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Esiste una strada che
parte da Jim Garrison e arriva a James Ellroy. È una strada sporca,
ampia e sterrata, che taglia in due l’America. È una Route 66 fatta
d’inchiostro.
Sbancor conosce quella strada, sa dove porta e la percorre da anni.
Sbancor è uno pseudonimo, un nome fittizio dietro il quale si cela un
economista. Di quelli bravi.
Sbancor – parola di Evangelisti, autore della prefazione - presenta una
differenza sostanziale dai suoi colleghi: sa scrivere.
Questo libro non è un romanzo; o meglio non è solo un romanzo. Così come
non sono solo dei romanzi American Tabloid e Sei pezzi da mille.
Questo volume è un apparato di note ai nostri tempi.
Per dirla con le parole dell’autore: “Quello che stiamo vivendo è
l’ultimo atto di una storia maledetta iniziata circa cinquant’anni fa. È
la storia della mia generazione. Quella che nessuno ti racconterà mai
per intero. Quella che nessuno vuole ascoltare. Quella che neanche io
sono pronto a scrivere…”
Partendo dalle Torri Gemelle ed andando a ritroso attraverso il G8,
l’assassinio di Maria Grazia Cutuli, l’affare Iran Contras, il Watergate,
l’ “operazione Phoenix” e la strage di Waco, si arriva là dove tutto ha
avuto inizio: a Dallas, il 22 novembre 1963.
Analisi puntuali e divertissement narrativo si fondono per dipingere la
scena dello spostamento del centro geopolitico mondiale nel cuore dell’Eurasia,
ove l’antica “Via della seta” si è trasformata nella “Via del petrolio”.
E della droga.
Attraverso gli occhi dell’alter ego dell’autore si assiste alla
descrizione del quadro economico post 11 settembre, e si rivivono in
lungo flashback gli avvenimenti che l’hanno generato.
Lo stile serrato, puntuale e vario (si passa con naturalezza da dialoghi
tarantiniani a pagine da manuale di storia a nudi report finanziari)
mantiene viva l’attenzione e trasforma il saggio in romanzo.
Il rigore storico e l’acribia analitica (splendida l’analisi del
concetto di Warfare) trasformano il romanzo in un grande strumento
critico.
Katsuhiro Otomo sosteneva in un’intervista che la letteratura
giapponese, dopo Hiroshima, fosse affetta da una latente vocazione
post-atomica (Akira ne è un esempio lampante).
Una cosa analoga è successa negli Stati Uniti che, dopo l’assassinio di
Kennedy, hanno infettato la propria letteratura con il cancro del “cospirazionismo”.
Questo è precisamente il sostrato in cui nasce American Nightmare, un
sogno americano al contrario, un Incubo, raccontato da una penna così
abile che al risveglio risulterà tremendamente vero.
Sbancor
American
Nightmare
Nuovi Mondi Media |
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