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E’ singolare
come sulla guerra gli estremisti di ogni sponda ammettono l’uso
della forza, ci sono quelli che accettano l’uso di una violenza
che sana altra violenza, con la pretesa di non esagerare troppo,
e ci sono quegli altri che ancora non conoscono il colore del
sangue, e non stanno da nessuna parte, se non con l’utopia della
creazione di un mondo perfetto.
In questa ottica c’è la nascita di un nuovo stradario, più
modesto dello scudo spaziale, ma certamente più consono alla
realizzazione di un rispettabile inferno, salvo poi chiederci
chi riuscirà a controllare i lucifero in maschera e i cherubini
in armi.
C’è davvero un grande spreco di sfide agli intendimenti, agli
inganni; quando invece i morti sono morti, la guerra è guerra, i
soldi sono soldi, il potere è potere…..
Occorre chiamare le cose e le persone con il loro nome, avere il
coraggio di indicare, sì, la strada maestra, ma dopo avere
percorso per intero le vie laterali, quelle che hanno prodotto
il presente.
Indipendentemente dalla ragione o dalla compassione, c’è
dispendio di immagini e di proclami, ma il cratere è in attesa
di anime vaganti, un cratere che s’allarga e vomita tolleranze
che non sono vissute, tanto meno convissute.
E’ paura che procede spedita sotto i cingoli di quelli che non
ammettono cedimenti pur di lasciare comunque un segno del
proprio passaggio, perché “c’ero anch’io”, poco importa se a
Bagdad o ad Assisi.
E’ novena dei defunti, di ieri, di oggi, di domani.
Nuovamente ci rifugiamo nella giustizia che corre con occhi
bendati sull’analfabetismo emotivo che ci coglie ogni qualvolta
siamo chiamati a porvi rimedio.
Ci stiamo abituando alla guerra vera, ai morti sul selciato, a
quelli che ancora respirano ma sono ruderi ambulanti.
Ma nonostante questo palcoscenico mondiale, che non è affatto un
proscenio virtuale, persiste la caduta di stile in cui
inciampiamo, che non è patologia della dislessia. E’ qualcosa di
peggio, è corruzione del linguaggio, è autoipnosi della parola
attraverso una reazione che non ha mediazione, perché l’angoscia
e l’inquietudine albergano tra i nostri possedimenti, non
certamente nella disperazione e nel dolore di quanti a brandelli
cadono giù dal settantesimo piano di un grattacielo, o di quanti
saltano per aria a causa di qualche uomobomba.
Di fronte a tutto ciò, è il caso di smetterla con i
convincimenti che esistono divinità e civiltà contrapposte,
persino un Dio con più cognomi altisonanti. Forse è il caso di
ridimensionare l’uso di una etimologia di tendenza, e affermare
che guerra santa e guerra vera, entrambe possiedono l’abito
mentale dell’assassino.
Forse è il caso di curarci delle parole che pesano e contano per
davvero, per indurci infine a curarci di più delle
persone….anche quelle che solamente….. tolleriamo. |
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