, né le vibrazioni della terra. La cadenza dei miei piedi sul cemento armato è la colonna sonora di ogni fantasia che decido di concedermi al momento. Il silenzio è spesso il preludio alla violenza fra certi uomini rinchiusi in carcere, ma il mio silenzio in queste camminate pseudo-serene è come il silenzio di un bimbo in soggezione che ascolta, un bambino rinchiuso dentro il corpo di adulto diventato tale agli occhi della società e del carcere.
Credo che camminare verso il parlatorio abbia un effetto psicoterapeutico. Il ricordo dell’ultima camminata e l’attesa della prossima sono utili ai miei pensieri nelle 23 ore di isolamento all’interno della mia cella, ore in cui cerco di sopravvivere. A quella camminata penso quando cerco di cacciare le brutte cose che mi vengono in mente mentre sono solo nella mia gabbia. E’ una delle poche cose che mi sono rimaste nella vita degne di essere apprezzate…. Accidenti, quanto diventa disperato un uomo e come sforza la sua immaginazione per cercare di non impazzire!

Howard Guidry *
# 999226
Polunsky Unit
3872 FM 350 S
Livingston, TX 77351


* Howard Guidry è nato in Louisiana nel 1976 ed è stato condannato a morte in Texas per un reato commesso all’età di 18 anni.

 
 
 
 
 

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