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Vi ricorderete questo
racconto del Nuovo Testamento (Vangelo di S. Giovanni, capitolo 8):
Cristo viene avvicinato dai Farisei, i quali Gli chiedono di giudicare
un’adultera (l’uomo coinvolto nell’adulterio non appare). Se giudicata
colpevole, la pena prevista per la donna è la morte tramite lapidazione.
Cristo non alza lo sguardo, preferendo scrivere sulla sabbia: “chi è
senza peccato, scagli la prima pietra”. La folla imbarazzata si disperde
e Cristo dice alla donna di andare ed iniziare una nuova vita.
So che è un modo strano e ormai trito per iniziare un pezzo, ma non sono
riuscito a non pensare a questa storia mentre, non molto tempo fa, stavo
esaminando due notizie, seppur diverse, inerenti a quanto scritto. La
prima relativa alla morte di un eroe del ventesimo secolo, e la seconda
concernente un rapporto ufficiale che definirei quantomeno un po’
ipocrita. L’eroe in questione era un avvocato inglese di nome Peter
Benenson, morto lo scorso febbraio all’età di 83 anni dopo una lunga
malattia. Dotato di una spettacolare coscienza sociale, Benenson, ebreo
russo, trascorse la sua vita intera lottando in difesa dei prigionieri
politici, sia che si trovassero nella Spagna di Franco, in Sud Africa,
nell’Ungheria post 1956 o in Unione Sovietica. Persino da ragazzo aveva
dato il suo contributo nel tentativo di salvare i bambini ebrei dai
nazisti tedeschi. Ma fu nel novembre del 1960 che Benenson iniziò a
cambiare il mondo nel quale viviamo, dopo aver letto su un giornale la
notizia di due studenti portoghesi che erano stati incarcerati per aver
brindato alla libertà durante una cena in un ristorante di Lisbona.
Questa violenza lo turbò a tal punto che decise di iniziare una campagna
al fine di attirare l’attenzione della gente e che portò alla creazione
dell’oggi famosa organizzazione Amnesty International.
Mettere in carcere la gente senza giusto processo è assolutamente
contrario alla tradizione che parte dal Nuovo Testamento e dalla Magna
Carta per arrivare fino alla Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo (1948), anche se tutti sappiamo, come lo sapeva Benenson, che
ciò accade in tutti i regimi, che non si limitano a questo, ma picchiano
anche gli oppositori, distruggono le loro case e li cacciano alle loro
terre.
[…]
E’ giusto ricordare che negli ultimi 60 anni la società internazionale
ha fatto passi da gigante istituendo importanti organismi di controllo,
come ad esempio l’Alto Commissariato delle Nazioni Uniti per i Diritti
Umani, per migliorare ulteriormente il documento del 1948. Ma è
altrettanto giusto domandarsi cosa le misure più recenti sarebbero
riuscite ad ottenere senza l’opera e l’influenza di Amnesty
International e di altre organizzazioni che si occupano di diritti
umani. Amnesty International conta oggi circa 2 milioni di membri e può
contare su un sistema d’informazione a livello mondiale, cosa che
imbarazza spesso e non poco i governi di 5 continenti. Il fatto di avere
la propria sede a Londra non ha impedito ad A.I. di essere fortemente
critica nei confronti delle politiche britanniche nell’Irlanda del Nord
ed in merito alle leggi antiterroristiche. Un premio Nobel per la pace
sicuramente meritato.
Nella stessa settimana della morte di Benenson, il Dipartimento di Stato
americano ha emesso il suo rapporto annuale sulle violazioni dei diritti
umani nel mondo, lungo 1.000 pagine e riguardante 196 Paesi. Leggerlo è
deprimente, come è facile immaginare. Il rapporto è la prova di quanta
strada questo nostro mondo deve ancora percorrere al fine di uniformarsi
a quanto previsto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
nonostante i passi in avanti da me menzionati in precedenza e nonostante
Amnesty International, Human Rights Watch ed altre organizzazioni. [Nel
rapporto si parla ampiamente] delle tremende violazioni commesse in
Sudan, ma non mancano le critiche nei confronti di Paesi con i quali gli
USA, per ragioni strategiche o commerciali, desiderano restare in buoni
rapporti, ad esempio Cina, Egitto, Arabia Saudita e Russia. Pur lodando
tanta onestà, l’osservatore cinico non può non notare un’omissione
significativa: nel rapporto non viene menzionato assolutamente nulla in
relazione al comportamento degli Stati Uniti nel 2003/2004. Si presume
che gli autori che raccolgono le notizie e stilano il rapporto
potrebbero venire licenziati in tronco da un’arrabbiata Casa Bianca se
dicessero qualcosa sulle violazioni commesse dall’America.
E allora è necessario rivolgersi ad un’altra fonte per avere anche
l’altra versione dei fatti, e indovinate a chi si chiede? Facile, ad
Amnesty International, che col suo rapporto 2004 copre i casi del 2003.
Nel rapporto di A.I. c’è una sezione copiosa che riguarda gli Stati
Uniti d’America, sezione che dovrebbe far sentire davvero a disagio i
cittadini americani, o addirittura farli infuriare. come accaduto a
Benenson 45 anni fa.
Cominciamo da quanto si potrebbe definire “la contraddizione” della
nazione più potente del mondo in relazione alla vita e alla morte. […]
Gli USA sono uno dei pochissimi Paesi civilizzati ad applicare la pena
di morte (lo fanno anche Paesi come lo Yemen e l’Arabia Saudita, ma chi
si sente a proprio agio con un paragone del genere?). L’orgoglioso Stato
del Texas ha portato a termine 24 esecuzioni nel solo 2003, e di queste
24 persone - con disprezzo degli standard internazionali - alcune
avevano meno di 18 anni all’epoca del reato. Dozzine e dozzine di
condannati a morte sono cittadini stranieri a cui sono stati negati i
diritti consolari previsti dalla Convenzione di Vienna. Un’ampia sezione
del rapporto che fa rabbrividire è dedicata ai “maltrattamenti e all’uso
eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza”, soprattutto
negli Stati del sud (ad esempio, Mississippi, Florida e Texas).
[…]
Il governo degli Stati Uniti ha tagliato aiuti militari a 35 Paesi che
si sono rifiutati di riconoscere l’immunità [a cittadini] americani
accusati di crimini di guerra. Considerando lo stato tremendo in cui
versano tante prigioni americane, non sarebbe sbagliato pensare che un
membro delle Forze Armate accusato di crimini contro l’umanità
preferirebbe essere processato da una Corte internazionale!
Dietro a tutto questo c’è l’orrore e l’imbarazzo per le detenzioni
forzate ed i maltrattamenti [inflitti ai detenuti] in Afghanistan e alla
base di Guantanamo a Cuba (in quest’ultimo campo di prigionia fra i
prigionieri sono stati rinchiusi anche bambini di 13 anni, cosa alla
quale sembra impossibile credere). Quando il Comitato Internazionale
della Croce Rossa - noto per essere neutrale, apolitico ed estremamente
scrupoloso quando visita i prigionieri in ogni parte del mondo - fece il
passo insolito di criticare quanto stava accadendo a Guantanamo, si capì
subito che gli abusi dovevano davvero essere gravi.
E questo è il rapporto di Amnesty International per il 2003. Soltanto
Dio sa cosa ci sarà scritto il prossimo anno in merito alle torture
inflitte ai prigionieri ad Abu Ghraib. Anche quel rapporto senz’altro
non ci farà sentire bene.
[…]
Ma passiamo alla parte politica. Mi sembra controproducente e stupido -
davvero, molto stupido - da parte degli Stati Uniti dare lezioni al
resto del mondo su ciò che è sbagliato e restare al contempo evasivi e
riluttanti sui propri errori. Che piaccia o no (e alla Casa Bianca
questo di solito piace) la posizione privilegiata di potere che gli USA
hanno significa che i media di tutto il mondo si focalizzano in modo
particolare, quasi affascinato, su come Washington si occupa delle sue
faccende. E questo implica un obbligo ulteriore per gli Stati Uniti a
fare la cosa giusta, non soltanto ogni tanto, ma sempre. Come il Primo
Ministro vittoriano William Gladstone amava dire “i più grandi poteri
hanno le maggior responsabilità”.
Quindi, non è soltanto per la natura disgustosa degli abusi commessi a
Guantanamo e ad Abu Ghraib che dovremmo preoccuparci, bensì anche perché
tutti quei Paesi che hanno un curriculum dubbio o spaventoso in materia
di diritti umani considerano ipocrite ed accondiscendenti le critiche
annuali del Dipartimento di Stato. E anche se quei regimi fanno cose
peggiori ai loro prigionieri rispetto a quanto accade nelle prigionie
degli Stati del sud, sono forse completamente sbagliate le loro riposte?
Penso di sapere quale sarebbe il commento di Benenson!
Source :
Daily Yomiuri,
12 giugno 2005
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