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Natale corre
al centro dell’universo, verso l’Uomo che ha cambiato la nostra
esistenza.
Persino il generale inverno delle nostre interiorità piega di
lato, quando inizia il conto alla rovescia per Natale. Senza più
la maschera del tempo, il cielo si abbassa a sfiorare orme
indelebili.
Appare un dipinto di altri tempi, dal quale non è possibile
disperdere la speranza, indipendentemente dalla Fede che ognuno
professa, da quella fratellanza allargata richiesta
ontologicamente.
Natale non conosce barriere, né ideologie, non consente
disattenzione, tanto meno indifferenza, è un momento che non è
vano neppure per il più sciocco degli uomini, quello che lo
intende per un sol giorno, come una rappresentazione imposta
dalla coscienza.
Natale non è catarsi da acquistare al supermercato degli
affetti, né emozione costruita in laboratorio, non è veste da
indossare in politica, né iconografie digitali per spot
multimediali.
Gesù nasce e rimane bambino nella nostra identità flessibile,
Egli resta un pargolo che incredibilmente non riusciamo ad
associare a quella sua rivoluzione che ancor oggi è sinonimo di
libertà.
Libertà adagiata dapprima in una culla scarna e povera, posta a
fianco degli uomini, non a difesa di governi né istituzioni,
perché in questa nascita c’è la libertà che consente a ciascuno
di noi di chiudere una porta per poi aprire un portone,
allontanando utopie travestite di estremismi.
Libertà che non si è spenta neppure nei chiodi piantati nella
carne, in una croce che è venuta per nostra scelta. Di scelta si
è trattato, di scelta che ancora attende parole e gesti compiuti
per chiedere perdono, ritrovando senso e coraggio per un amore
che non ha somme da accreditare né divisioni da marcare.
Le domande che assalgono ci fanno riflettere sui grandi misteri:
il nostro cuore è aperto per accogliere? Le nostre mani si
alzano al cielo con purezza, o ricerchiamo solo un rifugio per
sopportare le lacerazioni inferte a noi stessi e agli altri?
Forse in quel Bambino che nasce si avvera l’incontro di tutti
gli uomini, ognuno con le sue pene, oltre il peso dei macigni
che ci portiamo addosso.
Nel Suo volto, che già incarna lo sguardo dell’eternità, ci sono
i volti di tutti gli uomini, diversi, lontani, vicini, custodi
di vite passate, presenti e future, storie che parlano di ciò
che non sappiamo riconoscere e accettare.
Il Bimbo nasce, e la storia è la nostra storia, ci appartiene,
ci conduce a cercare una mano da stringere per sempre.
Negli occhi di quel Bimbo c’è la possibilità di una
trasformazione, di un cambiamento altrettanto volontariamente
scelto: persino in una prigione, in una cella, in uno spazio
separato, può nascere la consapevolezza per accorciare le
distanze tra noi, uomini detenuti e uomini liberi, affinché
quella rivoluzione di libertà e di amore, che il Natale ha in
sé, partorisca davvero capacità di alzare gli occhi al cielo,
senza più timore di scoprirci stranieri, o peggio nemici in
terra Santa, che non è in Palestina, non è in Israele, neppure a
Medina.
E’ qui, e ora. |
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