agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti

 
 
 
 
 
 

Quando il vento soffia forte bisogna farsi canna

di Luca Stamati
Assessorato Ambiente - Provincia di Napoli

 
 

“Quando il vento soffia forte bisogna farsi canna” amava ripetere un famoso cinese.
L’editoriale di Demarco sembra contestare proprio questo adagio, non si capisce però se dietro la sua analisi vi sia compiacimento o malcelato disappunto. La teoria della guerra preventiva propugnata dai neocons raccolti attorno a Bush ha portato gli Stati Uniti, con la complicità di Blair e la supina furbizia da italietta di Berlusconi, ad invadere l’Irak contabbandando una guerra neocoloniale come un intervento contro il terrorismo. Le armi di distruzione di massa che agli occhi del mondo dovevano giustificare l’intervento si sono rivelate un pretesto, una bufala inesistente, infatti non sono mai state trovate. Si è detto che comunque bisognava spodestare un tiranno come Saddam Hussein e portare in quel martoriato Paese la democrazia e la libertà e, a un anno dalla fine della guerra dichiarata via satellite da Bush, sappiamo che in Irak la situazione è addirittura peggiorata. Di più, che le armate liberatrici invece dei valori di democrazia e libertà hanno abolito di fatto la convenzione di Ginevra e praticato sistematicamente(?) la tortura. Le immagini terribili delle foto sulle torure ai prigionieri irakeni perpetrate dai soldati americani e inglesi hanno svelato al mondo in maniera storicamente indelebile in che mani siamo. Soffia prepotentemente un vento di guerra, di disprezzo delle regole, di crociata religiosa, di razzismo, di annichilimento dell’avversario, di annullamento della personalità e dell’identità del nemico, della sua riduzione ad animale al guinzaglio. La maggioranza dei commentatori dei media italiani reagisce a tutto questo rifugiandosi nella magra consolazione che in un paese democratico le torture vengono comunque denunciate e i responsabili puniti. Nessuno che si chieda se è accettabile che in una democrazia possano ancora essere messe in atto e, soprattutto, tollerate o addirittura ispirate dall’alto pratiche del genere. Nessuno che si preoccupi di denunciare, combattere a voce alta e debellare un virus tanto infetto da mettere a rischio l’intero sistema di valori e conquiste che regola la vita e i comportamenti di un Paese civile e democratico. In un mondo in cui soffia un fortissimo vento di destra cosa fa uno “di sinistra”? Se ne sta “rintanato in casa invece che andare a fare la guerra ai terroristi” o preferisce “rimanere sospeso come il fumo del sigaro(cubano) e la nebbia dell’utopia”? Ora è vero che “nelle canzonette si nasconde spesso il senso più profondo della nostra vita” ma è altrettanto vero che “ a canzoni non si è mai fatta la rivoluzione”! Certo c’è chi se ne sta a casa e aspetta che il vento cali e chi va a far la guerra ai terroristi ma ci sono anche tanti, tantissimi altri che si muovono diversamente. Ci sono milioni di uomini e donne, giovani e meno giovani che hanno invaso le strade e le città del mondo manifestando, in tempi non sospetti, contro la guerra e per la pace.Tantissimi, la maggioranza(?), che contestano un mondo diseguale e profondamente ingiusto che concentra la ricchezza nelle mani di un terzo della popolazione mondiale e condanna alla fame, alla miseria e all’ingiustizia il resto. Gli stessi che protestano contro un modello di civiltà basato sul consumo sfrenato e folle delle risorse naturali che pure non sono illimitate, che non si accontentano di un lavoro precarioe mal pagato purchè sia, che non si rassegnano a considerare gli immigrati manovalanza senza diritti da sfruttare ma persone degne dello stesso rispetto e degli stessi diritti di cui godiamo noi indipendentemente dal loro paese d’origine, dal colore della loro pelle e dalla loro religione. Bene, uno “di sinistra” sta con questi tantissimi e assieme a loro si batte per un altro mondo possibile, non rinunciando a quel pizzico di utopia che come insegna il passato ha consentito, non è così Direttore, a tante minoranze folli e disperate di fare la Storia e di cambiare profondamente il destino degli uomini.

Inviato al Corriere del Mezzogiorno, in risposta all'editoriale di Marco Demarco del 23 maggio 2004
 

 
 
 
 
 

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