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Si è da poco concluso
la 7° edizione del PitiFest di Pitigliano, festival di cinema e cultura
ebraica. Si tratta di una manifestazione unica nel suo genere in Italia,
che, pur fra immense difficoltà, cerca di tenere accesa l’attenzione
verso il cinema di argomento e carattere ebraico e, cosa non
trascurabile, contribuisce ad accendere i riflettori su quella
meravigliosa cittadina toscana che non a torto viene definita ‘la
piccola Gerusalemme’
Arrivare fino a Pitigliano non è semplicissimo, anche per la mancanza, o
quasi di mezzi pubblici. D’altra parte, il paesaggio che si attraversa,
nel cuore etrusco della penisola, ripaga ogni fatica e predispone ad
un’atmosfera che non poco giova alla manifestazione. Procedendo fra
curve e pendii, il paese appare all’improvviso e la visione è di quelle
che sorprendono e affascinano: arroccato su uno sperone di tufo, lo
stesso materiale con cui sono costruite le case, con l’imponente
acquedotto mediceo che si staglia a picco sulla valle.
Non c’è da stupirsi che l’idea del Festival sia venuta alla sua
ideatrice, Michela Scomazzon Galdi, giornalista e appassionata di
cinema, proprio dalla frequentazione di questo straordinario paese. Ha
potuto infatti scoprire la tradizione ebraica del luogo, sede di uno dei
ghetti meglio conservati della nostra penisola e dalla sorprendente
struttura, e di accorgersi di come esso, proprio per le importantissime
testimonianze storiche che vi sono conservate, sia divenuto meta di
turismo da parte di molte comunità ebraiche internazionali. Ha da poco
ricevuto la visita, fra gli altri, anche del Granduca Sigismondo
d’Asburgo Lorena, cittadino onorario di Grosseto, che ha deposto una
corona davanti alla Sinagoga.
Grazie all’indomita tenacia con cui Michela ha saputo intrecciare
risorse e relazioni, si deve l’esistenza di questa manifestazione, che
speriamo riesca a conquistare una sempre maggiore visibilità. A volte si
parla di “prodotti di nicchia” riferendosi a quelli che pur affermandosi
per la particolare qualità, mantengono tuttavia una produzione limitata.
Scegliendo di conservare come sede dell’iniziativa Pitigliano, si
decide, conseguentemente di destinarla a un piccolo pubblico di
appassionati. In paese ci sono infatti un’unica sala cinematografica,
peraltro piuttosto piccola, e una sala espositiva. In un centro più
grosso il PitiFest riscuoterebbe senza dubbio una risonanza maggiore.
Tuttavia il fascino e il coraggio dell’iniziativa consistono anche nella
scelta di questa collocazione.
Tema di quest’anno è stato la memoria, una memoria che fatica sempre più
a misurarsi col presente. “Anna Frank:un’eredità di speranza, un’eredità
di memoria” il titolo della rassegna. Lei che, come sottolinea Amos
Luzzato nel saluto al Festival “ non avrebbe mai pensato di diventare un
simbolo e un classico” dà voce a tutti coloro, che senza altra colpa che
quella di appartenere a un ‘particolare gruppo umano’, non hanno avuto
diritto alla libertà, alla pace, alla dignità e al futuro. Diritti che
purtroppo ancora faticano ad ottenere riconoscimento universale.
Per l’occasione è stato presentato il film, ancora in fase di
lavorazione, ‘Cara Anne Frank-Il dono della speranza’, che il giovane
regista Dario Picciau, in collaborazione con una trentina di altri
artisti, sta realizzando in 3D, nel laboratorio milanese 263Film del
produttore Andrea Jarach. Attraverso le più avanzate tecniche digitali
saranno ricostruiti fedelmente i volti dei protagonisti e gli ambienti
originali di quegli anni. Un film, la cui uscita è prevista per il 2006,
che sogna un finale diverso, con un’Anne invecchiata che firma libri di
successo.
Anna Frank, ma non solo. Il Festival costituisce una vetrina su quanto
si produce sulla storia e la cultura ebraica, con un’attenzione speciale
a quanto viene da Israele, attraverso la sezione “Una finestra su
Israele”. Film di esordienti, studenti di scuole di cinema, ma anche
l’ultima opera di Amos Gitai, ‘Hotel Promised Land’, già presentato a
Venezia, ma non ancora distribuito in Italia, che, con un impianto
documentaristico, che a tratti, inaspettatamente, si scioglie in momenti
di intenso lirismo, porta sullo schermo le vicende crudeli delle ragazze
prostitute che dai paesi dell’Est approdano, moderne schiave, nel
paradossale paradiso della Terra Promessa.
Di grande interesse, quest’anno, nella sezione “Cinema e dialogo” la
presentazione in anteprima assoluta del cartone animato, “Pace of Peace”
seguto dal documentario “La storia di Pop” che ne ricostruisce la
genesi. Il cartone è nato infatti dal lavoro e dalla collaborazione di
un gruppo di ragazzini israeliani e palestinesi che, sfidando blocchi
esteriori, ma soprattutto quelli interni, i più inquietanti e
pericolosi, hanno costruito un rapporto intenso fra di loro e realizzato
questo cartoon con l’aiuto, naturalmente di disegnatori ed esperti che
sapessero supportarli. Prodotto dal Centro per la pace di Gerusalemme e
dal comune di Roma, il filmato è stato acquistato dalla Rai.
Il premio e uno speciale riconoscimento sono andati al cortometraggio di
Dario Picciau e Roberto Malini “Binario 21” che, utilizzando diverse
tecniche narrative, dalla testimonianza storica alla rivisitazione
poetica, rievoca la vicenda di quanti, nel 1943-44, furono deportati ad
Auschwitz partendo appunto dal binario 21 della Stazione Centrale di
Milano. Binario sotterraneo che oggi, un comitato, propone di
trasformare in centro multimediale per la prevenzione del razzismo,
dell’antisemitismo e del pregiudizio. Perché la storia non resti
celebrazione, col rischio, come sottolinea la signora Franca Eckert Coen,
Consigliere alle Politiche della Multietnicità del Comune di Roma, di “
trasformarsi in un’arma a doppio taglio e diventare una notte in cui
tutti i gatti sono bigi e dove l’assassino è una cosa sola con la
vittima, ed è altrettanto facile identificarsi col perseguitato e col
persecutore…Perché ‘Mai più!’ non sia solo una frase vuota…ma una presa
di responsabilità per il nostro presente e il nostro futuro”.
Golfera Silvia
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