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Sui lavori della commissione Alpi-Hrovatin

di Roberto di Nunzio

 
 
 
 
 

"Adesso basta, siamo stanchi, vogliamo la verità. Per quanto ci riguarda la Commissione può fare ciò che vuole, noi non ne vogliamo più sapere nulla". Così Luciana Alpi, la mamma di Ilaria, commenta all'Ansa amareggiata e furente il putiferio accaduto a seguito dell'intervista concessa dal presidente della Commissione Alpi-Hrovatin Carlo Taormina a Gianni Ballarini inviato del settimanale Nigrizia nel numero in edicola. "Siamo stanchi, vogliamo la verità ma questa sembra sempre più lontana. Carlo Taormina non più di due mesi ci spiegò e disse cose completamente diverse da quelle che apprendiamo in queste ore. Basta! Siamo stanchi di queste ipotesi vecchie, ora basta davvero". Ci eravamo ripromessi, anche pubblicamente, di non occuparci più dei lavori della Commissione parlamentare sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, presieduta da Carlo Taormina, per una scelta etica dettata dall'ingorgo giudiziario che lega chi scrive ai vertici della Commissione parlamentare e questa ad alcuni giornalisti "amici" che riportarono sui loro giornali (senza avere alcuna cognizione diretta della vicenda) affermazioni imprecise e diffamatorie sulla mia persona e sulla mia figura di consulente dell'organismo parlamentare nominato dai "Verdi". Ma in questi giorni, si può dire in queste ore, sono accaduti fatti nuovi e di notevole importanza significativi per descrivere lo stato dei lavori della Commissione parlamentare e il clima di confusione e di tensione che si respira all'interno e che mette in serio dubbio persino la possibilità di poter concludere i lavori con una relazione finale come vorrebbe il regolamento parlamentare. Ma andiamo con ordine...

Nei giorni scorsi il presidente della Commissione Carlo Taormina rilascia un'intervista (puntualmente registrata) a Gianni Ballarini, inviato del settimanale dei Comboniani Nigrizia. L'intervista ha l'effetto di un a bomba: "…non ci sono prove sui mandanti italiani, né sul perché siano stati assassinati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin . L'unica cosa certa è che si è trattato di un rapimento finito male" afferma Taormina. L'inviato replica: "E tutti i depistaggi e i blocchi alle indagini accertati?" "Stupidità burocratica, come a Ustica. Parlare di "esecuzione", poi, è una una bufala, si trattò solo di un tentativo di rapimento finito male. Le critiche che giungono da più parti alla Commissione sono delle buffonate da quattro soldi. Parlare poi di "mandanti italiani" è solo un'esercitazione di letteratura giornalistica."conclude Taormina come un fiume in piena e con i nervi ormai saltati.

Ballarini (che abbiamo raggiunto telefonicamente, ndr)riporta fedelmente il contenuto dell'intervista sul suo giornale e quindi prepara del lanci di anticipazione per le agenzie stampa. A quel punto i termini perentori delle dichiarazioni di Taormina fanno il giro delle redazioni dei giornali e arrivano nelle mani dei deputati che fanno parte dell'ufficio di presidenza della Commissione. La decisione dei rappresentanti del centro-sinistra Carmen Motta, Rosy Bindi, Elettra Deiana, Raffaella Mariani, Domenico Tuccillo, Roberta Pinotti e del vice-presidente Raffaello de Brasi è unanime: autosospendersi immediatamente dai lavori della Commissione lasciando così svuotato di ogni potere l'organismo parlamentare e sconfessano pubblicamente le dichiarazion di Taormina: ''Il presidente esprime valutazioni personali che coinvolgono l'intera Commissione e che appaiono del tutto infondate. Arrivando a contraddire decisioni assunte all'unanimità e anticipando conclusioni e rivelando particolari che dovevano rimanere riservati''. Punto.

Carlo Taormina tenta goffamente di smentire quanto dichiarato a Gianni Ballarini e a Nigrizia arrivando persino all'offesa personale nei riguardi del giornalista e del suo giornale "mi rendo conto di aver rilasciato un'intervista a un giornalista a me ignoto allo stesso modo in cui mi era ignota la rivista" afferma il presidente della Commissione in bilico sul filo dell'incomprensibile.

Ma il direttore di Nigrizia, padre Carmine Curci non si lascia sfuggire l'occasione per una replica secca e decisa: "Abbiamo registrato l'intervista con Tormina e l'abbiamo riportata testualmente parola per parola. Confermiamo tutto quello che abbiamo scritto e siamo disposti a riascoltarla davanti a lui e ai giornalisti per dimostrare la nostra professionalità. Piuttosto è Taormina che dimostra ancora una volta di voler giocare con le parole e di affossare la Commissione di inchiesta, credo che non si voglia arrivare ai mandanti e che si voglia invece far cadere tutta la questione. E' ora di finirla con queste storie e ritengo che Taormina non abbia nessuna voglia di arrivare alla verità". Punto.

E' ormai evidente che la Commissione parlamentare sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ha terminato, e nel modo peggiore, delegittimata com'è al suo interno tra le dimissioni dei deputati del centro-sinistra e un vertice composto dal presidente, il capo della segreteria e un ristretto numero di consulenti che hanno perduto il senso stesso della missione istitutiva della Commissione parlamentare, contribuendo a chiudere lungo un binario morto il percorso istituzionale che l'organo parlamentare era stato chiamato a percorrere e che aveva suscitato molte speranze in coloro che in questi 11 anni si erano battuti con impegno e generosità per arrivare a far luce sul dupluice omicidio dei due giornalisti del Tg3 fulminati a colpi di mitra nel centro di Mogadiscio il 20 marzo 1994.

Gli armadi blindati dell'archivio della Commissione Alpi sono pieni di documenti segreti e quindi inediti, di eccezionale valore conoscitivo e interesse giudiziario, pervenuti dalle procure della Repubblica di mezza Italia e dalle locali autorità di polizia giudiziaria che non sono mai stati consultati nè analizzati preferendo concentrare il lavoro della Commissione su marginalità investigative del tutto estranee all'accertamento della verità.
Va ricordato in modo particolare l'atteggiamento posto in essere dal presidente della Commissione nei confronti dei giornalisti presenti a Mogadiscio quel 20 marzo del 1994, ai colleghi del Tg 3 e degli altri media nazionali convocati per le audizioni nell'aula della Commissione: le dichiarazioni dei giornalisti rilasciate in sede di audizione sono state inviate alla procura della Repubblica di Roma evidenziando, secondo il metro di giudizio del presidente, la possibilità di reati di rilevanza penale che i giornalisti avrebbero commesso.

Interi filoni d'indagine sono stati trascurati o, peggio, neppure preliminarmente esplorati. I vertici della Commissione sono rimasti completamente impermeabile non a "suggestioni investigative" ma a quei pur minimi riscontri incrociati della documentazione in archivio che avrebbero con sicurezza portato a fare enormi passi avanti nella ricerca della verità. Un'occasione - forse, se non si fa in fretta - irrimediabilmente perduta.

Arrivare oggi a ridurre la tragica vicenda di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, come ha fatto il presidente Taormina nell'intervista a Nigrizia a "un tentativo di rapimento finito male" entra in collisione con tutte le ricostruzioni fin qui compiute, oltre che con la logica stessa di chi volle e ordinò il duplice omicidio.

Pur se tardivamente, con colpevole ritardo, bene hanno fatto i deputati del centrosinistra ad autosospendersi dai lavori della Commissione. Ma non basta. E' necessario fare il possibile per riportare al centro dei lavori, in questi ultimi mesi di impegno che attendono la Commissione (la scadenza è stata infatti recentemente prorogata all'aprile-maggio 2006), l'eccezionale documentazione raccolta e custodita negli archivi e che contiene la verità su quanto accaduto a Ilaria e Miran. Documentazione "segreta" che rischia di rimanere "segreta" per sempre sepolta negli archivi di Palazzo San Macuto.

Serve ora, subito, senza un attimo di ritardo un eccezionale mobilitazione dell'opinione pubblica e di quei settori della sinistra che fino a oggi non si sono "compromessi" con la Commissione: ad esempio il Partito dei Comunisti Italiani di Armando Cossutta e Oliviero Diliberto che non ha propri rappresentanti all'interno dell'ufficio di presidenza (il "parlamentino" della Commissione) e di tutti quei deputati che siedono nelle file del centrosinistra e che ancora credono che valga la pena di impegnarsi in prima persona, in ogni modo e in ogni sede per arginare la deriva nella quel scivola inesorabilmente la Commissione parlamentare Alpi-Hrovatin.

Delle due l'una: o le dimissioni immediate - senza se e senza ma - dei vertici della Commissione e l'affidamento immediato dell'incarico di presidente a una personalità autorevole del Parlamento, o la creazione di "comitato di controllo e garanzia" sui lavori della Commissione: su quanto è stato fatto fino ad oggi e su quanto sarà possibile fare nei prossimi (pochissimi..) mesi prima della chiusura dei lavori. In ambedua i casi che si riportino nei binari della trasparenza e della massima pubblicità consentita i lavori della Commissione, come è dovere democratico di un organo parlamentare.

L'alternativa è la fine di ogni speranza di poter arrivare a conoscere la verità sul duplice omicidio di Mogadiscio. Aprire quegli armadi dell'archivio, analizzare la documentazione, riscontrare i fatti e incrociarli, questa la sola strada per iniziare una corsa contro il tempo per arrivare alla verità. Per non leggere nero su bianco su una relazione conclusiva depositata in Parlamento che la morte di Ilaria e Miran si riduce a una vicenda di criminalità comune che ha avuto origine in qualche banda somala, "un tentativo di rapimento concluso male."

E dove gli unici imputati sono i giornalisti…

Ricordiamo le parole di Giorgio e Luciana Alpi: "Adesso basta, siamo stanchi, vogliamo la verità. Per quanto ci riguarda la Commissione può fare ciò che vuole, noi non ne vogliamo più sapere nulla".

Roberto di Nunzio
in ReporterAssociati, 4 luglio 2005

 

 

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04/07/2005

 

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