agli incroci dei venti: società

 
 
 
 

Liberta’ per un giorno
di Al Cunningham
libera traduzione di Arianna Ballotta

 
     
 

18 febbraio 2005

In passato molte volte ho espresso la mia tristezza per non essere in grado di gioire della vista della natura, di vedere una pianta che cresce, ad esempio, e di non poter vivere la vita che la gente normalmente vive nel mondo libero. Spesso le persone là fuori non si prendono neanche la briga di aprire gli occhi ed apprezzare la bellezza che le circonda, invece per me oggi è stata una giornata piena di meraviglia, eccitazione, mistero e nuove esperienze, del tutto diverse dalla mia solita esistenza trascinata all’interno di un cubicolo di cemento armato, asfalto e sbarre. Oggi, anche se soltanto per poche ore, ho avuto modo di vivere nuovamente la splendida esperienza del mondo libero.

Pensavo che sarei restato a poltrire fino a mezzogiorno. Di certo non mi aspettavo che alle 10 del mattino sarebbero venuti gli agenti di custodia a dirmi di prepararmi per andare a fare una visita medica all’UCSF Medical Center. Mentre mi preparavo, all’idea di uscire l’eccitazione cresceva ogni momento di più. All’orario previsto, mi sono venuti a prendere nella mia cella, mi sono state messe le manette e le catene ai piedi e sono stato scortato fino all’automobile che mi avrebbe trasportato all’ospedale. Sono stato sistemato nel sedile posteriore dell’auto, i cui finestrini sarebbero state le mie finestre verso il mondo libero.

Poco dopo la partenza dal carcere, quando anche la nostra auto è diventata una delle migliaia di auto che sfrecciavano sull’autostrada trafficata, ho pensato a noi tutti come a molte formiche che veloci corrono a svolgere il proprio lavoro. Dal finestrino guardavo le molte auto che ci sorpassavano a destra e a sinistra e ad un certo punto mi sono chiesto se le persone che osservavano con curiosità le due guardie in uniforme sedute davanti e me seduto dietro, con la tuta arancione comunemente indossata dai detenuti, sapevano o potevano immaginare il modo in cui ero ammanettato e incatenato. Via via sono diventato sempre più attento agli occhi che mi osservavano e ho cercato di immaginare i possibili pensieri nella mente di coloro che mi guardavano con tanto interesse. Ad un certo punto, per cercare di evitare quelle occhiate, ho cercato mentalmente di allontanarle da me, di non dar loro peso, preferendo focalizzare la mia attenzione sulle molte cose che tanto mi mancano dal momento della mia incarcerazione avvenuta molti anni fa.

Mi sono accorto delle tante varietà di alberi, alcuni già pieni di gemme colorate, e della loro bellezza. Vedendone così tanti in fila, uno dopo l’altro, la bellezza era tale da togliere il fiato. Ho ammirato la vegetazione in tutte le sue forme, il mare, i laghi, i canali con barche di tutte le dimensioni, ancorate oppure in movimento. Ho notato gli edifici, le case, e persino ammirato le nuvole, la loro diversa forma e grandezza. Ho goduto della vista delle colline ricoperte di soffice erba verde, delle montagne, e dei campi con l’erba talmente alta da potersi perdere e diventare invisibili alla vista degli altri. Ero estasiato, talmente assorbito da tanta bellezza al punto da dimenticare, o forse semplicemente ignorare, ogni conoscenza scientifica, e da domandarmi quando gli alberi cominciamo a mettere le gemme, e perché crescendo assumono certe forme piuttosto che altre. Tante le domande che mi affollavano la mente, ma purtroppo nessuno a darmi le risposte che cercavo, relegate nel mio ieri lontano e nelle passate esperienze.

Quando siamo arrivati in città, ho notato le tante persone intente a camminare sui marciapiedi, o a chiacchierare al cellulare; ho visto madri che spingevano passeggini, cani a passeggio al guinzaglio, persino un drogato alla ricerca della sua dose quotidiana.

Giunti al Centro Medico, dove non c’erano più alberi e fiori da ammirare, la mia attenzione si è focalizzata sulla bellezza femminile: tante donne bellissime, di diverse razze e colori, che mi camminavano davanti e di fianco. Mi sono detto: “non è il momento di essere timidi!”. E ho ammirato tutte queste differenti forme femminili, diventate la mia nuova fonte di interesse e piacere, non tanto da un punto di vista lussurioso (ma non per mancanza di desiderio), bensì unicamente per la gioia del momento, per l’opportunità così diversa da ciò che per me è la quotidianità.

La visita medica non era altro che un controllo del mio stato di salute generale, e ancora prima di assimilare i commenti del dentista, mi sono ritrovato nuovamente ammanettato e incatenato all’interno dell’auto che mi avrebbe ricondotto in carcere.

Il viaggio di ritorno, nonostante continuassi ad osservare con attenzione (persino l’isola di Alcatraz, mentre passavamo il Golden Gate), non mi ha fatto provare le stesse sensazioni provate all’andata, lo stesso interesse, la stessa eccitazione. Stavo semplicemente seduto immerso nel silenzio dei miei pensieri, facendo tesoro delle meraviglie ben riposte nella mia mente durante l’esperienza mattutina, e provando orrore al pensiero della realtà che avrei trovato poche curve più in là.

Al ritorno in quella che da molti anni è la mia vita, molti di più di quanto vorrei, le meraviglie della giornata hanno preso posto nella dimensione dei ricordi, le immagini che mi permettono di vedere anche dove non è possibile vedere e di gioire del mondo – il vostro mondo – che sta al di là di queste mura, quel mondo che ora è parte dei miei sogni, nel mio mondo.

Al Cunningham
Box E-22600
San Quentin, CA 94974
USA

 

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03/07/2007

 

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