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Ora qualcuno
mi deve spiegare perché è illegale utilizzare ciò che la
tecnologia mi mette a disposizione per acquisire materiale
culturale a costo zero. Sarà che devo restare ignorante per
essere meglio dominato?
I difensori del Diritto d'Autore dal loro canto innalzano tali
piagnistei rimpinzati di tante spudorate menzogne da far
indignare un elettricista.
Quella più urtante di tutte è che la “pirateria”, mettendo in
crisi le vendite dei CD musicali originali non ne consente la
riduzione del costo per il consumatore, anche se sulla
composizione del prezzo di mercato di questi prodotti, le tasse,
in particolare quelle per la Proprietà Intellettuale, hanno una
questa estremamente rilevante.
L'ultima volta che sono andato ad acquistare dei CD-ROM vergini
li ho pagati 60 eurocent l'uno, ma andavo di fretta e mi ero
fermato al primo negozio che ho incontrato. Un CD musicale
originale costa quasi ottantamila vecchie lire; certo c'è molta
gente che ci mangia grazie a quei 40.00 euro, mi piacerebbe
sapere quanto, ma torniamo al discorso principale: perché non
acquisto la compilation di San Remo e preferisco la versione
“tarocca”.
Semplice e cristallino: perché se una cosa non me la posso
permettere non me la compro; perché un CD musicale non è un
maglione; perché ciò che ha un prezzo elevato sul mercato
influisce negativamente sul paniere del consumatore, facendo
porre il bene in questione come un consumo di lusso, e quindi
percepito come non necessario. Ovviamente a sentire i crociati
del copyright la bestialità l'ho detta io: ridurre ora come ora
i prezzi dei CD musicali non serve a niente dato che i
consumatori hanno preso il “vizio” del download. Ma a questo
punto è meglio che risponda il perito elettronico invece che
l'economista.
Gli “Home Computer” cioè le macchine alle quali le persone
comuni possono accedere sono sì sufficienti per riprodurre un CD
musicale, ma non eccellono in questa funzione. Inoltre i CD
vergini, che vengono utilizzati per queste copie, hanno una
durata limitata nel tempo, specie se utilizzati ripetutamente.
Iniziano quindi a dare dei problemi con l'uso , e aggiungiamo
che tenere la musica sul proprio Hard Disk è scomodo, e che –
sempre alla lunga – gli Hard Disk si riempiono, perciò diventa
necessario un aggiornamento dell'Hardware. Notiamo infine che
nel lungo periodo non è così conveniente reperire la musica
tramite la Rete.
Così abbiamo scientificamente provato che non esiste un CD-ROM
che dura in eterno, resta il dubbio se vale sul serio la pena di
acquistarne uno a prezzi letteralmente esorbitanti, specie in
questo periodo in cui nel nostro paese è tornata in auge un
termine vecchio di generazioni: il carovita.
Passiamo ora a vedere la questione dei film che da quando sono
usciti i formati DVD e DIV X sono saliti subito in testa alle
classifiche di gradimento del popolo del Peer to Peer. Per larga
parte la questione è analoga alla musica, se non fosse che si
accusa il Peer to Peer di contribuire alla crisi delle sale
cinematografiche e della nostra industria del “Cinema d'Autore”.
Qui ci sarebbe molto da dire sulle reali cause della crisi del
cinema di Sala in Italia, ma ci porterebbe fuori tema,
preferisco entrarne in parte per quel che riguarda il discorso
del Diritto d'Autore.
Sotto questo versante duplicare o scaricare un film, secondo me,
può assumere un significato etico!
Per la miseria... Non capisco perché siamo stati invasi in tutte
le città del Paese da centinaia di cattedrali dello
svago/shopping sotto il dominio di una multinazionale, e ogni
volta che vado a vedere un film devo pagare sul prezzo del
biglietto anche il sentirmi dentro il circuito della società dei
consumi con tutto il suo brillio. Io vado a vedere un film e di
Duffy Duck e Bugs Bunny non me ne frega nulla, io se pago, pago
per ciò che voglio acquistare e non per quello che mi appioppano
sottobanco con effetti deleteri sul mio piccolo cervello
facilmente manipolabile.
Allora io rifiuto sta roba e scelgo, scelgo l'opulenza!
Mi connetto alla Rete e mi scarico il film prima che esca in
Italia, nella versione originale registrata direttamente nella
sala di proiezione con una telecamera digitale, con tanto di
rumori di fondo degli spettatori. Poi arriverà la versione
“pulita”, poi quella doppiata in italiano e infine troverò anche
il DVD completo con tutte le features. Guardare un film sul
monitor di un PC non è esaltante? A riversare le immagini in un
bel televisore ultrapiatto non è così difficile ma se proprio si
vuole anche trovare un videoproiettore e un impianto dolby
surround non è più una cosa impossibile...
Chiudo con i libri perché le case editrici soffrono la fotocopia
e la scansione. Ma qui cadiamo direttamente nel ridicolo...
Certo, ...Tutti noi abbiamo in casa nostra uno scaffale pieno di
libri fotocopiati e ne andiamo fieri tanto che li mostriamo
sempre ai nostri amici, io se devo fare un regalo faccio le
fotocopie di un libro, e non trovo sistema più pratico che
scaricarmi dalla rete un libro (illustrato) e usare un paio di
cartucce di inchiostro per stamparmelo tutto e leggermelo...
Per piacere restiamo seri. Il 90% dei libri che viene
fotocopiato è di genere didattico, per fini di studio. Studiare
e acculturarsi è un diritto fondamentale degli uomini e delle
donne: se non ho casa io ne occupo una
sfitta, se non ho un lavoro io ne pretendo uno, così, se non
posso permettermi di studiare, io la cultura la prendo come
meglio vi riesco, e non è certo questo fatto che rovina il mondo
degli editori.
Arrivati a questo punto io non sono ancora riuscito a trovare un
fondamento logico e razionale che giustifichi l'attuale
legislazione sul copyright. Mi viene il dubbio che non ci sia, e
mi viene il sospetto che tutte queste leggi non si fondino che
su dei concetti morali arbitrariamente posti.
Non è che sia contrario alle leggi morali, ma esse da qualche
parte devono appoggiarsi se si vuole il loro rispetto. Ad
esempio è moralmente giusto obbligare i possessori di auto
veloci e lussuose a rispettare i limiti di velocità sulle strade
in modo che non generino pericolo. È moralmente giusto
combattere le organizzazioni criminali che trafficano la droga
in quanto causa di morte di soggetti deboli e disagiati. È
moralmente giusto perseguire coloro che penetrano nei sistemi
informatici degli altri causando danni.
Ma è giusto impedirmi di usare il mio Personal Computer al
massimo delle sue prestazioni? È giusto vietare l'uso di
programmi che scambiano dati? È giusto impedirmi di possedere
dei beni culturali che hanno l'unico fine di migliorare la mia
persona e la qualità della mia vita e che in condizioni normali
non potrei mai permettermi?
Lor signori devono riuscire a capire che il 99% della roba che
che un consumatore reperisce in rete è materiale che non
acquisterebbe MAI per nessuna ragione al mondo anche se non
avesse possibilità di scaricarsela dalla rete. Per me
consumatore questa è roba che vale ZERO eurocent, quindi, se il
prezzo è l'incontro tra la domanda e l'offerta, in caso di
offerta illimitata il prezzo continua a risultare ZERO.
Se i nostri avversari avessero la metà dell'intelligenza e della
creatività di noi che aggiriamo i loro sistemi, capirebbero che
potrebbero recuperare quell'unico un per cento che è la nostra
attuale spesa in materiale culturale. Ma questo non lo fanno,
anzi, peccano di superbia, e soprattutto di ignoranza
dimenticandosi che nel corso della storia ciò che non è riuscito
ad ammodernarsi è stato abbattuto.
In America e in Europa l'azione delle “cinque sorelle” (Warner
Bros, Bertelsman, Emi, Sony, Universal Vivendi) ha fatto
produrre una legislazione sul copyright da Stato totalitario. Le
ultime adozioni in materia sono talmente capillari e repressive
da pretendere che un qualsiasi operatore intellettuale o
creativo trasformi ogni sua fonte utilizzata nei lavori in un
credito economico a favore delle case produttrici. C'è da
sbarrare gli occhi di fronte a questa cosa. Pensate all'arte
della poesia, ogni verso che un poeta scrive non è che un
condensato di migliaia di poemi da lui letti; pensate che in
qualunque opera artistica vi sono decine se non centinaia di
rimandi, riprese, citazioni implicite, rielaborazioni e tributi
ad altre opere. Pensate infine che questo è un metodo fondante
del processo artistico e che esiste un'intera branca delle
discipline umanistiche dedicata allo studio dell' elaborazione
artistica, culturale e dei linguaggi: la filologia.
La legislazione draconiana delle grandi case produttrici non può
che generare o la morte definitiva della creatività oppure una
ribellione assoluta.
Inoltre non vi è nulla di escluso in queste leggi, né il
contesto né gli attori. Io ad esempio non posso comprare un
software originale e duplicarlo come copia di sicurezza (benché
fino a qualche tempo fa le case produttrici consigliavano di
farlo). Non posso neppure prendere questo software, andare a
casa di un mio amico e installarlo sul suo PC. Ma quel software
è mio, avrò il diritto di farne ciò che voglio?
No! Neanche il dono è più contemplato come una cosa permessa -
perché se io compro un CD e lo metto in Rete in pratica lo
regalo a chicchessia – neanche quello spirituale: non posso
cantare in pubblico una canzone famosa solo perché mi piace
farlo e voglio far divertire la gente. Che tutte queste azioni
descritte non abbiano fine di lucro non interessa ai
legislatori, loro non fanno differenza tra lo studente che
fotocopia un testo fuori stampa da 30 anni per scrivere la tua
tesi di laurea e un personaggio che lucra sulla vendita di CD
illegali.
[...]
Vi è poi un aspetto esilarante della questione; le grandi Major
dell'industria culturale accusano chi viola il Diritto di Autore
di essere una massa di comunisti anarcoidi.
C'è
questa immagine JPEG, in puro stile maccartista (o democristiano
anni '50) che ci ammonisce “quando tu «pirati» MP3 tu stai
scaricando del comunismo”. Si tratta logicamente di una vignetta
satirica (o almeno lo spero), che però potrebbe prestarsi bene
per ritrarre alla perfezione lo stato di sbandamento e di
impotenza di queste grandi compagnie.
Chi ha permesso la nascita del fenomeno del Peer to Peer? Chi ci
ha dato i mezzi e le tecnologie a basso costo? Chi permette a
qualsiasi persona assolutamente ignara della differenza tra un cookie e una thumbail di duplicare, convertire,
riversare, trasmettere dati di ogni genere?
La realtà è che il popolo del Peer to Peer sta in mezzo ad un
universo senza nessuna coordinata fissa, che è quello della
grande industria della tecnologia. Un universo fatto di imperi
in guerra tra loro, di industrie che corrono a velocità
interstellari cercando il sorpasso degli avversari giorno per
giorno.
Questa industria ormai ci offre di tutto e di più, e ciò che è
realmente competitivo è ciò che è gratuito. Noi che stiamo in
mezzo a questi avvenimenti, semplicemente usiamo e consumiamo
ciò che ci è più conveniente. Infatti è letteralmente esilarante
osservare che mentre le case produttrici di software rilasciano
i loro prodotti in versione crittografata (ossia con un
linguaggio inintelleggibile per l'uomo) altre case mettano sul
mercato – anche a pagamento! - dei software “decompilatori”,
cioè programmi che servono proprio per rendere leggibili e
modificabili i primi.
Non ci sono scusanti a questo punto: il Grande Fratello del
copyright ha definitivamente perso la sua battaglia, è destinato
a scomparire perché, mi sembra, che sua esistenza non sia più
conveniente neppure all'industria in genere.
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