|
L'utopia possibile. Ebrei e Palestinesi per la
Pace.
Da trent'anni, lì dove la violenza cresce, un'oasi porta avanti
un'esperienza di vita comune tra ebrei e Palestinesi: Nevè
Shalom/Wahat as-Salam. Perché la Pace è possibile.
Alessio Di Florio
All'inizio degli Anni Novanta ci lasciavano due grandi testimoni
di Pace: don Tonino Bello e padre Ernesto Balducci. Pur nella
diversità del loro percorso di fede e di nonviolenza tra i due
testimoni è possibile cogliere un filo rosso che li unisce.
Padre Ernesto parlava di "uomo planetario", di un uomo che,
superati gli egoismi e i nazionalismi, si rendeva conto che ogni
altro uomo è fratello e con tutti deve costruire la Pace. L'uomo
doveva diventare cittadino di un'unica grande "nazione"
comprendente tutti i popoli, senza differenza alcuna. Don Tonino
Bello spesso invoca la "convivialità delle differenze".
L'imparare ad arricchirsi reciprocamente, imparando ognuno dalle
esperienze degli altri popoli. La differenza di cultura non era
per lui un ostacolo verso la Pace, ma lo trasformava in uno
stimolo positivo. Perché tramite il confronto tra culture ognuno
poteva arricchirsi e apprezzare l'altro. Appunto convivendo con
le proprie differenze e valorizzarle verso la Pace. Come non
vedere nei loro insegnamenti un filo che li unisce. L'uomo
planetario di Balducci e la convivialità delle differenze di don
Tonino. Sembrano quasi, accostandoli, interconnessi e
intercambiabili. L'uno può migliorare e valorizzarsi nell'altro.
Per quelle strane vie della vita e della storia, quando loro
insegnavano ciò in Italia molto lontano da noi(per quando le
distanze sono pur sempre relative, "questo piccolo grande mondo
rende vicini i lontani" ho recentemente letto su un calendario)
qualcuno già da vent'anni costruiva quella che noi pensavamo
fosse un'utopia. E non lo realizzava in un Paese in Pace(ammesso
che ci sia un solo Paese al mondo veramente in Pace), ma in una
terra martoriata da decenni di guerra e violenza. Stiamo
parlando del Medioriente. Si, proprio lì dove da 50 anni
Palestinesi e Israeliani sono impegnati in una guerra feroce e
senza fine. Quando parliamo di quei luoghi, simbolo delle tre
grandi religioni monoteiste, la nostra mente corre subito a
pensare ad attentati kamikaze, rastrellamenti dell'esercito
israeliano e quindi a morte, sangue, violenza.
Eppure proviamo ad avventurarci. Proviamo a camminare per il
sentiero che da Gerusalemme porta a Tel Aviv. Dalla città
martoriata simbolo di ebrei, cristiani e musulmani fino alla
capitale di Israele. Siamo convinti di trovarlo rigati di
sangue. Ma andiamo avanti. Improvvisamente incontriamo un
villaggio. Alle nostre orecchie giungono cose che non ci
aspetteremmo. Parole in arabo e in ebraico, a pochi metri l'uno
dall'altro. Sembra di essere giunti in una terra quasi magica e
da sogno. Magari ci stropicciamo anche gli occhi, convinti di
esserci addormentati e di stare sognando o di avere un miraggio.
Nulla di tutto questo. Ciò che vediamo è reale. Siamo giunti a
Nevè Shalom/Wahat as-Salam, il villaggio della Pace.
Entrando ci accolgono le grida festose dei bambini, alcuni di
loro ci vengono incontro e ci salutano. Ci prendono per mano e
ci chiedono di andare con loro. Noi li seguiamo fiduciosi.
Chissà dove ci portano? Ci portano a scuola, nella loro scuola,
la scuola della Pace. Con le loro vocine ci dicono che tra quei
banchi studiano duecentocinquanta bambini, del villaggio e delle
zone vicine. I bambini ci dicono che tutti loro imparano sia
l'ebraico che l'arabo e le maestre insegnano a vivere in Pace e
in armonia, a non odiare l'altro bambino solo perché è arabo o
ebreo(a seconda dei casi). Lo dicono con un entusiasmo e una
naturalezza che pensi: "beata innocenza, magari gli adulti
fossero come voi!!!". E subito pensi che gli adulti queste cose
sono ben lontani anche dall'immaginarle. Non l'avessi
pensato!!!! Alcuni adulti si avvicinano e ti salutano,
invitandoti ad andare con loro. Ci sono tanti altri posti da
vedere. Ci portano alla Dumia, la Casa del Silenzio. Un luogo
dove tutti possono pregare e dove le differenze convivono ( come
appaiono immensamente vicine le parole di don Tonino). Ci
spiegano che vogliono costruire un luogo di studio, dove
accogliere studiosi di tutto il mondo. Un centro spirituale dove
studiare le scritture e tracciare percorsi di Pace. Ci dicono
che era il sogno di padre Bruno Hussar. E gli occhi di molti si
rigano di lacrime. Ci domandiamo perché. Ci spiegano che padre
Bruno è stato il fondatore del villaggio, colui che ebbe
l'intuizione iniziale. Padre Hussar, domenicano, era di famiglia
ebrea e partecipò al Concilio Vaticano II in qualità di esperto
per l'ebraismo; è morto nel 1996 all'età di 85 anni. Fu lui con
tre famiglie a creare il villaggio di Nevè Shalom/Wahat as-Salam.
Oggi nel villaggio convivono cinquanta famiglie, per metà ebree
e metà arabe(sia cristiane che musulmane), che hanno deciso di
abbattere le barriere che le dividono e di vivere insieme. Di
condividere un'esperienza di Pace e di convivialità. Quando
giunge l'ora di lasciare il villaggio la tristezza ci assale, ci
rendiamo conto di lasciare un luogo straordinario. Forse,
pensiamo, è stato tutto un sogno. Quando ce ne andremo ci
sveglieremo e scopriremo che quest'utopia è ancora tale, che non
esiste nessun villaggio della Pace. Salutiamo tutti e ogni tanto
guardiamo indietro, sperando di non vedere la città svanire. E
infatti non svanisce. Allora non era un sogno, è tutto vero. Si,
è vero perché la Pace può essere costruita, la Pace è possibile.
Se i fomentatori d'odio delle due parti potessero venire qui lo
scoprirebbero. E troverebbero i sentieri della Pace, i sentieri
per i queli Isaia diceva "le vostre spade si trasformeranno in
falci e vomeri". SHALOM, SALAM.
Alessio Di Florio
Rete Lilliput - PeaceLink - Libera
Per maggiori informazioni:
Associazione Italiana degli Amici di Nevè Shalom/Wahat as-Salam
Via Bruschi 19 20131 Milano. Tel. 02 70602386- fax. 02 2664699
Pubblicato in
PeaceLink, 31 luglio 2004 |
|