agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti

   
   
   
         
   

Prefazione

di Carlo Gubitosa

Meglio un giorno da Orioles che cento da Vespa

 

 

 

 

 

   
   

... prima di tutto, un messaggio ai giornalisti inglesi di sinistra e agli intellettuali in genere: ricordate che disonestà e viltà si pagano sempre. Non pensate di potervi comportare per anni da propagandisti leccapiedi del regime sovietico, o di qualsiasi altro regime, e di ritornare improvvisamente alla dignità intellettuale. Chi si prostituisce una volta, si prostituisce per sempre.

George Orwell - 1° settembre 1944


Il mio primo e unico incontro personale con Riccardo Orioles risale ad un'estate romana del 1996, durante una breve e fortuita visita alla redazione romana di "Avvenimenti". Ancora prima di sentirlo parlare, il suo aspetto aveva suscitato in me curiosità e rispetto al tempo stesso. Minuto, serio, sempre concentrato, con una folta barba in cui affondare la pipa, Riccardo mi ha colpito per il suo aspetto austero, per la grande dignità del suo modo di vestire e per la capacità di indossare una giacca con disinvoltura senza nasconderne le maniche logorate dal lungo utilizzo.
La nostra breve conversazione è diventata "a senso unico" nel giroi di pochi secondi: quasi come se in lui si fosse improvvisamente acceso un misterioso interruttore, Riccardo è uscito dalla sua riservatezza iniziale per travolgerci con un fiume di parole, descrivendoci con grande passione e con un "fuoco interiore" quasi tangibile i suoi progetti per il futuro e la sua analisi della situazione politica di allora. "Ecco, ho incontrato un vero giornalista", è stato il mio pensiero in quella circostanza, e dopo di allora non ho ancora pensato la stessa cosa di nessun'altra persona.
A quell'epoca conoscevo "telematicamente" Riccardo già da diversi mesi, grazie all'attività di controinformazione elettronica che lui e la redazione della rivista "I Siciliani" avevano realizzato in collaborazione con quella che allora non era ancora un'associazione, ma semplicemente la "Rete telematica PeaceLink", una rete di persone e di idee costruita con vecchi computer e nuove speranze, un manipolo di utopisti e sognatori, con la passione per la libertà dell'informazione, che ogni notte mettevano in rete i loro computer per i pochi minuti necessari a distribuire in tutta italia i preziosi messaggi antimafia de "I Siciliani". Una rete fatta di sogni, utopie, idee e passioni che abbiamo condiviso con Riccardo e con la sua redazione di "giornalisti ragazzini", che già nel 1993, raccogliendo l'eredità morale di Giuseppe Fava, cominciavano a scardinare i vecchi e arrugginiti meccanismi dell'informazione a colpi di computer e modem, quando in tempi non sospetti la telematica non era ancora diventata il nuovo giocattolo dei mercati finanziari, ma era al contrario uno dei pochi canali a disposizione per la diffusione di informazioni libere, non censurate e non soggette a logiche commerciali.
Un'informazione popolare e nata dal basso, che riusciva a farsi strada con la forza delle idee anche al di fuori di interessi politici o corporativi, spesso in aperto contrasto con i "poteri forti" dei grandi gruppi editoriali e mediatici. La formica contro l'elefante, Lilliput contro Gulliver. E durante una lunga, bellissima stagione, l'elefante e Gulliver hanno davvero tremato. La telematica dei primi anni '90 aveva saputo unire lo spessore politico del volantino "ciclostilato in proprio" alla potenza tecnologica della posta elettronica, sviluppando delle nuove forme di comunicazione, delle nuove regole (la pubblicità era bandita), e una forma di gestione decentrata, partecipata e diffusa del potere dell'informazione. Pensavamo che questo fosse solo l'inizio, e che di lì a poco la società civile avrebbe sviluppato delle forme di gestione collettiva dei mezzi di informazione, la rilettura in chiave telematica dell'altra grande sfida del secolo: la gestione collettiva dei mezzi di produzione.
In quella grande stagione di partecipazione politica e culturale, la "rivoluzione copernicana" rappresentata dal modem ha dato la possibilità a centinaia di persone di entrare "dietro le quinte" del mondo dell'informazione, diventando protagonisti e redattori dei loro bollettini telematici anziché semplici "navigatori" passivi. Tutto questo non più di sei anni fa.
Oggi la potenza tecnologica aumenta sempre di più, ma forse abbiamo perso per strada i contenuti e la passione necessaria per dare all'informazione che circola sulle nostre reti telematiche la stessa forza e la stessa capacità di cambiamento che aveva quando la nostra "vita in rete" si svolgeva sulle "bacheche elettroniche" dei volontari dell'informazione anziché sull'internet, una rete tra tante ormai diventata "la" rete per antonomasia, talmente unica e unificante da aver perso l'articolo determinativo, riservato ad artefatti più primitivi ("il" fax, "il" telefono, "il" computer). Invece l'internet, "The internet" in inglese, in italia è ormai definitivamente diventata internet e basta, e anche scrivere il suo nome con la "i" minuscola incute ormai una certa soggezione.
All'intensa stagione della partecipazione ha fatto seguito quella del disimpegno, e nella seconda metà del decennio la "rivoluzione telematica" ha conosciuto il suo riflusso. L'internet commerciale "regalata" dai grandi gruppi di telecomunicazioni si è fatta strada scaraventando in rete quasi a forza migliaia di utenti. La "cultura informatica" è uscita dal circolo ristretto degli addetti ai lavori per diventare una delle nuove parole d'ordine del pensiero unico globalizzato.
Nel frattempo autorevoli esponenti del cosiddetto "underground digitale" e fondatori di collane editoriali "cyberpunk" a diffusione militante si sono riciclati come valletti Rai o come consulenti di prestigiose case editrici a livello nazionale, i volontari delle bacheche elettroniche hanno appeso al chiodo i modem, dopo l'ondata di sequestri che ha travolto nel 1994 le reti telematiche autogestite, e chi marciava in prima fila nei cortei pacifisti firmando gli appelli per la libertà di informazione ha raggiunto i luoghi del potere, mettendo l'eskimo in soffitta per passare al doppio petto grigio.
I giornalisti de "I Siciliani", e con loro l'agenzia "Aspe" del Gruppo Abele, il "Sial" (Servizio Informazioni America Latina), le piccole case editrici, le riviste del volontariato e gli operatori dell'informazione sociale, oltre ad essere imbavagliati dalle leggi di mercato hanno dovuto fare i conti con una sinistra di apparato che ha considerato il loro lavoro poco più di una ragazzata, a cui sorridere con compiacimento senza mai mettere in discussione neanche una virgola della propria azione politica e delle proprie derive antidemocratiche. "Il vostro impegno è sicuramente lodevole, però adesso lasciateci lavorare ragazzi, la politica e l'informazione sono cose da grandi, ci pensiamo noi qui a Palazzo Chigi".
Cosa ha fatto in questi anni Riccardo Orioles ? Dei suoi bellissimi articoli non rimane traccia neppure sulle pagine delle numerose riviste che ha contribuito a fondare. Chi lo ha cercato tra le "grandi firme" del giornalismo, nei luoghi di potere, tra i velinari di palazzo, nei "salotti buoni", nei congressi di partito o nelle redazioni dei "grandi" quotidani ha fatto davvero male i suoi conti. Dopo il nostro incontro a Roma, ho seguito le attività di Riccardo da lontano, con sprazzi di notizie fornite da amici comuni che mi raccontavano le sue esperienze sulla strada, le sue difficoltà a sbarcare il lunario, il suo impegno all'interno del carcere per la realizzazione di un giornale fatto da detenuti.
In questi anni forse abbiamo tutti sottovalutato il suo bisogno di aiuto, o forse pensavamo di non essere abbastanza in confidenza con lui per sentire il bisogno di cercarlo o di chiederlgli semplicemente "come stai?". Forse abbiamo vissuto troppo in fretta per accorgerci che lui non seguiva più il ritmo frenetico della nostra posta elettronica. Quello che conta tuttavia è che lui sia finalmente e improvvisamente riapparso sugli schermi dei nostri computer per scuotere ancora una volta le nostre comode coscienze.
Lo ha fatto con un bollettino telematico, che ha battezzato "Catena di San Libero", dal nome di uno dei "santi protettori" che negli ultimi mesi hanno "miracolato" gli italiani con il dono di un accesso all'internet, gratuito solo in apparenza. Ho letto avidamente le varie edizioni di questo bollettino, con il piacere di aver ritrovato un'oasi di giornalismo vero in un mare di spazzatura cellofanata, un giornalismo che non si limita alla superficie dei problemi, che sa dare ampio respiro ai fatti del giorno inquadrandoli nel contesto di tutta la storia del nostro tempo, che sa mischiare la profondità della cultura alla leggerezza dell'ironia, una sana boccata d'aria in un mondo fatto di informazione fredda e costruita a tavolino senza passione.
Leggere la "catena di San Libero" mi ha ridato fiducia. Anche dopo la stagione del riflusso telematico e nonostante i tentativi di trasformare il web in una televendita planetaria, c'è ancora speranza di incontrare persone che in rete mantengono vivo l'utilizzo del pensiero critico, la controinformazione di base, la passione giornalistica e la libertà della parola scritta. Ho deciso di raccogliere gli articoli di Riccardo in una pubblicazione autoprodotta, perché sono convinto che le idee espresse in questi bollettini abbiano una forza propria per uscire dalla rete e diventare uno strumento fatto di carta per la lettura, il dibattito e la riflessione collettiva.
In uno dei suoi messaggi, Riccardo ha scritto una frase che mi ha colpito molto: " ... non so su che mezzo stai leggendo, in questo momento, queste righe. Al momento in cui scrivo, non so se esse verranno pubblicate da un giornale, e da quale, o se le diffonderò tramite Internet, o se mi stai leggendo grazie a una stampante laser a 300 dpi - o su un volantino. Faccio il giornalista antimafia da vent’anni, e al ventunesimo anno non sono affatto sicuro di potermi far leggere da te con mezzi ‘regolari’... ".
Questo libro è, appunto, un "mezzo non regolare" di diffusione delle idee. Dietro la pubblicazione degli scritti di Riccardo non c'è nessun gruppo editoriale, nessuna campagna pubblicitaria, nessun interesse economico. Non abbiamo alle spalle una grossa catena di librerie o un distributore che faccia arrivare questi fogli anche nei supermercati e negli autogrill, ma dobbiamo affidarci unicamente alla buona volontà di chi scoprirà in rete questo lavoro e vorrà consigliarlo ad amici e conoscenti. La nostra catena di distribuzione sarà il passaparola, e il nostro "prezzo di copertina" sarà unicamente il libero contributo di chi vorrà coprire le spese necessarie per le fotocopie e i francobolli, anziché fare tutto a mano prelevando il testo dalla rete in formato elettronico. Se questo progetto vi piace, se vi piace la libertà dell'informazione e se vi piace l'idea di restituire all'editoria la sua dimensione sociale e popolare, aiutateci a diffondere questa pubblicazione e condividete con noi questa avventura. Costruite assieme a noi una rete fatta di uomini e di pensieri liberi per sostenere e promuovere questa ed altre iniziative di editoria a diffusione militante, basate sull'utilizzo della telematica come "vettore di idee" popolare e accessibile, orizzontale e partecipativo.
Dopo aver coperto le spese di stampa e di spedizione, destineremo quello che avanza all'acquisto di un computer per Riccardo, in modo che continui ad avere la possibilità di esprimersi e di far sentire la sua voce in rete senza la necessità di chiedere permesso, come ha fatto finora, per ritagliarsi uno spazio nel computer di altre persone.
Come premessa a questo libro trovate una "lettera ai DS" trovata per caso nelle pieghe del sito www.pds.it. E' una lettera su cui riflettere molto, per interrogarsi sul percorso della sinistra italiana e sul destino che Riccardo condivide con tutti i pezzi di società civile italiana che ormai sono orfani di qualunque rappresentanza politica.
"Voi dareste cento Orioles per un Bruno Vespa, e sareste anche convinti di fare un affare...", sono le amare parole indirizzate da Riccardo ai Democratici di Sinistra. Se la misura del valore di un giornalista è una mera questione di audience, Riccardo è senza dubbio un perdente. Se il metro di paragone invece è la qualità della vita e lo spessore delle scelte, lui è una delle poche voci da salvare nel panorama italiano dei media. Adesso è ritornato in rete, e per il bene di tutti mi auguro che continui a rimanerci a lungo. Uno solo dei suoi messaggi di posta elettronica continua a valere molto di più di tutti gli effetti speciali e i lustrini multimediali con cui i colossi dell'informazione cercano di riproporre anche in rete gli stessi meccanismi di potere che danno a quattro grandi agenzie di stampa mondiali il monopolio delle notizie che circolano sul pianeta.

Carlo Gubitosa

Associazione PeaceLink


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