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 Rinascere davvero
 

di Vincenzo Andraous

 
  Natale corre al centro dell’universo, verso l’Uomo che ha cambiato la nostra esistenza.
Persino il generale inverno delle nostre interiorità piega di lato, quando inizia il conto alla rovescia per Natale. Senza più la maschera del tempo, il cielo si abbassa a sfiorare orme indelebili.
Appare un dipinto di altri tempi, dal quale non è possibile disperdere la speranza, indipendentemente dalla Fede che ognuno professa, da quella fratellanza allargata richiesta ontologicamente.
Natale non conosce barriere, né ideologie, non consente disattenzione, tanto meno indifferenza, è un momento che non è vano neppure per il più sciocco degli uomini, quello che lo intende per un sol giorno, come una rappresentazione imposta dalla coscienza.
Natale non è catarsi da acquistare al supermercato degli affetti, né emozione costruita in laboratorio, non è veste da indossare in politica, né iconografie digitali per spot multimediali.
Gesù nasce e rimane bambino nella nostra identità flessibile, Egli resta un pargolo che incredibilmente non riusciamo ad associare a quella sua rivoluzione che ancor oggi è sinonimo di libertà.
Libertà adagiata dapprima in una culla scarna e povera, posta a fianco degli uomini, non a difesa di governi né istituzioni, perché in questa nascita c’è la libertà che consente a ciascuno di noi di chiudere una porta per poi aprire un portone, allontanando utopie travestite di estremismi.
Libertà che non si è spenta neppure nei chiodi piantati nella carne, in una croce che è venuta per nostra scelta. Di scelta si è trattato, di scelta che ancora attende parole e gesti compiuti per chiedere perdono, ritrovando senso e coraggio per un amore che non ha somme da accreditare né divisioni da marcare.
Le domande che assalgono ci fanno riflettere sui grandi misteri: il nostro cuore è aperto per accogliere? Le nostre mani si alzano al cielo con purezza, o ricerchiamo solo un rifugio per sopportare le lacerazioni inferte a noi stessi e agli altri?
Forse in quel Bambino che nasce si avvera l’incontro di tutti gli uomini, ognuno con le sue pene, oltre il peso dei macigni che ci portiamo addosso.
Nel Suo volto, che già incarna lo sguardo dell’eternità, ci sono i volti di tutti gli uomini, diversi, lontani, vicini, custodi di vite passate, presenti e future, storie che parlano di ciò che non sappiamo riconoscere e accettare.
Il Bimbo nasce, e la storia è la nostra storia, ci appartiene, ci conduce a cercare una mano da stringere per sempre.
Negli occhi di quel Bimbo c’è la possibilità di una trasformazione, di un cambiamento altrettanto volontariamente scelto: persino in una prigione, in una cella, in uno spazio separato, può nascere la consapevolezza per accorciare le distanze tra noi, uomini detenuti e uomini liberi, affinché quella rivoluzione di libertà e di amore, che il Natale ha in sé, partorisca davvero capacità di alzare gli occhi al cielo, senza più timore di scoprirci stranieri, o peggio nemici in terra Santa, che non è in Palestina, non è in Israele, neppure a Medina.
E’ qui, e ora.
 
 
 
 

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