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Quando il delitto è di Stato

di Pietro Santoro
 

 
     
 

Sarebbe bello che, per una volta, un piccolo fatto di cronaca, accaduto peraltro molto lontano da noi, potesse catturare l'attenzione pubblica e  quella dei media. Un piccolo fatto che però sottintende un grosso problema.
Il 20 gennaio u.s. in un'aula del tribunale di Huntsville in Texas si è tenuta l'udienza a carico di David Atwood reo di aver attraversato la linea
gialla oltre la quale si invade la proprietà federale durante la manifestazione di protesta contro l'esecuzione di Anthony Fuentes. David è stato condannato a 5 giorni di carcere e ad una forte multa. Piccolo fatto di cronaca, piccola condanna, piccola attenzione di tutti. Quello che però ci fa scoppiare una grande rabbia e una grande indignazione è che oggi anche il semplice protestare contro la pena di morte è oggetto di repressione da parte dell'amministrazione Bush. David è un mio amico ed è da anni impegnato nella difesa dei diritti umani. Ha fondato il nostro riferimento in Texas: la coalizione texana conto la pena di morte. Biagio ed Arianna di ritorno dal Texas, dove hanno assistito al processo, mi hanno raccontato di un David assolutamente tranquillo e pronto a ricominciare le sue battaglie di civiltà. Sua moglie Peggy ne può essere orgogliosa! David Atwood ha cercato solo di protestare contro l'esecuzione di un essere umano in quanto immorale e inaccettabile in un Paese che voglia dirsi civile. Lo Stato ha dimostrato ancora una volta la sua intransigenza contro chi osa sfidare le sue regole.
Furio Colombo, in un suo intervento sulla pena capitale, diceva che la pena di morte è destinata a contaminare le istituzioni più nobili e a compromettere i sentimenti democratici più profondi. Se ci sconvolge un delitto, un fatto di sangue, non può non sconvolgerci se a commetterlo è lo Stato. Anzi il delitto di Stato (sul documento ufficiale di morte del condannato è scritto omicidio) è mille volte più orrendo del delitto del criminale comune. Qualche giorno fa la triste conferma di quanto stiamodicendo. Nel carcere di San Quintino in California è stato giustiziato Donald Beardslee 61 anni,reo confesso di due omicidi, in attesa di morire da oltre vent'anni. Già questo assurdo appuntamento con la morte è un fatto assolutamente inaccettabile. Un uomo muore psicologicamente mille volte in attesa che il boia ponga fine alle sue sofferenze. L'esecuzione della condanna ha, poi, dei risvolti macabri come nel caso di Beardslee. Nel peggiore copione dei suoi non certo eccezionali films, Swarzenegger, governatore della California, ha negato la grazia a Beardslee e ha dato il via alla sua morte. Ci sono voluti 16 minuti per infilare gli aghi nelle vene del condannato, forse anche perché a farlo sono stati i secondini e non i medici ai quali è vietato dal giuramento di Ippocrate. Che triste ipocrisia! Che assurdo insegnamento! Il codice morale non può valere per alcuni e essere disatteso da altri. La civiltà non si compra a bocconi!
Quando registriamo questi accadimenti ci risulta sempre più difficile accettare l'idea che parliamo dello stesso Paese che si erge a difensore dei popoli contro la guerra e il terrorismo, che si batte per i diritti dei più
poveri. Ecco perché nel nostro impegno quotidiano contro la pena di morte il nostro riferimento all'America è sempre dominante. Il mondo chiede ad una grande democrazia di non macchiarsi mai più di questo delitto che ne contamina la grandezza e né riduce l'autorità morale. Ogni essere umano che entra in una camera a gas o viene legato ad una sedia elettrica, non è più un cittadino americano. E' uno di noi, un essere umano messo a morte, a cui ci ribelliamo come ci ribelliamo a tutti gli orrori del mondo. In California non si eseguivano condanne da tre anni. L'intransigenza di Swarzenegger potrebbe far pensare che l'attore-governatore abbia mire molto importanti: anche la Casa Bianca. Si sa che sulla difesa e ferrea applicazione della pena capitale si costruiscono le carriere politiche. A novembre del 2004 la sconfitta alle elezioni presidenziali di Kerry ha, tra le altre implicazioni, segnato un passo indietro della lotta contro la pena di morte.
Lo dimostra il fatto che oggi un tranquillo ex ingegnere in pensione come
David Atwood che crede nel valore della vita e si impegna per difenderla sta scontando una pena carceraria. Piccola ma molto, molto significativa.

Pietro Santoro
Coalizione Italiana Contro la Pena di Morte

 

 
 

03/07/2007

 

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