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Sono giorni
di grande fermento per il popolo della rete. Su un numero
crescente di siti, blog, forum e newsgroup stanno comparendo
vibrate proteste e animate discussioni contro l'approvazione
definitiva della direttiva sulla brevettazione del software che
l'Europarlamento dovrebbe votare tra pochi giorni. La
mobilitazione più clamorosa è arrivata dalla prima pagina di
Linux.it, il principale punto di riferimento italiano per gli
sviluppatori e gli appassionati di open source, secondo cui "La
Commissione Europea e il Consiglio dei Ministri stanno
segretamente spingendo per la brevettabilità del software senza
limiti, fortemente incitati dalle multinazionali e da avvocati
specializzati in brevetti. Essi stanno ignorando la decisione di
voto democratico del Parlamento Europeo del 24 settembre 2003
(data della votazione in prima lettura della direttiva, ndr) ,
che ha avuto il supporto di oltre 300.000 cittadini, 2.000.000
di piccole e medie imprese, dozzine di economisti e scienziati".
Secondo i paladini del codice libero, l'intenzione della
Commissione Europea sarebbe quella di cancellare gli emendamenti
votati a Strasburgo lo scorso settembre, in modo da reintrodurre
anche nel nostro continente il permesso di brevettare qualsiasi
tipo di software senza nessuna limitazione. Uno status quo
presente negli Stati Uniti già da vari anni che, a detta di
molti operatori del settore, blocca di fatto l'attività degli
sviluppatori indipendenti (che costituiscono la vera anima della
rete e dell'innovazione tecnologica) a favore delle grandi
multinaionali del software. Questo perché l'ideazione e la
realizzazione di programmi per computer sono da sempre frutto
della concertazione di più individui, ciascuno dei quali
fornisce il proprio contributo per il corretto svolgimento del
lavoro.
La fase di sviluppo si configura come una complessa operazione
intellettuale durante la quale diverse parti di codice vengono
assemblate, modificate e reimpostate alla ricerca di nuove
funzioni e potenzialità, ovviamente rispettando i dettami del
diritto d'autore. Se venisse approvata la direttiva sulla
brevettazione del software, elaborare programmi diventerebbe
molto più arduo, se non impossibile. Gli sviluppatori dovrebbero
infatti assicurarsi che il codice da loro utilizzato non violi
nessuna delle decine di migliaia di brevetti software esistenti,
per evitare di incappare in un circolo vizioso di denunce.
Un'operazione impossibile visti i numeri in gioco, che, secondo
le posizioni più critiche nei confronti della direttiva,
avvantaggerà le grandi multinazionali del software americano, le
uniche in grado di stipendiare uffici legali destinati al
controllo e alla contrattazione dei brevetti.
Ma per quale motivo la Commissione Europea sarebbe intenzionata
a favorire una normativa volta a consegnare il mercato del
software del nostro continente nelle mani di pochi potentati
statunitensi? Le accuse che circolano in rete sono le più varie:
se da un lato c'è chi se la prende con la superficialità dei
parlamentari europei, che non sarebbero in grado di comprendere
la delicatezza della questione, dall'altro c'è chi accusa i
burocrati di Bruxelles di agire sulla base di mirate azioni di
lobbying gestite da potenti multinazionali. A sostegno di questa
seconda tesi, vanno registrate una serie di recenti direttive
sul diritto d'autore (dalla Eucd alla IP Enforcement) che, nel
tentativo di limitare il fenomeno della pirateria, hanno
notevolmente innalzato la sorveglianza sui cittadini, inserendo
delle restrizioni che molti esperti hanno definito come un
grosso regalo alle big corporate della musica e del cinema.
In attesa della votazione, la protesta degli attivisti non si
ferma ed esce persino dalla rete. A partire dal 14 aprile, sono
infatti previste una serie di manifestazioni per le strade di
Bruxelles. Serviranno a qualcosa?
Note:
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