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L’arte è un’espressione. L’opera d’arte è l’espressione compiuta.
L’opera d’arte è l’oggetto visto dall’osservatorio dell’eternità; e la
vita “serena” (cioè “limpida”) è il mondo visto sub specie aeternitatis.
Questa è la connessione tra arte e etica.
Il consueto modo di vedere vede gli oggetti quasi dal di dentro,
escludendo così l’esterno; il vederli, proprio di Cesare Reggiani,
dall’osservatorio dell’eternità, li vede dal di fuori. Così che per
sfondo hanno il mondo intero.
L’arte non vede l’oggetto nello spazio e nel tempo, ma con lo spazio e
con il tempo. Ogni cosa condiziona tutto il mondo artistico, per così
dire, tutto lo spazio artistico.
S’impone il pensiero: la cosa vista sub specie aeternitatis è la cosa
vista con tutto lo spazio artistico.
Il miracolo per l’arte è che il mondo v’è. È che v’è ciò che v’è.
L’essenza del modo di vedere artistico di Reggiani è vedere il mondo con
occhio “sereno”. “Seria è la vita, allegra è l’arte” (Schiller). E, a
proposito dei cieli di Reggiani, verrebbe da osservare con Lucrezio:
placatumque nitet diffuso lumine caelum (“placato rifulge il cielo di
luce aprica”: talvolta i suoi cieli sono anche nuvolosi, ma mai plumbei,
perché li pervade una luce come immateriale).
“Seria è la vita, allegra è l’arte”, dicevamo: infatti c’è pur qualcosa
di vero nella concezione secondo cui il bello sia il fine dell’arte.
E il bello è appunto ciò che rende felice. |
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