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Ha ancora un
senso combattere per l’abolizione della pena di morte nel mondo
oggi? Ed è poi così terribile condannare a morte un individuo?
Nelle nostre case si è tornati a parlare di guerra, una guerra
con dei confini mobili, ora in Afghanistan ora in IRAQ ora in
Sudan ecc. E in questa guerra gli Stati Uniti e l’Europa sono
coinvolti in prima persona. E’ difficile rispondere che la pena
di morte è un’atroce violazione dei diritti umani quando si sono
viste le immagini della decapitazione di un ostaggio civile e si
sono sentite le sue urla. E’ difficile essere contrari alla pena
di morte quando innanzi ai giudici siede un ex dittatore
sanguinario come Saddam Hussein. E’ difficile non invocare la
pena di morte quando si vedono le immagini del cratere lasciato
dal camion bomba esploso nella caserma italiana di Nassyria e
quando si vedono sfilare 19 bare di figli, padri, mariti,
fratelli e fidanzati.
Eppure è proprio in periodi come questi che non bisogna farsi
trascinare dalla vendetta e dalla violenza. Qualche anno fa si
parlava del rischio di un nuovo medioevo e non si era ancora
verificato l’attentato dell’11 settembre. Oggi più che mai si
rischia un imbarbarimento dei costumi e dunque è ancora
necessario tornare alla legge, alle regole del vivere civile, al
controllo dell’odio e della violenza.
La pena di morte deve continuare ad essere vista come una delle
purtroppo numerose violazioni dei diritti umani e deve essere
combattuta in Occidente come nei Paesi del Terzo Mondo e nei
Paesi dove viene applicata la Sharia. Se un tempo poteva valere
il discorso del rispetto del relativismo culturale, oggi come
oggi, con la globalizzazione imperante in tutti i campi
(compreso quello pacifista), uno Stato non può chiamarsi fuori
dal consesso delle nazioni “altre”, non può stipulare trattati
commerciali e poi respingerne i richiami al rispetto dei diritti
umani (vedi la Cina). Ovviamente occorrerebbe che il richiamo
venisse fatto da Stati che poi rispettano quegli stessi
diritti…E’ per questo che l’opinione pubblica americana si è
scandalizzata per quanto è accaduto nella prigione di Abu Ghraib:
proprio gli americani che erano andati in IRAQ per portare la
democrazia si erano macchiati di un crimine così disgustoso come
quello della tortura dei prigionieri! Eppure, per chi si oppone
alla pena capitale e conosce il sistema carcerario americano non
è stata una triste scoperta, piuttosto è stata una conferma: gli
americani hanno esportato in IRAQ una parte del loro stesso
sistema.
La COALIT, la cui priorità è quella di difendere i diritti umani
sempre e comunque, ritiene che la morte come pena non possa
essere accettata, mai. Ecco perché continua a lottare per
ottenere l’abolizione di questa pratica ovunque nel mondo.
Coalizione
Italiana contro la Pena di Morte
www.coalit.org |
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