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Giurie e pena di morte
appunti per un seminario

di Claudio Giusti

 
     
 

La tradizione del diritto anglosassone di Common Law prevede che l’imputato sia giudicato da una giuria composta di dodici “suoi pari”. Nei processi capitali questo non succede quasi mai. Gli imputati sono pressoché sempre dei poveri disgraziati: dei miserabili che un tempo avremmo definito sottoproletariato urbano. Al contrario chi li giudica appartiene alla media e piccola borghesia e di questa classe si porta dietro gli stereotipi, i luoghi comuni e i pregiudizi. (Importante: l’imputato può rinunciare al processo con giuria ed essere giudicato da un giudice togato) .
La giuria “agisce come coscienza della comunità” che rappresenta e, dalla sentenza Mcgautha in avanti, sono trent’anni che la Corte Suprema sta lottando per definire il rapporto fra pena di morte e giurie, ma non ha mai considerato che solo un numero piuttosto piccolo degli omicidi finisce davanti ai rappresentanti della comunità.

Il verdetto
La giuria decide il verdetto (colpevole o non colpevole) sempre all’unanimità. Se questa unanimità non viene raggiunta si deve rifare il processo.
Fa eccezione il verdetto in una causa civile che, a seconda degli stati, può essere raggiunto con i 3/4 dei giurati. Inoltre in qualche stato (Arizona, Oklahoma, Oregon), per reati minori, si può usare una giuria di sei persone o fare votare la giuria a maggioranza (9-3, 10-2).
(vedi anche FRIEDMAN LAWRENCE M. “American Law. An Introduction. Revise and Updated Edition”. New York, Norton, 1998. p 191 – 192)

La sentenza
Anche per la sentenza (vita o morte) i dodici giurati devono essere unanimi. Fa eccezione il Texas dove occorre l’unanimità per decidere la futura pericolosità e la mancanza di fattori mitiganti, ma dove l’inverso può essere raggiunto con un voto di dieci a due.
Fino alla sentenza RING in tre stati (Arizona, Idaho e Montana) la sentenza veniva decisa dal giudice e in due (Colorado e Nebraska) da un panel di tre. (Attenzione, RING non è retroattiva e ci possono essere strascichi apparentemente incostituzionali).
Sempre fino a RING in Alabama, Florida, Delaware e Indiana il giudice poteva ribaltare (overrule) la decisione che non era presa necessariamente all’unanimità dalla giuria. Ora l’Indiana prevede l’unanimità mentre il Delaware la prevede solo per la raccomandazione di morte. In Alabama e Florida la giuria non ha ancora l’obbligo di essere unanime e il giudice può ancora ribaltare la raccomandazione. Non è però chiaro se questo sia conforme ai desiderata della Corte Suprema.
(Robert M. Bohm “Deathquest II” Cincinnati, Anderson pub. 2003, p. 47).

In quasi tutti gli stati se la giuria non riesce a raggiungere una sentenza unanime il giudice condanna l’imputato a una pena detentiva, ad eccezione di Arizona e California dove si deve rifare il sentencing e del Nevada dove questo viene deciso dal giudice. Per i complicati dettagli vi rimando a: http://www.cga.ct.gov/2005/rpt/2005-R-0153.htm 

La selezione della giuria
Le liste con i nomi dei potenziali giurati vengono costruite sulla base delle liste elettorali, degli elenchi del telefono o di altre liste simili, come quella delle persone provviste di patente.
I potenziali giurati, a volte centinaia, sono convocati dal giudice (venire) per il voir dire. Sono quindi interrogati singolarmente dall’accusa e dalla difesa. Ognuna delle parti può rifiutare un numero illimitato di giurati “per causa”, ovvero adducendo una valida giustificazione del tipo: “questo giurato è chiaramente prevenuto nei confronti dell’imputato”. Un numero limitato di giurati può essere rifiutato senza spiegazioni (peremptory strikes). Alla fine del voir dire, che può durare settimane, viene così selezionata una giuria di dodici persone più alcuni giurati sostituti (alternates).

Death qualified juries
A partire dalla sentenza WITHERSPOON del 1968 la giurisprudenza consolidata della Corte Suprema prevede che chi è contro la pena di morte non possa fare parte della giuria in un caso capitale, ma, allo stesso tempo, non permette di farne parte a chi è automaticamente sempre a favore dell’imposizione della massima pena, perché le giurie non possono essere delle hanging juries. Il giurato dovrebbe quindi essere in grado di capire quando la pena capitale è o non è adatta al caso specifico che gli sta di fronte, ma vi sono forti dubbi che lo sia.

Conviction prone juries
E’ opinione diffusa che le giurie scelte solo fra persone favorevoli alla pena di morte siano orientate a considerare più favorevolmente le tesi dell’Accusa. Siano cioè più facili a convincere della colpevolezza dell’imputato di quanto lo sarebbe una giuria non death qualified.
Questa constatazione ha prodotto dei sostanziali cambiamenti nella strategia processuale delle Procure. Nel caso di Pia Yates, ad esempio, l’Accusa voleva a tutti i costi la condanna, ma non la voleva a morte. Ha così chiesto la massima pena, assicurandosi una giuria favorevole alle proprie tesi, ma, quando si è arrivati al sentencing, non ha fatto assolutamente nulla per ottenere che la Yates finisse sulla forca.

Batson violation
Se la Procura ricusa dei giurati per soli motivi razziali commette quella che è nota come Batson violation e che può portare all’annullamento del processo (vedi le recenti sentenze MILLER-EL e BANKS). Purtroppo però le Batson violation sono estremamente difficili da provare.
N.B. Nemmeno la Difesa può escludere un giurato sulla base della razza.

Giurati neri
L’esperienza ha dimostrato che la sola presenza anche di un unico giurato nero raddoppia le possibilità che l’imputato non venga condannato a morte. Questo i Procuratori lo sanno bene e hanno preso le loro (illegali) contromisure. Sappiamo di manuali con videocassette utilizzati come “cosi d’aggiornamento” per gli avvocati della Procura. In essi si spiegava come trovare scuse “razzialmente neutre” per evitare che i neri entrassero nelle giurie. Comunque lo strumento principe per liquidare i neri è il peremptory strike, ma in ogni caso occorre una certa connivenza da parte del giudice.
Fra i possibili giurati i più temuti sono le donne di colore e gli appartenenti a classi basse. Questi simpatizzano con le esperienze dell’imputato e sono spesso il solo voto che blocca la condanna a morte. Sempre che il nostro solitario giurato resista alle pressioni degli undici forcaioli. Si conoscono addirittura casi in cui gli undici giurati bianchi hanno deciso di ignorare il solitario giurato nero e di tornare in aula dicendo al giudice che avevano raggiunto una sentenza unanime di morte. Il solitario giurato era così intimidito da non avere il coraggio di raccontare la verità.

Giurie bianche, imputati neri.
Secondo Amnesty International su 18.000 esecuzioni legali avvenute negli attuali Stati Uniti non più di 30 hanno riguardato bianchi rei di avere assassinato un nero. In 10 dei casi il nero ucciso era uno schiavo e quindi il bianco venne impiccato per avere distrutto la proprietà di un altro bianco. Non si conoscono casi di bianchi texani uccisi per l’uccisione di una persona di colore.
Dall’altra parte, dei più di trecento neri uccisi dal 1977, almeno il venti per cento è stato giudicato da una giuria di soli bianchi. Se poi si considerano solo i neri accusati dell’assassinio di un bianco la percentuale sale al venticinque per cento.
Non si conoscono casi di bianchi condannati da giurie formate di solo neri.

Bibliografia
vedi il rapporto del DPIC “The Death Penalty in Black and White” 1998
e quelli di Amnesty International
AMR 51/052/1999 Killing with Prejudice, Race and the Death Penalty
AMR 51/117/2001 Death in Black and White
AMR 51/003/2002 Arbitrary, Discriminatory and Cruel, An Aide Memoire to 25 years of judicial killing


 

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10/07/2005

 

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