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L’unica donna che vuole conquistare Kabul

di Nick Meo

 
 

KABUL. Il quartier generale per la campagna elettorale dell’unico candidato donna alla presidenza dell’Afghanistan è un appartamento in prestito butterato di proiettili in un sobborgo decadente di Kabul costruito dai sovietici. Massouda Jalal non ha soldi per fare campagna elettorale, non compare quasi mai nè in tv, nè sui giornali, tutti in mano agli avversari politici, i fondamentalisti islamici la odiano e a sostenerla nel suo tentativo non c’è un partito, ma un disorganizzato gruppo di entusiasti studenti dell’Università di Kabul. Eppure niente di tutto ciò la spaventa. «Il 9 ottobre posso vincere perché sono una donna, e in Afghanistan le donne sono le uniche a non avere le mani sporche di sangue» dice. Dei 23 candidati in lizza, la quarantunenne dottoressa Jalal è uno dei pochi a dichiarare di correre sulla base di un programma favorevole alla democrazia e contrario ai signori della guerra. Con ogni probabilità, lei è anche l’unica a non possedere guardie del corpo. «Mi rifiuto di armare la gente» afferma, anche a dispetto delle minacce di morte che colpiscono quelle donne che si dimostrano così coraggiose da affrontare apertamente le bande armate. La dottoressa Jalal ha già dimostrato il proprio coraggio lavorando dapprima come medico a Kabul nei giorni più pericolosi della guerra civile degli anni ‘90, quindi dirigendo l’ufficio cittadino dell’alto commissario per i rifugiati dell’Onu all’epoca in cui al potere c’erano i Talebani, che la costrinsero a indossare il burqa e che una volta addirittura la imprigionarono per alcuni giorni.
Nonostante si mostri fiduciosa, la signora Jalal ha poche possibilità di vittoria. Tutti si aspettano che a vincere sia il presidente ad interim Hamid Karzai. Ma c’è un fattore che potrebbe aiutare la dottoressa Jalal: l’elevato numero di donne che, contrariamente alle previsioni, si sono iscritte nelle liste per votare. Su nove milioni e mezzo di potenziali elettori, più di otto milioni e mezzo si sono iscritti; il 42% è costituito da donne. Per la prima volta nella storia dell’Afghanistan, le donne giocheranno quindi un ruolo cruciale nel processo politico, anche se molte voteranno seguendo le indicazioni dei loro mariti. In ogni caso, il parterre di candidati è fortemente condizionato dai signori della guerra: si va dai fondamentalisti vicini elle posizioni dei Talebani all’uomo forte uzbeko, il generale Abdul Rashid Dostum, incallito bevitore di whisky. In tale situazione, per i democratici afghani, oramai cinti d’assedio, la dottoressa Jalal, pediatra e madre di tre bambini, potrebbe rivelarsi un candidato popolare. Tra le ciniche manovre e la sfacciata avidità della politica afghana, il suo messaggio non può che risaltare. «Anche se lei dovesse fallire, comunque incoraggerà altre donne a occuparsi della politica» dice Amina Afzali, della commissione indipendente per i Diritti umani.

 
 
 
 
 

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