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Quella che segue è un'intervista realizzata nel braccio della morte
della prigione federale del Texas. L'intervistato è
Charles Mamou*. Questa intervista
fa parte della newsletter mensile dei condannati a morti di cui Hasan
Shakur (anche lui condannato a morte) è editore. E (bontà
sua) se non il mio migliore amico, certamente tra i miei amici più
fidati. Questa premessa per dimostrare come i condannati a morte nelle
carceri Usa siano perfettamente in grado di organizzarsi e di
“presentarsi”. Ho una lunga frequentazione con loro, ma ogni volta mi
meraviglio della "normalità" delle loro personalità. (Bianca Cerri)
Hasan: Ciao Fratello!! Sono felice di incontrarti.
Perché non dici ai lettori il tuo nome, la tua età e da quanto tempo ti
trovi nel braccio della morte….
Chucky: "Salve Hasan, beh, mi chiamo Charles ma il mio
nomignolo è Chuchy. Fra poco saranno sei anni che mi trovo qui. Gli
anni? Mi sembra di averne almeno 140".
Hasan: Ho capito, preferisci tenerti per te l’età, un po’
come fanno le donne. I primi tempi credo che ti avessero messo
nell’Unità di Ellis: che differenze hai trovato nel nuovo braccio della
morte rispetto al vecchio?.
Chucky: "La differenza non è molta. Sono stato soltanto
quattro mesi ad Ellis. Non potevo vedere la televisione, perché ero nel
reparto di sorveglianza speciale, l’ala F".
Hasan: Raccontaci qualcosa della tua vita di prima, dove
sei nato o almeno cosa facevi da piccoli, dove sei cresciuto…
Chucky: "Vengo da una famiglia molto povera. Però ho avuto
tutto quell’affetto che un bambino si aspetta dai suoi. Credimi, non
cambierei la mia infanzia con un ricco. Sono nato in una cittadina della
Louisiana che per me era il paradiso. Tutti mi conoscevano e io li
amavo….Naturalmente, sono un figlio del ghetto. E non vale la pena di
spiegare cosa sia un ghetto…."
Hasan: Ne parli come se assomigliasse ad un giardino
dell’Eden. Un giardino biblico e, a proposito, come stai a religiosità?.
Chucky: "Non sono religioso. Di questi tempi la religione
è nell’occhio del ciclone, lo vediamo con gli islamici. Comunque, non
parlerei di religione: è la spiritualità dell’uomo che conta.
Francamente, non credo che nella religione intesa come dogma esistano
delle verità. Spesso gli uomini cercano emozioni nella religione, ma, se
è per questo, ci sono emozioni anche negli incontri di wrestling. Hulk
Hogan è in grado di emozionare".
Hasan: Okay, puoi dirci qualcosa delle condizioni in
questo posto?.
Chucky: "La vita in una cella di due metri per tre non è
divertente. E poi, c’è molto disagio mentale intorno a me, intorno a
tutti. E non tutti i condannati a morte sono amici tra di loro. E alcuni
sono ossessionati dai loro fantasmi. Ma la cosa peggiore è
l’amministrazione, con i suoi trucchi per far sentire ancora più
miserabili e disperati gli esseri umani condannati a morte. Agli occhi
di quelli dell’amministrazione, siamo soltanto rifiuti della società. In
fondo, non abbiamo una reale identità".
Hasan: L’amministrazione ha dunque le sue colpe?.
Chucky: "Colpe? Ne ha a tonnellate. Ai tempi del Vietam, i sistemi che
si usano qui oggi venivano usati con i prigionieri di guerra. Una volta
liberati, i prigionieri ci mettevano mesi e mesi per tornare alla
normalità….Ma che vengano applicati gli stessi metodi nel Texas di oggi
è incomprensibile. Bisogna che il mondo sappia che i condannati a morte
in Texas vengono trattati come animali e anche molto peggio. Con il
beneplacito dei cittadini, ai quali viene detto che qui ci sono solo
delle belve assetate di sangue. La privazione sensoriale che viene
imposta dall’amministrazione ai condannati a morte è qualcosa di
disumano …."
Hasan: Qual è stata l’esperienza più importante che hai
avuto qui?.
Chucky: "Beh, non so se sia un’esperienza, ma mi sono
meravigliato accorgendomi che durante le visite riuscivo ancora a
sorridere assieme a qualcuno. Credo che se riuscissi ad uscire di qui,
sarei capace di lasciarmi tutto alle spalle. Da quando sono qui, mi
sembra che la mia anima sia divenuta più pesante. Però prendo esempio
dagli irriducibili, da quelli che non si arrendono. Io farò la mia
battaglia fino in fondo, perché già da piccolo avevo imparato a
lottare".
Hasan: Qui gli uomini ti rispettano per la tua franchezza
– una cosa che mi ha sorpreso, ma cosa è accaduto con la tua famiglia,
come hanno preso la tua condanna a morte i tuoi figli e gli altri
parenti?.
Chucky: "La mia famiglia sa che ho sempre detto loro tutto
con la maggior onestà possibile. Cerco di non infierire sulla mia
famiglia, di non chiedere troppo a nessuno di loro. La mia grande forza
è mia madre. Amo mia madre più di quanto ami me stesso e questo è tutto.
Inoltre, non mi faccio troppe illusioni sul futuro. Essere onesti con se
stessi in questo posto è di vitale importanza. Provo molto dolore al
pensiero di ciò che mi aspetta ma cerco di non comunicarlo alla mia
famiglia. Quello che conta è sapere che mia madre non mi ha abbandonato.
Non sono riuscito a farmi grandi amici qui. Mia madre è la sola amica
che ho".
Hasan: Cosa significa avere una famiglia che, nonostante
tutto, resta dalla tua parte?.
Chucky: "Significa sentirsi capiti senza pronunciare
neppure una parola. E’ veramente una fortuna…."
Hasan: Tu ed io ci assomigliamo. Credi che l’intervista
sia stata un bene?.
Chucky: "Non credo di essere un gran conversatore. Credo
di essere però capace di crescere. E sono un solitario, ma con uno
spirito amichevole. Forse, direbbero nei films, sono solo un ragazzo di
campagna".
Hasan: bene fratello, cosa vorresti dire prima di tornare
nel grande Eden?
Chucky: "Non ho idea di dove cominciare…. Se potessi,
vorrei rivedere il posto dove sono nato e cresciuto….la mia cittadina in
Lousiana: a proposito, si chiama “Tramonto”. Mi manca la ferrovia, mi
manca il cibo di casa, mi manca persino l’Ufficio di Collocamento,
davanti al quale ho passato tante giornate. Non ero mai triste e vorrei
che nella mia città mi ricordassero come una persona allegra…Ora, che
non mi resta molto da vivere, sento che il mio spirito sta già andando
verso casa e morirò augurandomi che il mondo trovi, una buona volta, la
via verso la pace…"
Nota
*(”Charles Mamou è stato
condannato a morte nel 1999 per un omicidio che afferma di non aver mai
commesso. Ha 29 anni e viene da una cittadina della Louisiana dal bel
nome di “Tramonto”. Come tutti i condannati a morte del Texas, non ha
avuto una difesa adeguata e l’avvocato d’ufficio ha favorito la tesi
accusatoria anziché difendere il proprio cliente. Questo avviene nel
100% dei casi dove è in ballo la vita di un uomo e di una donna in
Texas, capitale mondiale della pena di morte".
"E’ in Texas infatti che viene portato a termine il più alto numero di
esecuzioni rispetto al numero degli abitanti. Non ultimo, nei confronti
degli afro americani, la legge fa spesso ciò che vuole, tanto che nel
locale braccio della morte si trova un solo condannato bianco accusato
della morte di un nero, ma soltanto perchè il delitto fu talmente atroce
che persino l'allora presidente Clinton si vide costretto a placare gli
animi intervenendo di persona. Giudici e giurie del Texas non condannano
i bianchi che uccidono i neri: la legge del West che ancora condiziona i
tribunali non lo prevede…”) (bc)
redazione@reporterassociati.org
In ReporterAssociati 8
gennaio 2005 |
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