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La resistenza taciuta
Le lotte nonarmate
nella guerra di liberazione italiana a cura di Mimmo Cortese e Roberto Cucchini |
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A 60 anni dalla liberazione del nostro Paese, è indispensabile volgere uno sguardo verso quell’esperienza fondativa della nostra storia più recente che è stata la Resistenza. Da quella drammatica vicenda, dobbiamo trarre ancora molti insegnamenti. Il contributo di sangue della lotta di liberazione è stato elevato: 35.828 partigiani morti combattendo, 21.168 mutilati e invalidi, 9.980 civili uccisi per rappresaglia, 32mila resistenti caduti all’estero. Gli internati militari nei lager tedeschi sono stati circa 600mila, mentre 16.176 di essi sono morti nei campi di concentramento; 40mila è il numero degli uccisi tra deportati politici ed ebrei, e 10mila sono stati i soldati caduti a fianco degli Alleati. A una prima lettura, questa terribile contabilità non può che evocare una dimensione di guerra e di violenza. Ed è innegabile che ciò sia accaduto. Ma noi, oggi, vogliamo anche ricordare che una buona parte di quell’esperienza è stata una lotta condotta con altri mezzi, una resistenza nonarmata. Da qui il suo carattere civile, di massa. Molti anni fa si disse che un popolo intero si era dato alla macchia, nel senso che la partecipazione alla lotta fu un atto corale, non il sacrificio di pochi. Se ciò è potuto accadere, è stato proprio perché il fenomeno resistenziale, e l’opposizione antifascista che aveva attraversato il “ventennio nero”, presi nella totalità delle loro diverse forme di espressione, hanno coinvolto milioni di uomini e donne, di ogni età, sesso e condizione sociale, sia che avessero deciso di impugnare le armi, sia che avessero inteso manifestare il loro rifiuto a un sistema di odio e terrore, a mani nude. A tutti loro va il nostro grazie.
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03/07/2007 |
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