|
Innanzitutto
debbo dire che oggi manca qui con noi il Procuratore Capo di
Palermo Dr. Grasso, purtroppo ha avuto impegni improvvisi e non
ha potuto essere presente. Siamo molto dispiaciuti, ma
sicuramente ha problemi più importanti del nostro Convegno da
dover affrontare a Palermo.
Tra noi doveva esserci anche un religioso impegnato da anni
nelle carceri con i detenuti sottoposti a regime di “41 bis”, ma
non è potuto intervenire, e di questo siamo rimasti veramente
sconcertati.
Oltre a lui abbiamo contattato, già dal mese di gennaio scorso,
tantissimi altri religiosi compreso Don Ciotti , ma tutti
regolarmente ci hanno riferito di essere oberati dagli impegni.
Ora se è pur vero che non si può entrare nel merito degli
impegni di nessuno, non possiamo non aver constatato quanto si
possa essere coraggiosi davanti alla mafia, ma, probabilmente,
molto meno davanti alle sue vittime, almeno quelle di un certo
tipo.Veniamo ora all’articolo “41 bis”, che sarà oggi il tema di
questo Convegno, per il quale ringrazio l’Università di Pisa ,
il Prof. Bresciani e tutti coloro che hanno voluto partecipare
in qualità di relatori, il Proc. Vigna , tutti gli altri e tutti
voi che siete in sala.
Quanto previsto dall’articolo “41” bis, in sostanza un regime
carcerario severo, è necessario per il contrasto alla mafia.
Questo è il nostro pensiero e faremo quanto sarà nelle nostre
possibilità per affermarlo in ogni luogo e forma.
Il “41 bis” voluto fortemente dal Giudice Falcone, prevede
misure di detenzione speciali introdotte per impedire alla mafia
di avere contatti dal carcere con l’esterno.
L’introduzione dell’articolo “41 bis” è stata la molla che ha
spinto la mafia ad uccidere a Firenze, Roma e Milano, le ormai
note stragi del 1993. Questa non è secondo noi la sola ragione
che sta dietro a queste stragi, tuttavia i mafiosi colpevoli di
averle eseguite, il carcere duro non lo vogliono e questo è un
punto importante, sul quale noi non dobbiamo mai smettere di
riflettere.Queste misure di detenzione però, vogliamo
sottolinearlo, non hanno mai funzionato molto bene. Infatti solo
meno di un anno dopo la strage di Via d’Amelio, l’ordine per
nuovi attentati fu reiterato attraverso le sbarre e l’ordine era
sempre lo stesso: andate e uccidete.
D’altra parte ci sono prove di un malfunzionamento del regime
carcerario suddetto. Infatti i fratelli Graviano, condannati
all’ergastolo per le stragi del 1993 e sottoposti a regime di
“41 bis”, hanno figliato riuscendo a far uscire dal carcere il
proprio seme.
L’articolo “41 bis” non è mai stato applicato nella sua completa
severità, così come avrebbe dovuto essere in seguito
all’uccisione dei due Magistrati Falcone e Borsellino, eppure
alla mafia non è mai piaciuto lo stesso.
A questo fatto, a mio avviso, non possiamo del tutto escludere
si possa collegare l’intensa “messaggistica esplosiva”,
indirizzata ai personaggi più disparati, che non di rado, e da
parecchi anni, circola per il nostro Paese tra un ufficio
postale e l’altro.
Ci sono poi coincidenze che, a nostro giudizio, devono essere
prese in considerazione.
Verso i primi giorni del mese di Novembre 1993, quindi poco dopo
il fallito attentato all’Olimpico del 31 Ottobre del 1993, 130
mafiosi furono trasferiti da 41 bis a carcere normale.
Se è pur vero che i collaboratori di giustizia riferirono che
quella strage, rivolta contro l’arma dei carabinieri, fallì
perché il telecomando che doveva far saltare l’esplosivo non
funzionò, resta difficile oggi, alla luce dell’esperienza di
questi anni, non porsi la domanda: la mafia potrebbe aver
annullato quell’attentato all’ultimo momento visti i risultati
che pochi giorni dopo avrebbe ottenuto?
Per inciso si deve dire che è giunta soltanto ieri la notizia
dell’indignazione espressa da alcuni politici, secondo noi un
poco in ritardo sui tempi, contrariamente alla nostra ira,
riguardo al fatto che altri 72 mafiosi sono passati, nel giro di
poco tempo, dal regime carcerario duro al carcere normale.
A questo punto, però, prima di procedere voglio pormi, e porre a
tutti voi, una domanda:
riusciremo oggi qui a scandalizzare quanti da anni si battono
per forme di recupero del reo?
Certo che lo faremo, perché a quanti vogliono trovare attraverso
le leggi un sistema di riabilitazione diverso dalla detenzione,
suonerà certamente male sentir parlare di un’applicazione seria
del “41 bis”, sia pure per crimini efferati come le stragi.
Ma noi proveremo a dimostrare che coloro che sono stati
condannati all’ergastolo per le stragi del 1993, in prigione
devono rimanere a vita e a regime di “41 bis” per tutto il tempo
previsto dalla legge.
Questo perché sono pericolosi e lo saranno sempre.
Giuseppe Graviano uomo di “cosa nostra”, condannato
all’ergastolo in Cassazione per la strage di Firenze e le altre
del 1993, il 10 marzo 2004, al processo svoltosi a Firenze per
il già citato attentato allo stadio Olimpico di Roma, una strage
ideata contro sessanta carabinieri ha recitato più o meno così:
“Io sono innocente e ultimamente ricevo visite di Magistrati i
quali vogliono farmi dire che ho perorato la causa di un
giocatore del Milan, ma io l’anima non la vendo”.
Che cosa voleva dire Giuseppe Graviano? Si rivolgeva forse in
modo trasversale a chi ha avuto funzione di “mandante esterno a
cosa nostra”(di “autore”)per la strage del 27 Maggio 1993?
Voleva forse minacciarlo e fargli comprendere che la sua anima
per ora non è in vendita, ma domani chissà, o forse peggio?
In quella dichiarazione spontanea le minacce a volte paiono
ancora più gravi.
Infatti l’uomo che ha assassinato Caterina Nencioni, di soli
cinquanta giorni di vita, sua sorella Nadia di 8 anni, i due
genitori delle bimbe e lo studente di architettura Dario
Capolicchio di soli 20 anni, tutti morti a Firenze in via dei
Georgofili, non accetta di essere sottoposto ad un regime
carcerario come quello previsto dal “41 bis”, e paragona il suo
carcere a quello di Guantanamo.
Certo non sarà come stare in Luglio in una villa in Versilia,
potendosi permettere di pagare un’ affitto mensile di 25 milioni
delle vecchie lire, a sorseggiare vini pregiati, riposandosi
delle fatiche sostenute in Via dei Georgofili la notte
del 27 Maggio 1993, ma il “41 bis” non è neppure una forma di
galera infernale, come la si vuol far figurare.
A tal proposito permettetemi di leggere quanto scrivono Sergio
D’Elia e Maurizio Turco nel loro libro “Tortura democratica
Inchiesta su “la comunità del 41 bis reale”:
”Graviano Giuseppe, detenuto nel carcere di Novara, (nel
frattempo è stato trasferito nel carcere di Terni), 39 anni,
originario di Palermo, assieme al fratello Filippo (in 41 bis a
Tolmezzo) indicato come il reggente del mandamento di Brancaccio
e partecipante alla riunione della Cupola in cui si decise la
strage di Capaci, in carcere dal 27 gennaio1994, in 41 bis
dall’8 marzo dello stesso anno, condannato in via definitiva
all’ergastolo per associazione e omicidio, appellante contro una
condanna all’ergastolo per omicidio, ricorrente contro una
condanna all’ergastolo per omicidio, assolto dall’accusa di
omicidio per la quale gli era stato comminato l’ergastolo, ha
diversi processi in corso e altre condanne definitiva. Si è
diplomato quest’anno in ragioneria e si sta scrivendo
all’Università di Biologia molecolare. Prima aveva il walkman
per studiare inglese, concesso da un ispettore, poi glielo hanno
ritirato. Ha avuto buoni voti in tutte le materie,ed è
dispiaciuto che la media si è abbassata a causa del voto in
inglese e in informatica non avendo la possibilità di usare il
walkman e un computer( pensate che nelle cancellerie dei
Tribunali spesso non hanno i computer) Appassionato di pittura,
mostra delle cartoline bianche dipinti di Monet, Kandisky, Klimt,
deturpate dal visto della censura apposto sia dalla parte bianca
sia sul dipinto.Ha scritto: sono stato trasferito dalla Casa
Circondariale di Novara a quella di Terni e ristretto nell’area
riservata , oltre ad essere isolato da tutti gli altri detenuti
ho le telecamere 24 ore al giorno, nel bagno di 1 mq. ne ho 2””
Da questa lettura si evince come il recluso sottoposto al regime
di “carcere duro” non possa più impegnarsi in tutto ciò che le
sue vittime avevano intrapreso, o forse avrebbero voluto
intraprendere, e non hanno avuto possibilità di fare; egli
potrà, pentendosi, ancora fare tutto ciò, altri non lo potranno
più. Noi crediamo che il 41 bis sia la giusta conseguenza per
aver compiuto stragi dove bambini, donne, uomini e ragazzi sono
stati uccisi, esclusivamente per gli interessi di una
organizzazione criminale e delle persone che in questo Paese si
sono colluse con essa.
Sempre al processo per il mancato attentato allo stadio
Olimpico, in una sua dichiarazione spontanea, ancora più
“esplicito” è stato Salvatore Riina.
Riina uno dei capi storici di “cosa nostra”, condannato anche
lui all’ergastolo per tutte le stragi del 1993, il 10 aprile
scorso ha preso in prestito le parole del Presidente Scalfaro,
formulate in un discorso agli italiani a reti unificate il 5
Novembre 1993.
“Io non ci sto’….” disse l’allora Presidente, riferendosi
anche alle bombe esplose pochi mesi prima di quell’intervento,
“io non ci sto’” ha replicato Salvatore Riina il 10
aprile scorso, e usando le possibilità che il processo consente,
come prima di lui aveva fatto Giuseppe Graviano, ha recitato più
o meno così :
“Sono innocente, chiedete piuttosto a uomini dei Servizi
Segreti, a certi Generali, a certi Ministri, a certi
Terroristi…” .Che cosa voleva dire Salvatore Riina con queste
parole? Si trattava di avvertimenti o piuttosto di minacce?
Uomini di “cosa nostra”, che non vogliono il “41 bis”, e che,
forse, lanciano minacce nel corso di un processo.
La mafia non vuole quel tipo di carcerazione, che come i fatti
dimostrano non è poi così severa, e per farla abolire ha
scientificamente eseguito la strage di Firenze del 27 Maggio
1993 e tutte le altre di quell’anno. Inoltre ha tentato di
forzarne l’abolizione durante tutto il corso del processo di
Firenze contro “cosa nostra” per quelle stesse stragi; processo
svoltosi grazie all’immane lavoro fatto da uomini di legge, come
il Proc. Vigna e il Proc. Chelazzi, ai quali possiamo solo
esprimere la nostra riconoscenza, e aggiungo, senza timore di
esagerare, che la lapide del compianto Dr.Chelazzi dovrebbe
diventare, per tutti meta di pellegrinaggio.
Questi uomini di “cosa nostra”, ne siamo certi, domani
rifarebbero una strage se ciò procurasse nel tempo lauti
guadagni all’organizzazione criminale stessa, perché se non
fosse così oggi collaborerebbero con la giustizia dopo aver
visto le fotografie del corpo carbonizzato di Dario Capolicchio
e lo strazio del corpicino della piccolissima Caterina Nencioni,
morta a 50 giorni di vita senza sentire l’abbraccio della madre.
Collaborando ci spiegherebbero perchè, ancora oggi, insistono
con attacchi allo Stato che si intravedono nelle loro
dichiarazioni spontanee, mentre chiamano in causa istituzioni e
terroristi.
Per esempio sarebbe giusto venisse spiegato come mai la mattina
del 27 Maggio 1997, nel giorno del quarto anniversario
dell’attentato di Firenze, una bomba a mano, chiamata” ananas”,
venne fatta ritrovare in prossimità di via dei Georgofili e sia
stata poi rivendicata dalle BR UCC(vedi Repubblica del
27.5.1997).
Non abbiamo mai saputo se quella rivendicazione fosse fasulla o
meno, se si trattasse di un depistaggio oppure no; è possibile
che Riina sappia tutto ciò.
Come avrete ben compreso, ogni occasione è buona per questi
criminali, per lanciare incredibili messaggi mafiosi attraverso
le videoconferenze fatte dalle aule di giustizia, figuriamoci
che cosa accadrebbe se ogni giorno potessero incontrare
tranquillamente i propri parenti e i propri amici, parlare con
loro toccarli e quant’altro.
Tutto questo potrebbe apparire come una sete di vendetta, ma in
realtà noi vogliamo solo giustizia.
Vogliamo conoscere i nomi dei mandanti esterni a “cosa nostra”,
gli “autori” delle stragi del 1993, vogliamo la certezza della
pena per gli esecutori oggi già in carcere, comprensiva anche
del “41 bis”, perché i crimini che hanno commesso contro i loro
simili sono senza eguali, e perché potendo avere ampi contatti
con l’esterno sarebbero disposti ad ordinare un massacro al
giorno, pur di salvare i capitali frutto del malaffare.
Secondo noi, c’è una sola strada per uscire dal carcere e dal
così detto regime carcerario duro. Convinti che per le stragi
del 1993 esistano dei “mandati esterni a cosa nostra”, l’unica
via praticabile per i mafiosi è la collaborazione con la
giustizia.
Questo non farebbe di loro certo uomini migliori, ma sicuramente
uomini fuori del giro delle organizzazioni mafiose e questo
sarebbe una garanzia della loro impossibilità a commettere altre
stragi, altri massacri.
A proposito dell’applicazione dell’articolo “41 bis” per i
mafiosi rei di strage, si sentono dire e vengono scritte una
gran quantità di sciocchezze. Si abbia almeno il coraggio di
ammettere che il richiamo alle coscienze per la salvaguardia
della dignità dell’uomo, in simili casi, è soltanto il frutto di
interessi che non vogliamo neppure pensare di prendere in
considerazione, perché dovremmo formulare pensieri rivoltanti
nei confronti di certi politici.
Il giorno del primo dell’anno 2004 ,a nome dell’Associazione, ho
scritto in una nota di agenzia quello che pensavamo su chi si
era recato a trovare Salvatore Riina, portando fuori dal carcere
le rimostranze del capo di “cosa nostra”.
Personaggi politici reduci da una battaglia ancora calda per la
scarcerazione di altri detenuti, hanno sentito immediatamente
l’esigenza di praticare la strada dei mancati “diritti umani”
anche per stragisti sanguinari.
Tutti quei diritti umani compresa la giustizia che alle vittime,
da sempre, sono stati assolutamente negati, ebbene è stato
risposto che ci esprimevamo così, perchè non avevamo ottenuto
quello che ci spettava dal punto di vista economico.
Non ci sarà mai il giusto risarcimento che spetterebbe ai
parenti dei nostri morti e ai feriti, perché altrimenti,
soprattutto la politica, rimarrebbe in mutande e abbiamo ben
visto invece di quanto denaro ha bisogno.
Qui però non voglio usare, ipocritamente, le parole sfruttate
mille volte che non ci sarebbe cifra adeguata per le sofferenze
delle vittime, queste infatti non sono vere, un risarcimento
giusto, può essere molto importante. Certe ferite gravissime e
del tutto particolari, si curano meglio al di fuori del
prontuario della USL.
In ogni caso per noi il punto della questione è un altro: Noi
vogliamo giustizia fino in fondo, se le “coperture” per gli
stragisti sono in Parlamento, queste devono uscire e affrontare
i Tribunali. Non è abolendo il “41 bis” o svuotandolo dei suoi
contenuti che avremmo la verità.
Mi avvio alla conclusione, ripetendo :
non scordiamoci mai che le stragi del 1993, sette stragi in due
anni, 1000 chili di tritolo stragista confezionato con composti
militari, dieci morti , cento feriti, sono state eseguite da
“cosa nostra” in nome e per conto dell’abolizione del “41 bis”,
dell’abolizione dell’ergastolo, della non confisca dei beni,
della revisione dei processi e dell’abolizione dell’uso delle
intercettazioni telefoniche; e tutto questo un poco alla volta,
con una botta a destra e una sinistra, lo si sta regalando alla
mafia, quasi a voler esaudire le sue richieste. Queste ultime
cose sono i fatti che le dicono.
A questo punto a qualcuno sembrerà forse ancora strano, ma
tuttavia non ci consideriamo dei “torturatori”.
Ho letto molto attentamente alcuni libri che inneggiano
all’abolizione del “41 bis” e che usano per questo tipo di norme
carcerarie espressioni come “tortura democratica”e proprio per
tutto quanto sopra non mi hanno convinto affatto.
Non sosteniamo nessuna forma di tortura neppure la più
democratica, contrariamente a chi le vittime le tortura ogni
giorno, relegandole ad una sorta di isolamento, per amore della
sporca politica.
Riteniamo solo e lo ribadiamo, che dal carcere non debbano mai
più uscire ordini di stragi ed omicidi o qualsiasi altro tipo di
infami messaggi che troppo spesso hanno posto dei limiti alla
democrazia
A proposito di letture sul “41 bis”, un’ultima cosa, ho letto le
motivazioni espresse dalla “Court Européenne des droits de l’homme”
quando si è pronunciata in favore del mafioso Ganci proprio
sull’applicazione di questo articolo. E devo essere sincera non
ho affatto compreso le ragioni di certe affermazioni della Corte
visto che la mafia stragista, terrorista ed eversiva, da San
Giuseppe Jato è arrivata fino a Milano il 27 Luglio 1993,
passando per Firenze e Roma e dopo tutto ciò più che mai siamo
nelle condizioni di esportarla ovunque.
In definitiva vogliamo ben chiarire che il “41 bis” non può e
non deve essere applicato a chi non commette reati gravissimi
come le stragi, ma solo a chi si permette di massacrare la gente
inerme, donne ragazzi e bambini, professarsi innocente e
lanciare minacciosi messaggi da sofisticate videoconferenze; e
tutto questo mentre le vittime possono solo parlare in convegni
gravosi da organizzare, convegni che si possono rivolgere solo a
chi è disposto a venirci ad ascoltare, come voi.
Vogliamo inoltre sottolineare fortemente che l’Associazione
familiari delle vittime della strage di Via dei Georgofili
condannerà qualsiasi forma di strumentalizzazione del 41 bis.
Vi ringrazio.
Innanzitutto debbo dire che oggi manca qui con noi il
Procuratore Capo di Palermo Dr. Grasso, purtroppo ha avuto
impegni improvvisi e non ha potuto essere presente. Siamo molto
dispiaciuti, ma sicuramente ha problemi più importanti del
nostro Convegno da dover affrontare a Palermo.
Tra noi doveva esserci anche un religioso impegnato da anni
nelle carceri con i detenuti sottoposti a regime di “41 bis”, ma
non è potuto intervenire, e di questo siamo rimasti veramente
sconcertati.
Oltre a lui abbiamo contattato, già dal mese di gennaio scorso,
tantissimi altri religiosi compreso Don Ciotti , ma tutti
regolarmente ci hanno riferito di essere oberati dagli impegni.
Ora se è pur vero che non si può entrare nel merito degli
impegni di nessuno, non possiamo non aver constatato quanto si
possa essere coraggiosi davanti alla mafia, ma, probabilmente,
molto meno davanti alle sue vittime, almeno quelle di un certo
tipo.Veniamo ora all’articolo “41 bis”, che sarà oggi il tema di
questo Convegno, per il quale ringrazio l’Università di Pisa ,
il Prof. Bresciani e tutti coloro che hanno voluto partecipare
in qualità di relatori, il Proc. Vigna , tutti gli altri e tutti
voi che siete in sala.
Quanto previsto dall’articolo “41” bis, in sostanza un regime
carcerario severo, è necessario per il contrasto alla mafia.
Questo è il nostro pensiero e faremo quanto sarà nelle nostre
possibilità per affermarlo in ogni luogo e forma.
Il “41 bis” voluto fortemente dal Giudice Falcone, prevede
misure di detenzione speciali introdotte per impedire alla mafia
di avere contatti dal carcere con l’esterno.
L’introduzione dell’articolo “41 bis” è stata la molla che ha
spinto la mafia ad uccidere a Firenze, Roma e Milano, le ormai
note stragi del 1993. Questa non è secondo noi la sola ragione
che sta dietro a queste stragi, tuttavia i mafiosi colpevoli di
averle eseguite, il carcere duro non lo vogliono e questo è un
punto importante, sul quale noi non dobbiamo mai smettere di
riflettere.Queste misure di detenzione però, vogliamo
sottolinearlo, non hanno mai funzionato molto bene. Infatti solo
meno di un anno dopo la strage di Via d’Amelio, l’ordine per
nuovi attentati fu reiterato attraverso le sbarre e l’ordine era
sempre lo stesso: andate e uccidete.
D’altra parte ci sono prove di un malfunzionamento del regime
carcerario suddetto. Infatti i fratelli Graviano, condannati
all’ergastolo per le stragi del 1993 e sottoposti a regime di
“41 bis”, hanno figliato riuscendo a far uscire dal carcere il
proprio seme.
L’articolo “41 bis” non è mai stato applicato nella sua completa
severità, così come avrebbe dovuto essere in seguito
all’uccisione dei due Magistrati Falcone e Borsellino, eppure
alla mafia non è mai piaciuto lo stesso.
A questo fatto, a mio avviso, non possiamo del tutto escludere
si possa collegare l’intensa “messaggistica esplosiva”,
indirizzata ai personaggi più disparati, che non di rado, e da
parecchi anni, circola per il nostro Paese tra un ufficio
postale e l’altro.
Ci sono poi coincidenze che, a nostro giudizio, devono essere
prese in considerazione.
Verso i primi giorni del mese di Novembre 1993, quindi poco dopo
il fallito attentato all’Olimpico del 31 Ottobre del 1993, 130
mafiosi furono trasferiti da 41 bis a carcere normale.
Se è pur vero che i collaboratori di giustizia riferirono che
quella strage, rivolta contro l’arma dei carabinieri, fallì
perché il telecomando che doveva far saltare l’esplosivo non
funzionò, resta difficile oggi, alla luce dell’esperienza di
questi anni, non porsi la domanda: la mafia potrebbe aver
annullato quell’attentato all’ultimo momento visti i risultati
che pochi giorni dopo avrebbe ottenuto?
Per inciso si deve dire che è giunta soltanto ieri la notizia
dell’indignazione espressa da alcuni politici, secondo noi un
poco in ritardo sui tempi, contrariamente alla nostra ira,
riguardo al fatto che altri 72 mafiosi sono passati, nel giro di
poco tempo, dal regime carcerario duro al carcere normale.
A questo punto, però, prima di procedere voglio pormi, e porre a
tutti voi, una domanda:
riusciremo oggi qui a scandalizzare quanti da anni si battono
per forme di recupero del reo?
Certo che lo faremo, perché a quanti vogliono trovare attraverso
le leggi un sistema di riabilitazione diverso dalla detenzione,
suonerà certamente male sentir parlare di un’applicazione seria
del “41 bis”, sia pure per crimini efferati come le stragi.
Ma noi proveremo a dimostrare che coloro che sono stati
condannati all’ergastolo per le stragi del 1993, in prigione
devono rimanere a vita e a regime di “41 bis” per tutto il tempo
previsto dalla legge.
Questo perché sono pericolosi e lo saranno sempre.
Giuseppe Graviano uomo di “cosa nostra”, condannato
all’ergastolo in Cassazione per la strage di Firenze e le altre
del 1993, il 10 marzo 2004, al processo svoltosi a Firenze per
il già citato attentato allo stadio Olimpico di Roma, una strage
ideata contro sessanta carabinieri ha recitato più o meno così:
“Io sono innocente e ultimamente ricevo visite di Magistrati i
quali vogliono farmi dire che ho perorato la causa di un
giocatore del Milan, ma io l’anima non la vendo”.
Che cosa voleva dire Giuseppe Graviano? Si rivolgeva forse in
modo trasversale a chi ha avuto funzione di “mandante esterno a
cosa nostra”(di “autore”)per la strage del 27 Maggio 1993?
Voleva forse minacciarlo e fargli comprendere che la sua anima
per ora non è in vendita, ma domani chissà, o forse peggio?
In quella dichiarazione spontanea le minacce a volte paiono
ancora più gravi.
Infatti l’uomo che ha assassinato Caterina Nencioni, di soli
cinquanta giorni di vita, sua sorella Nadia di 8 anni, i due
genitori delle bimbe e lo studente di architettura Dario
Capolicchio di soli 20 anni, tutti morti a Firenze in via dei
Georgofili, non accetta di essere sottoposto ad un regime
carcerario come quello previsto dal “41 bis”, e paragona il suo
carcere a quello di Guantanamo.
Certo non sarà come stare in Luglio in una villa in Versilia,
potendosi permettere di pagare un’ affitto mensile di 25 milioni
delle vecchie lire, a sorseggiare vini pregiati, riposandosi
delle fatiche sostenute in Via dei Georgofili la notte del 27
Maggio 1993, ma il “41 bis” non è neppure una forma di galera
infernale, come la si vuol far figurare.
A tal proposito permettetemi di leggere quanto scrivono Sergio
D’Elia e Maurizio Turco nel loro libro “Tortura democratica
Inchiesta su “la comunità del 41 bis reale”:
”Graviano Giuseppe, detenuto nel carcere di Novara, (nel
frattempo è stato trasferito nel carcere di Terni), 39 anni,
originario di Palermo, assieme al fratello Filippo (in 41 bis a
Tolmezzo) indicato come il reggente del mandamento di Brancaccio
e partecipante alla riunione della Cupola in cui si decise la
strage di Capaci, in carcere dal 27 gennaio1994, in 41 bis
dall’8 marzo dello stesso anno, condannato in via definitiva
all’ergastolo per associazione e omicidio, appellante contro una
condanna all’ergastolo per omicidio, ricorrente contro una
condanna all’ergastolo per omicidio, assolto dall’accusa di
omicidio per la quale gli era stato comminato l’ergastolo, ha
diversi processi in corso e altre condanne definitiva. Si è
diplomato quest’anno in ragioneria e si sta scrivendo
all’Università di Biologia molecolare. Prima aveva il walkman
per studiare inglese, concesso da un ispettore, poi glielo hanno
ritirato. Ha avuto buoni voti in tutte le materie,ed è
dispiaciuto che la media si è abbassata a causa del voto in
inglese e in informatica non avendo la possibilità di usare il
walkman e un computer( pensate che nelle cancellerie dei
Tribunali spesso non hanno i computer) Appassionato di pittura,
mostra delle cartoline bianche dipinti di Monet, Kandisky, Klimt,
deturpate dal visto della censura apposto sia dalla parte bianca
sia sul dipinto.Ha scritto: sono stato trasferito dalla Casa
Circondariale di Novara a quella di Terni e ristretto nell’area
riservata , oltre ad essere isolato da tutti gli altri detenuti
ho le telecamere 24 ore al giorno, nel bagno di 1 mq. ne ho 2””
Da questa lettura si evince come il recluso sottoposto al regime
di “carcere duro” non possa più impegnarsi in tutto ciò che le
sue vittime avevano intrapreso, o forse avrebbero voluto
intraprendere, e non hanno avuto possibilità di fare; egli
potrà, pentendosi, ancora fare tutto ciò, altri non lo potranno
più. Noi crediamo che il 41 bis sia la giusta conseguenza per
aver compiuto stragi dove bambini, donne, uomini e ragazzi sono
stati uccisi, esclusivamente per gli interessi di una
organizzazione criminale e delle persone che in questo Paese si
sono colluse con essa.
Sempre al processo per il mancato attentato allo stadio
Olimpico, in una sua dichiarazione spontanea, ancora più
“esplicito” è stato Salvatore Riina.
Riina uno dei capi storici di “cosa nostra”, condannato anche
lui all’ergastolo per tutte le stragi del 1993, il 10 aprile
scorso ha preso in prestito le parole del Presidente Scalfaro,
formulate in un discorso agli italiani a reti unificate il 5
Novembre 1993.
“Io non ci sto’….” disse l’allora Presidente, riferendosi anche
alle bombe esplose pochi mesi prima di quell’intervento, “io non
ci sto’” ha replicato Salvatore Riina il 10 aprile scorso, e
usando le possibilità che il processo consente, come prima di
lui aveva fatto Giuseppe Graviano, ha recitato più o meno così :
“Sono innocente, chiedete piuttosto a uomini dei Servizi
Segreti, a certi Generali, a certi Ministri, a certi
Terroristi…” .Che cosa voleva dire Salvatore Riina con queste
parole? Si trattava di avvertimenti o piuttosto di minacce?
Uomini di “cosa nostra”, che non vogliono il “41 bis”, e che,
forse, lanciano minacce nel corso di un processo.
La mafia non vuole quel tipo di carcerazione, che come i fatti
dimostrano non è poi così severa, e per farla abolire ha
scientificamente eseguito la strage di Firenze del 27 Maggio
1993 e tutte le altre di quell’anno. Inoltre ha tentato di
forzarne l’abolizione durante tutto il corso del processo di
Firenze contro “cosa nostra” per quelle stesse stragi; processo
svoltosi grazie all’immane lavoro fatto da uomini di legge, come
il Proc. Vigna e il Proc. Chelazzi, ai quali possiamo solo
esprimere la nostra riconoscenza, e aggiungo, senza timore di
esagerare, che la lapide del compianto Dr.Chelazzi dovrebbe
diventare, per tutti meta di pellegrinaggio.
Questi uomini di “cosa nostra”, ne siamo certi, domani
rifarebbero una strage se ciò procurasse nel tempo lauti
guadagni all’organizzazione criminale stessa, perché se non
fosse così oggi collaborerebbero con la giustizia dopo aver
visto le fotografie del corpo carbonizzato di Dario Capolicchio
e lo strazio del corpicino della piccolissima Caterina Nencioni,
morta a 50 giorni di vita senza sentire l’abbraccio della madre.
Collaborando ci spiegherebbero perchè, ancora oggi, insistono
con attacchi allo Stato che si intravedono nelle loro
dichiarazioni spontanee, mentre chiamano in causa istituzioni e
terroristi.
Per esempio sarebbe giusto venisse spiegato come mai la mattina
del 27 Maggio 1997, nel giorno del quarto anniversario
dell’attentato di Firenze, una bomba a mano, chiamata” ananas”,
venne fatta ritrovare in prossimità di via dei Georgofili e sia
stata poi rivendicata dalle BR UCC(vedi Repubblica del
27.5.1997).
Non abbiamo mai saputo se quella rivendicazione fosse fasulla o
meno, se si trattasse di un depistaggio oppure no; è possibile
che Riina sappia tutto ciò.
Come avrete ben compreso, ogni occasione è buona per questi
criminali, per lanciare incredibili messaggi mafiosi attraverso
le videoconferenze fatte dalle aule di giustizia, figuriamoci
che cosa accadrebbe se ogni giorno potessero incontrare
tranquillamente i propri parenti e i propri amici, parlare con
loro toccarli e quant’altro.
Tutto questo potrebbe apparire come una sete di vendetta, ma in
realtà noi vogliamo solo giustizia.
Vogliamo conoscere i nomi dei mandanti esterni a “cosa nostra”,
gli “autori” delle stragi del 1993, vogliamo la certezza della
pena per gli esecutori oggi già in carcere, comprensiva anche
del “41 bis”, perché i crimini che hanno commesso contro i loro
simili sono senza eguali, e perché potendo avere ampi contatti
con l’esterno sarebbero disposti ad ordinare un massacro al
giorno, pur di salvare i capitali frutto del malaffare.
Secondo noi, c’è una sola strada per uscire dal carcere e dal
così detto regime carcerario duro. Convinti che per le stragi
del 1993 esistano dei “mandati esterni a cosa nostra”, l’unica
via praticabile per i mafiosi è la collaborazione con la
giustizia.
Questo non farebbe di loro certo uomini migliori, ma sicuramente
uomini fuori del giro delle organizzazioni mafiose e questo
sarebbe una garanzia della loro impossibilità a commettere altre
stragi, altri massacri.
A proposito dell’applicazione dell’articolo “41 bis” per i
mafiosi rei di strage, si sentono dire e vengono scritte una
gran quantità di sciocchezze. Si abbia almeno il coraggio di
ammettere che il richiamo alle coscienze per la salvaguardia
della dignità dell’uomo, in simili casi, è soltanto il frutto di
interessi che non vogliamo neppure pensare di prendere in
considerazione, perché dovremmo formulare pensieri rivoltanti
nei confronti di certi politici.
Il giorno del primo dell’anno 2004 ,a nome dell’Associazione, ho
scritto in una nota di agenzia quello che pensavamo su chi si
era recato a trovare Salvatore Riina, portando fuori dal carcere
le rimostranze del capo di “cosa nostra”.
Personaggi politici reduci da una battaglia ancora calda per la
scarcerazione di altri detenuti, hanno sentito immediatamente
l’esigenza di praticare la strada dei mancati “diritti umani”
anche per stragisti sanguinari.
Tutti quei diritti umani compresa la giustizia che alle vittime,
da sempre, sono stati assolutamente negati, ebbene è stato
risposto che ci esprimevamo così, perchè non avevamo ottenuto
quello che ci spettava dal punto di vista economico.
Non ci sarà mai il giusto risarcimento che spetterebbe ai
parenti dei nostri morti e ai feriti, perché altrimenti,
soprattutto la politica, rimarrebbe in mutande e abbiamo ben
visto invece di quanto denaro ha bisogno.
Qui però non voglio usare, ipocritamente, le parole sfruttate
mille volte che non ci sarebbe cifra adeguata per le sofferenze
delle vittime, queste infatti non sono vere, un risarcimento
giusto, può essere molto importante. Certe ferite gravissime e
del tutto particolari, si curano meglio al di fuori del
prontuario della USL.
In ogni caso per noi il punto della questione è un altro: Noi
vogliamo giustizia fino in fondo, se le “coperture” per gli
stragisti sono in Parlamento, queste devono uscire e affrontare
i Tribunali. Non è abolendo il “41 bis” o svuotandolo dei suoi
contenuti che avremmo la verità.
Mi avvio alla conclusione, ripetendo :
non scordiamoci mai che le stragi del 1993, sette stragi in due
anni, 1000 chili di tritolo stragista confezionato con composti
militari, dieci morti , cento feriti, sono state eseguite da
“cosa nostra” in nome e per conto dell’abolizione del “41 bis”,
dell’abolizione dell’ergastolo, della non confisca dei beni,
della revisione dei processi e dell’abolizione dell’uso delle
intercettazioni telefoniche; e tutto questo un poco alla volta,
con una botta a destra e una sinistra, lo si sta regalando alla
mafia, quasi a voler esaudire le sue richieste. Queste ultime
cose sono i fatti che le dicono.
A questo punto a qualcuno sembrerà forse ancora strano, ma
tuttavia non ci consideriamo dei “torturatori”.
Ho letto molto attentamente alcuni libri che inneggiano
all’abolizione del “41 bis” e che usano per questo tipo di norme
carcerarie espressioni come “tortura democratica”e proprio per
tutto quanto sopra non mi hanno convinto affatto.
Non sosteniamo nessuna forma di tortura neppure la più
democratica, contrariamente a chi le vittime le tortura ogni
giorno, relegandole ad una sorta di isolamento, per amore della
sporca politica.
Riteniamo solo e lo ribadiamo, che dal carcere non debbano mai
più uscire ordini di stragi ed omicidi o qualsiasi altro tipo di
infami messaggi che troppo spesso hanno posto dei limiti alla
democrazia
A proposito di letture sul “41 bis”, un’ultima cosa, ho letto le
motivazioni espresse dalla “Court Européenne des droits de l’homme”
quando si è pronunciata in favore del mafioso Ganci proprio
sull’applicazione di questo articolo. E devo essere sincera non
ho affatto compreso le ragioni di certe affermazioni della Corte
visto che la mafia stragista, terrorista ed eversiva, da San
Giuseppe Jato è arrivata fino a Milano il 27 Luglio 1993,
passando per Firenze e Roma e dopo tutto ciò più che mai siamo
nelle condizioni di esportarla ovunque.
In definitiva vogliamo ben chiarire che il “41 bis” non può e
non deve essere applicato a chi non commette reati gravissimi
come le stragi, ma solo a chi si permette di massacrare la gente
inerme, donne ragazzi e bambini, professarsi innocente e
lanciare minacciosi messaggi da sofisticate videoconferenze; e
tutto questo mentre le vittime possono solo parlare in convegni
gravosi da organizzare, convegni che si possono rivolgere solo a
chi è disposto a venirci ad ascoltare, come voi.
Vogliamo inoltre sottolineare fortemente che l’Associazione
familiari delle vittime della strage di Via dei Georgofili
condannerà qualsiasi forma di strumentalizzazione del 41 bis.
Vi ringrazio.
Pubblicato in
Associazione Tra
i Familiari delle Vittime di Via dei Georgofili |
|