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On. Livia Turco,
recentemente lei ha pubblicato il libro "I nuovi italiani" per la casa
editrice Mondadori. Non entro nel merito dei contenuti del libro e
soprattutto della legge sull'immigrazione che porta la sua firma perché
apriremmo un discussione interessante ma fuorviante.
Quello che le chiedo è: come è arrivata a prendere la decisione di
scrivere proprio per la Mondadori?
Si tratta - è noto - della maggiore casa editrice italiana, in grado di
garantire una buona campagna pubblicitaria ed una diffusione capillare
del suo viaggio-inchiesta. Ma è altrettanto noto che si tratta di una
delle (ahimè tante, visto che in 5 anni il centrosinistra non è stato
capace di fare una legge antitrust decente) case editrici di proprietà
della famiglia Berlusconi. Secondo la procura di Milano, addirittura, la
scalata alla Mondadori sarebbe stata viziata da sentenze comprate dallo
staff di Berlusconi anche mediante strane operazioni con i conti
correnti di Previti. Dopo la "vostra" riforma del cosiddetto giusto
processo, bisogna dire che Berlusconi è stato prima assolto per
insufficienza di prove in primo grado e poi salvato dalla prescrizione
in appello (trattandosi di corruzione semplice e non aggravata).
Resta il fatto che la Mondadori, a quanto pare legittimamente, più o
meno, è di proprietà della famiglia Berlusconi.
Attraverso il suo libro (e lo stesso dicasi per "Un paese normale" di
Massimo D'Alema) lei contribuisce agli utili della Mondadori cioè di
Berlusconi.
Possiamo anche dire che lei e D'Alema prendete soldi dalla Mondadori
cioè da Berlusconi? Attraverso legittimi e puliti diritti d'autore, è
chiaro.
In questo non c'è assolutamente niente di male sul piano della legalità,
ma ci sono moltissime riserve sul piano dell'opportunità, che soltanto
chi ha smarrito completamente il senso della coerenza non può cogliere.
Come possiamo aspettarci da lei e da D'Alema una riforma seria della
legge antitrust? Come potremmo aspettarci una seria battaglia per la
legalità e contro i numerosi conflitti d'interessi, anche nel campo
dell'editoria, del nostro attuale Presidente del Consiglio? Come
potremmo aspettarci un'altrettanto seria opposizione?
Vabbè, D'Alema è uno che non mi sorprenderei di vedere un giorno
candidato nelle liste di Forza Italia, ma lei, che è considerata una
brava persona, con quale credibilità - mi chiedo - si presenterà adesso
davanti agli elettori? Come faranno adesso a "fidarsi" di lei?
Lei prenderebbe sul serio un giornalista come Marco Travaglio se
scrivesse per la Mondadori?
Cosa penseranno poi di lei quei giovani scrittori e giornalisti che, per
coerenza con i propri ideali, si rifiutano di prendere in considerazione
anche solo l'idea di scrivere per le case editrici e le testate della
famiglia Berlusconi, rinunciando a guadagni più sicuri?
Allora, torniamo al punto di partenza: perché proprio la Mondadori? Si è
rivolta prima ad altri editori? E' stata la Mondadori a farle la
proposta?
Cosa è successo? Non andavano bene le edizioni dell'Unità o gli Editori
Riuniti o altro?
Come è maturata questa (per me) sconcertante decisione?
Ossequi.
Michele De Benedetto
Taranto
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dell'associazione PeaceLink - 9
luglio 2005
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