agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti

 
 

Incontri letterari del mio tipo

Incontri letterari del mio tipo di Gianfranco Fabbri

 
 

Oltre le generazioni
 

di Gianfranco Fabbri

 
 

La poesia di Alba Beccaria viene a galla soltanto adesso, nel periodo successivo alla morte dell’autrice, avvenuta nell’estate del 2003. L’editore Campanotto affronta questa operazione meritevole, sostenuto dal critico Giorgio Barberi Squarotti, che del volume, intitolato “CONCERTO”, ha scritto la lunga prefazione. Il libro intenderebbe fornire, della poetessa piemontese, una congrua porzione della sua opera in versi ; una sorta di “canzoniere”, la redazione giornaliera della storia minuta e minuscola di una persona e di una famiglia.
Dice bene il prefattore quando definisce questo tipo di poesia come un fulgido esempio di “testimonianza di straordinaria verità, ///, la raccolta complessiva di versi che rivela una grandezza poetica insospettata e inattesa, ...”.

Squarotti, quando scrive di critica letteraria, va preso sul serio: egli ci invita a seguirlo nell’impresa, e lo fa in modo paritario e senza nessuna supponenza accademica. Io ho voluto viaggiare con lui intorno a questo
CONCERTO e ben presto mi sono riconosciuto soggiogato dal “fascino situazionale” dei testi, degni di una penna di prim’ordine.

Un fattore valutativo salta subito agli occhi : Alba Beccaria è divisa tra due felici confini, entro i quali oscilla in modo scaltro ; quello riflessivo e quello narrativo. Ella storna con intelligenza la propria attenzione dal primo, insidioso terreno, che, se nutrito più del necessario, rischia di trasformare l’inventiva in “mera idea”, in pesante concettualismo. Ma l’autrice sa come comportarsi : a brevi cenni didattico-memoriali (in vita era stata maestra elementare) velocemente si “convoglia” in un suo narrare pieno di emotività e di autenticità “geografica”. Le micro
prose poetiche, quelle che per lo più parlano della sua città, della campagna natia e della sua regione, sono assolutamente esemplari. La Beccaria dice dell’uomo, della fauna e della flora ; allarga il suo cuore nel battito altrui, siano gli altri gli individui, le bestiole domestiche o le piante dei boschi di Liguria. E’ difficile trovare apparentamenti, almeno nel campo della poesia. Alba, semmai, ha qualche punto in comune con la prosa della Romano o della Ginzburg –autrici dello stessa terra-. Condivide con questi due giganti della nostra letteratura il medesimo “abbordo” alla vita giornaliera delle persone comuni.

Un esempio lo si può notare nel seguente testo:

“Oggi guardo quasi con meraviglia la casa falso gotica / all’angolo di corso Turati già corso Unione Sovietica / e mi chiedo perché tanto mi piacquero quelle bifore e trifore / grigie finestre, e le cuspidi, e le edicole sopra i cancelli / perfettamente inutili, o forse allusive ad un gioco / di foreste e di simboli, schermi di un altro modo di esistere / ...”

Qui la poetessa affronta Torino con apparente, traboccante abbondanza di termini ; ma bisognerebbe conoscere il capoluogo piemontese - certe sue vie e case, tetre misteriose eleganti - per condividere l’uso molto “plastico” di questo pezzo.
In altre pagine si può cogliere una metrica più rattenuta, un tipo di dettato che si fissa su poche lunghezze, adottate in modo costante, quasi con piglio maniacale, come il seguente testo, ricco di otto-novenari :

Io penso in versi. Rimane
un’eco della parola
che ho pronunciato o appena
pensato, un’eco che dura
nel tempo, ma alfine svanisce
lasciandomi come perplessa,
delusa ? sì, certo, delusa
come avviene per ogni cosa
che si perde : ogni inutile cosa
che pure ha abbellito la vita.


(Io penso in versi, pag. 89)

Comunque sia, la lingua usata dalla Beccaria è sempre elegante e pulita ; pensiero e sapienza di cuore flettono il lessico, ogni volta naturale e mai falso.

Invecchiando dimentico i nomi
ma non le emozioni dei nomi.
Dimentico i luoghi e i paesi
ma non le occasioni e gli amori
fuggevoli con le parole.

 

(...)

(pagina 34).

Poesia, quella trascritta, costruita mediante piccole architravi a nove sillabe, a differenza invece di quella stampata a pagina 48, nella quale Alba nuovamente si affida alla memoria e alle radici della propria famiglia (invece che al puro “logos”) :

Mio padre a settantotto anni raccolse
le mele rosse dall’albero, poggiato
coi piedi sulla scala a pioli, che mia madre
teneva, o forse no, perché non hanno
paura di cadere.

Mio padre sa ancora salire su di un albero
a staccare le mele, e gli doleva
per quel furto di luce e di colore
ch’egli faceva all’albero, alla fine
della stagione.


E diceva stasera per telefono : Se ci foste
stati, avreste fatto certo
una foto dell’albero. Era bello
e volevo aspettarvi. Ma se poi
non venivate, per qualcosa
che succedeva, sarebbe stato tardi
per cogliere le mele.


E’ probabile, certo, qualche cosa
succede sempre. Le mele vanno colte
quando il tempo è maturo ;
già l’inverno è alle porte . La stagione
è finita.


(...)

La Beccaria affronta sovente il tema dell’ “ultima stagione”, ma dà sempre l’impressione di non prendersi troppo sul serio. Lei definisce la morte e il dolore con leggerezza, tanto essi sono inevitabili. Preferisce piuttosto avvolgersi sulla nostalgia, rendendo ancor più memorabile il titolo di un libro di ricordi di Simone Signoret “La nostalgia non è più di moda”.
Ma è l’ironia, appena colta nel suo farsi, la cifra costante di questa raccolta. Un segno peculiare è il testo di pagina 173, che qui riportiamo :

All’irreparabile non c’è riparo
né riparazione possibile.
Se amate qualcuno fategli festa
potrebbe essere chiamato altrove
e andarsene senza commiato
senza commiato e senza grida
senza avvertimento né presagi.


E dopo che ogni cosa è compiuta, dopo che i giochi d’artificio si sono spenti, questa signora piemontese, elegante e moderata, riprende i suoi scampoli di storia giornaliera, rimette in tasca i lacerti della sua Torino - nonché le sue “rotture sintattiche”, tanto naturali da apparire sotto tono - e se ne va, augurandosi di essere ricordata come un minuscolo ed icastico menestrello di tutta una “vita qualunque”.

Alba Beccaria

CONCERTO

Campanotto Editore, 2004. pp. 180.

Prefazione di Giorgio Barberi Squarotti.

Pubblicato in La costruzione del verso & altre cose, 12 agosto 2004

 
 
 
 

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