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USA: Bush e Cheney attaccano Amnesty International
 

di Rick Halperin
libera traduzione di Arianna Ballotta

 
     
 

Testo Messaggio inviato da Rick Halperin il 4 giugno 2005 alle ore 22:21
(libera traduzione di Arianna Ballotta)


Amici,

anche se l’articolo che segue non è legato in modo specifico alla pena di morte, è utile per comprendere la mentalità che prevale attualmente negli Stati Uniti d’America.

Una mancanza totale di interesse per i diritti umani e per il modo in cui gli Stati Uniti danneggiano la propria reputazione, sia a casa loro che all’estero, con assoluta arroganza e la certezza dell’impunità ….

Rick Halperin
rhalperi@mail.smu.edu
 



03.06.2005

USA: Bush e Cheney attaccano Amnesty International

Irritata dalla denuncia di Amnesty International in relazione ai campi di detenzione americani in Iraq ed in altre parti nel mondo, l’amministrazione del Presidente George W. Bush ha reagito con indignazione ed ha persino detto che i terroristi stanno usando la più grande organizzazione mondiale che opera in difesa dei diritti umani.

L’ultima affermazione è stata fatta da Bush stesso durante una conferenza stampa tenutasi martedì presso la Casa Bianca. “Sono a conoscenza del rapporto emesso da Amnesty International. E’ assurdo. Gli Stati Uniti sono un Paese che promuove la libertà in tutto il mondo”, ha detto il Presidente, aggiungendo che Washington ha “svolto indagini in ogni singolo reclamo contro (sic) i detenuti. Sembra che [Amnesty] abbia tratto le sue conclusioni basandosi unicamente sulle parole e sulle accuse mosse da persone detenute, persone che odiano l’America, persone addestrate per distruggere. (sic) Questo significa non dire la verità. Ecco perché dico che è un rapporto assurdo. Lo è davvero”.

In discussione è un rapporto di Amnesty International emesso giovedì scorso nel quale si denunciano le pratiche detentive utilizzate dagli Stati Uniti. Dal momento della pubblicazione [del rapporto] uno dopo l’altro i rappresentanti più alti in grado nell’amministrazione Bush, così come i suoi sostenitori della destra, si sono presentati ai media denunciando l’organizzazione, che ha sede a Londra, in ciò che sembra sempre più uno sforzo orchestrato per screditare le critiche mosse da un gruppo indipendente che opera in difesa dei diritti umani. Una campagna simile è stata quella che poco tempo fa ha preso di mira il magazine Newsweek.

“Sembra proprio una campagna”, ha detto martedì Reed Brody, capo ufficio legale dell’organizzazione Human Rights Watch. “Da quando Amnesty ha reso pubblico il rapporto, c’è stato molto rumore e pare proprio che qualcuno voglia mettere a tacere tutte le critiche”.

Il Vice Presidente Dick Cheney in un’intervista registrata venerdì e trasmessa domenica sera dalla CNN ha avuto una reazione praticamente uguale a quella avuta da Bush martedì. “Francamente non vedo come poter prendere seriamente Amnesty quando sostiene che qualcuno negli Stati Uniti sta violando i diritti umani”, ha dichiarato il Vice Presidente. “Onestamente, [il rapporto di] mi ha offeso. Credo che, in verità, gli Stati Uniti abbiano fatto e stiano facendo di tutto per difendere la causa della libertà e che nel corso del ventesimo secolo e fino ad oggi abbiano liberato dalla tirannia molte più persone di qualsiasi altro Paese nella storia del mondo”. In relazione ai maltrattamenti presumibilmente inflitti ai detenuti, Cheney ha dichiarato: “se si guarda bene, in quasi ogni caso riportato, si tratta di dichiarazioni fatte da qualcuno che già è stato scarcerato, rimandato a casa e che adesso dice bugie su come sarebbe stato trattato”.

Altri alti rappresentanti governativi hanno detto più o meno le stesse cose. Come Bush, il Segretario di Stato Condoleezza Rice ha definito “assurdo” il rapporto di Amnesty, mentre il Generale dell’Aeronautica Richard Myers, a nome delle forze armate, lo ha definito “assolutamente irresponsabile” ed ha insistito sul fatto che il campo di detenzione presso la base di Guantanamo a Cuba è un “campo modello” dove i prigionieri sono sempre stati trattati “umanamente”.

Le dichiarazioni contro le quali si è scatenata la furia dell’Amministrazione sono state fatte dal Segretario Generale di Amnesty International, Irene Khan, che si riferiva al lavoro a rete d’oltre mare nell’ambito delle strutture detentive gestite da Washington in Iraq e altrove come parte di ciò che viene definita “guerra globale contro il terrorismo”, e che, in relazione a tale network, ha utilizzato il paragone “gulag dei nostri tempi” pensando al sistema carcerario ed ai campi di lavoro dell’ex Unione Sovietica di Stalin.

Mentre il Washington Post, solitamente difensore dell’organizzazione umanitaria indipendente, ha mosso obiezioni al tipo di paragone fatto definendolo “controproducente”, lo staff neo-conservatore del Wall Street Journal ha preso la palla al balzo definendo l’accaduto “un altro segnale della degradazione morale di Amnesty International”. Il Journal, che spesso rispecchia la linea dura di politici come Cheney, ha definito Amnesty “un gruppo che subisce forti pressioni politiche” le cui ultime accuse “equivalgono ad una propaganda pro al-Qaeda”. Anticipando le dichiarazioni del Vice Presidente alla CNN, il Journal - che già aveva fatto una campagna contro il Comitato Internazionale della Croce Rossa che aveva criticato il trattamento riservato ai prigionieri da Washington – ha scritto altresì che “un’associazione umanitaria che non riesce a fare distinzione fra i campi di sterminio di Stalin e i centri di detenzione per terroristi che uccidono civili non può essere presa seriamente”.

David Rivkin e Lee Casey, due avvocati che spesso rispecchiano i pensieri di altri membri della Federalist Society, appartenenti alla destra nazionalista, e che occupano posizioni importanti nell’Amministrazione, si sono subito uniti alle posizioni assunte dal Journal. In un articolo pubblicato dalla National Review Online dal titolo “Amnesty non è credibile”, i due avvocati attaccano il rapporto emesso da Amnesty e dichiarano che “[il rapporto] dice molto di più sulla natura di Amnesty International e sugli scopi di simili organizzazioni non governative di sinistra (ONG) che sulla reputazione degli Stati Uniti d’America in materia di diritti umani”. Come il Journal, Casey e Rivkin dichiarano che sono stati seguiti i suggerimenti del responsabile della sezione statunitense di Amnesty, William Schulz, [il quale aveva in precedenza detto che] il capo del Pentagono Donald Rumsfeld ed altri ufficiali di altro grado responsabili di aver autorizzato certi abusi nel corso degli interrogatori, sarebbero stati da perseguire in giurisdizioni straniere per aver violato [la Convenzione di] Ginevra e le convenzioni internazionali che vietano la tortura nei confronti dei detenuti, se l’Amministrazione avesse continuato a respingere le richieste di rispetto dei diritti umani fatte da avvocati ed associazioni umanitarie e le richieste di indagini indipendenti”. Amnesty “è intrappolata nella mentalità del ventesimo secolo, secondo cui le azioni di Governi sovrani sarebbero una minaccia per la vita e la libertà individuale dei cittadini. Ma non è più così. Le ONG non considerano il fatto che la difesa del popolo americano e la rivendicazione del diritto alla vita di ogni individuo, senza la minaccia o il verificarsi di attacchi terroristici, è anche un loro problema. Sarebbe ora se ne rendessero conto”.

Amnesty, dal canto suo, rimane sulle proprie posizioni. “A Guantanamo gli Stati Uniti hanno istituito un campo di prigionia isolato dove le persone sono state segregate arbitrariamente, è stato loro proibito di comunicare con l’esterno, non sono state mosse nei loro confronti accuse formali e non sono stati eseguiti procedimenti legali. Nemmeno uno dei prigionieri detenuti a Guantanamo ha avuto la possibilità di appellarsi in tribunale contro la propria detenzione”, nonostante una decisione presa dalla Corte Suprema lo scorso anno che lo prevedeva. “Guantanamo è soltanto una parte della storia che riusciamo a vedere. Aumentano le prove in base alle quali [sappiamo che] gli Stati Uniti gestiscono una rete di centri di detenzione, dall’Afghanistan all’Iraq e oltre, dove le persone vengono rinchiuse di nascosto e al di fuori di ogni procedimento legale”, ha ribadito Amnesty, aggiungendo che Bush sa di queste nostre preoccupazioni da tempo, ma non ha mai risposto in merito. “Vale anche la pena notare”, ha sottolineato Schulz, “che questa Amministrazione non trova mai ’assurde’ le nostre critiche nei confronti di Cuba o della Cina o delle violazioni in Iraq durante Saddam Hussein”.

Anche l’insistenza di Bush e Cheney sul fatto che siano i detenuti ad aver inventato gli abusi attira delle critiche. “Basta leggere i rapporti emessi dal Pentagono”, dice Elisa Massimino, direttrice della sede di Washington di Human Rights First, in precedenza Lawyers Committee for Human Rights [comitato di avvocati che si occupa di diritti umani], “dove troviamo un’ampia convalida di gravi abusi”. La signora Massimino ha aggiunto che “l’approccio da struzzo” dell’Amministrazione “è pericoloso. I problemi ci sono e continueranno a rappresentare un pericolo per le politiche ed i cittadini americani fino a quando non vi si porrà rimedio”.

Anche Brody di HRW la pensa allo stesso modo. “Ciò che rattrista è che questa politica forse funziona negli Stati Uniti, ma a meno che l’Amministrazione non risolva le vere questioni che ci stanno a cuore – torture, ribelli, sparizioni, umiliazione sistematica dei prigionieri musulmani – l’immagine degli Stati Uniti nel mondo continuerà a sgretolarsi.

Fonte: IPS - Inter Press Service

 

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11/06/05

 

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