agli incroci dei venti:  lo sguardo delle donne

 
 

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Appunti sotto forma di ritratto

di Laura Triossi

Presentazione di Laura Montanari

 
 
 
 

Donne all’approdo
di Laura Montanari

E’ un approdo facile e sicuro, una riva accogliente per lo sbarco, per donne e uomini in viaggio, il Punto di incontro “Ai Cappuccini” di Ravenna, non l’unico nella città, ma il solo che io conosco per esperienza diretta.
Non soltanto “in viaggio” metaforicamente, alla deriva in un cammino di vita difficile come possono trovarsi il pensionato povero o la ragazza di strada, ma in prevalenza donne e uomini migranti, che hanno alle spalle un viaggio reale, costato lo strappo dalla propria terra, e che cercano ad ogni costo di trovare in Italia, in Romagna, una concreta opportunità.
E’ qui che “si incrociano i venti”, dell’Est e del Sud, è qui che si creano incontri di scambio e di arricchimento reciproci fra volontari e migranti, è qui che donne di Romagna parlano a donne dei luoghi “altri” e scoprono insieme che possono intendersi, possono creare legami di complicità e di affetto.
Laura Triossi è la prima volontaria che ha dato vita al “Punto di incontro”, ed è quindi la depositaria della memoria storica dei “transiti” che ci sono stati in questi anni. Sapevo di sue libere annotazioni su alcune donne-personaggio con cui ha stabilito un rapporto di empatia e ho chiesto di leggerle. Le ho avute fra le mani, queste “lettere aperte” scritte da Laura per sé, in cui si rivolge a tu per tu, in intimità, alle “sue” donne: se ne traggono ritratti vivi, immagini in chiaroscuro di donne segnate dal dolore, travagliate da incertezze, ma forti, con lo sguardo al futuro.

Ritratti di donne a matita

di Laura Triossi

 

Ritratti, flash per non dimenticare alcune delle tante donne che da ottobre a giugno passano per chiedere abiti, cibo, lavoro o anche solo per scambiare qualche parola che possa aiutare a farle sentire esseri umani.
Perché a matita? Perché usiamo la matita per scrivere ciò che ci dicono e che a volte è opportuno cancellare rapidamente. Perché le storie di queste donne sono imprecise, spesso confuse; non vogliamo dire che siano bugie, piuttosto sono verità incomplete. Perchè si avvicinano a noi e ci graffiano il cuore , poi le perdiamo e forse non le rivedremo più. Perché i loro percorsi di vita e i loro visi nei nostri ricordi sono sfumati come i tratti di una matita.

Paula
Comincio da te Paula… da te che, dopo tanti mesi, oggi, ultimo giorno, sei comparsa sulla porta tenendo per mano il tuo bambino e mi hai detto che stai lavorando. Mi hai abbracciata, eri finalmente sorridente e per me è stato il premio del lavoro di un anno non sempre facile. Paula in crisi, Paula che nessuno vuole, Paula che non trova lavoro, Paula lontana dal suo bambino, Paula sfigata…tutto finito, passato. Tuo figlio ora è con te…nuova casa, nuovi progetti, la tua vita che finalmente cammina. Fisicamente mi hai sempre ricordato un’altra ragazza, bella, ricca, felice, di quelle a cui la vita ha dato tutto. La tua vita non è certo come la sua, ma oggi con tuo figlio accanto,con nel cuore i tuoi sogni che si stanno avverando, anche tu eri bella, ricca, felice, Paula.


Souad
Souad, giovane e grassa donna del Nord Africa, la pelle scura, i capelli crespi, gli occhi nocciola, un po’ diffidenti, a volte impauriti, spesso nervosi e un eterno sorriso sulle labbra. Tuo marito ti picchia, hai tre figli, decidi che è meglio stare sola, ma senza lavoro, senza soldi, quasi senza casa, ogni giorno ti chiedi come fare a mangiare. Hai paura per te, hai paura per i figli, sei senza un uomo che ti protegga. Potresti arrangiarti, però… Poi è comparso Mohamed, senza casa, senza lavoro, senza niente, se non altri figli. Ti ha chiesto di sposarlo e tu gli hai detto di sì. Ora non sei più una donna marocchina sola, ora hai unito alla tua povertà la sua, ma in Marocco questo non lo sanno e tu ti senti felice. Auguri Souad, moglie di Mohamed, grassa sposa marocchina,dagli occhi nocciola sempre più tristi, ma col sorriso sempre sulle labbra.

Linda
Linda J. (forse non è questo il tuo cognome), Linda serba (ma anche questo forse non è vero). L’unica cosa certa è che sei Linda e che sei l’incarnazione della zingara. Linda ambigua, bugiarda, petulante, arrogante, arrabbiata. Ma anche Linda piangente, quando parli di figli e nipoti ammalati, ma forse sei solo una grande attrice e non c’è niente di vero in quello che racconti. Ti senti sempre trascurata, rifiutata, messa da parte, come se tutti ce l’avessero con te. A volta ti lamenti perché sei sola, a volte arrivi con un uomo accanto. A volte compari trasandata e dimessa, a volte sei elegante, ben vestita, con i rossi capelli fermati in bellissime e strane acconciature. A volte dici che hai una casa, a volta ti lamenti perché non ce l’hai. Anche se da tanto tempo passi da noi, è certo che di te sappiamo ben poco, forse nulla. La tua vita resta per noi un mistero; l’unica certezza è che sei zingara, maledettamente zingara, Linda J.

Katika (donna blu)
Donna blu dagli occhi azzurri, i capelli biondi, arruffati, striati sempre più di bianco. Donna che cammini lungo la strada portando la tua vita in una sportina di plastica. L’odio degli uomini ti ha strappato le radici, ti ha lacerato il cuore, ha riempito di sangue i tuoi sogni, ma tu hai raccolto quello che è rimasto della tua vita (una foto di tuo marito) e ti sei incamminata lungo una strada. Mi racconti di dolci colline, di una casa, di un marito che ami, di un figlio che sta conquistando un suo posto nella vita e il tuo cuore è un sasso quando pensi alla perdita di tutto questo. Donna blu, estranea al mondo di mendicanti, ubriachi, sbandati in cui il destino ti ha buttata. Donna blu che, quando ti invito al bar, fai colazione con tè verde e brioche integrale al miele; indossi abiti usati, non sempre puliti, ma rigorosamente blu. Donna blu che nel tuo peregrinare entri ed esci dalla mia vita e ogni volta aggiungi una ferita al mio cuore. Mi chiedi di trovare per te un posto in campagna in cui poter rivedere sorgere il sole, in cui poter risentire il respiro della natura, in cui poter ritrovare la pace e mi dispiace, Katika, perché finora non ci sono riuscita.

Anna
Anna, ucraina sorridente, dai capelli troppo biondi fermati in alto in libertà, gli occhi sempre truccati, le labbra rosse. Anna, fasciata in abiti troppo stretti che fanno risaltare le tue forme prosperose: dimostri di aspettarti ancora qualcosa di bello dal destino, di amare ancora la vita malgrado i colpi bassi che hai ricevuto. Anna, veterinaria in Ucraina, in Italia badante di notte e donna delle pulizie di giorno. Il marito, che amavi, se ne è andato troppo presto; tu, sola, con due bambini da crescere. Voglia di piangere, voglia di vivere; voglia di lasciarsi andare, voglia di lottare. Hai ricacciato le tue lacrime in fondo al cuore, hai tirato su i tuoi capelli troppo biondi, hai colorato di rosso le tue labbra e hai affrontato la vita. Dopo tanti anni è tornato il sorriso: ora hai un lavoro, un appartamento un po’ troppo piccolo, un figlio che lavora accanto a te e un nipotino che sta per nascere. Per una vedova venuta dall’Ucraina, solo con un vestito troppo strizzato e un malinconico sorriso stampato in faccia, è veramente un grosso risultato. E se non ti fermi troppo a pensare a quello che la vita ti ha tolto, il sorriso ora fa luccicare anche i tuoi occhi.

 
 

03/07/2007

 

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