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Giornata della donna
2005. Non mi sarebbe forse venuto in mente di fermare il pensiero su
questa giornata che anno dopo anno stinge il giallo delle sue mimose, se
non fosse che per un fortuito groviglio di circostanze mi sono trovata,
proprio in questi giorni, a dovermi occupare della questione della
«donna
di oggi»,
per fortuna per alcuni temi soltanto. La questione è così massiccia e
magmatica che rischia di coinvolgere a fondo una donna come me, che non
ha gli strumenti necessari per scandagliarla con competenza e con
lucidità, ma che comunque via via negli anni si è scoperta una forte
carica empatica per ciò che alle donne attiene.
“Femminista” sono chiamata dagli uomini del mio giro di amicizie, ma in
verità lo sono solo nell’accezione più blanda, meno propria del termine.
Non ho vissuto infatti l’esperienza del femminismo nascente degli anni
Settanta, pur avendo avuto allora l’età per scendere in campo, per
partecipare ai movimenti delle donne. Dov’ero? Che facevo allora?...
Appena laureata, appena felicemente sposata, appena avuto l’incarico
nella scuola, incominciavo a costruire il mio personale, privato
progetto di vita.
La Storia “rivoluzionaria” (dal Sessantotto in poi) mi sfilava sotto le
finestre di casa, ne coglievo voci attutite. Anagraficamente appartengo
alla generazione dei “Baby Boomers”, ma l’ energia battagliera del
rinnovamento, della progettualità dei giovani del secondo dopoguerra io
la spendevo per me stessa.
Ecco perché mi sono sentita un po’ colpevole, al termine della lettura,
conclusa pochi giorni fa , del libro “Baby
Boomers. Vite parallele dagli anni Cinquanta ai cinquant’anni”
(ed. Giunti. 2003 . collana Astrea) scritto da quattro
intellettuali italiane del calibro di Rosi Braidotti, Roberta Mazzanti,
Serena Sapegno, Annamaria Tagliavini.
E’ stato un incontro casuale, nel corso della mia ricerca di
documentazione al femminile, con una scrittura a mezzo fra
autobiografia, parola viva dell’autocoscienza, scrittura “d’esperienza”
( definizione cara a Lea Meandri), che mi ha messo di fronte quattro
figure di donne dalla personalità complessa, conflittuale, protagoniste
di quella prima stagione femminista, evolutasi poi secondo direzioni
diverse ma ancora feconda, indubbiamente meritevoli di avere dato
spessore intellettuale e stimoli organizzativi al processo di
autoconsapevolezza delle donne e conseguentemente allo sforzo di rottura
delle strutture culturali e sociali che negavano alle donne dignità e
diritti nella “differenza”.
Ho letto con forte partecipazione i quattro percorsi di vita,
ritrovandovi, nonostante la distanza sopra accennata, anche una buona
dose di esperienze, costumi, emozioni, pensieri “miei”. Un travaso di
vita di donna in donna. Mi ha però colpito lo scandaglio analitico
dentro il corpo, la coscienza, la mente della donna, la profondità di
riflessione di cui io non sarei certo capace.
Fresca di questa lettura, in omaggio alla giornata della donna 2005,
stralcio alcuni brani “di conclusione” – relativi a questi ultimi anni -
che mi sono sembrati interessanti e condivisibili.
Ù
Anna Tagliavini
(Una giovinezza emiliana)
Fare questo lavoro ( dirigere la Biblioteca Italiana delle donne di
Bologna) mi ha inoltre consentito di praticare il femminismo, di poter
in qualche modo seminare, ma anche raccogliere i frutti di un forte
investimento politico-esistenziale. Le donne in Italia e in buona parte
del mondo cosiddetto occidentale hanno guadagnato molto terreno e io mi
sento assolutamente partecipe di questo progresso. Molto resta ancora da
fare qui per estendere i diritti acquisiti alle nuove cittadine che
vengono da altrove, e per realizzare una vera presenza femminile nei
luoghi di potere. L’Italia infatti è ancora il fanalino di coda, per
quanto riguarda la rappresentanza politica e il compiuto protagonismo
femminile nelle istituzioni, ma un buon tratto di strada rispetto al
mondo della mia infanzia e della mia giovinezza l’abbiamo percorso, ora
va migliorato e difeso dai backlashes che la storia, come sappiamo, può
inaspettatamente riservare, facendo riaffiorare improvvisamente la
barbarie dentro stagioni apparentemente civili . ( pag. 50)
Ù
Roberta Mazzanti
(La gente sottile)
La tentazione che mi prende in modo ricorrente è quella di farmi da
parte, di procurarmi un tempo meglio svincolato dal lavoro e dalle
incombenze che mi occupano con i loro tanti frammenti produttivi, per
sprofondare in un intervallo il più possibile silenzioso e riflessivo.
Mi guardo intorno, ritrovo altre e altri che superano il limite fra
sforzo produttivo e risorse -di tempo, di energie, di equilibrio- e mi
chiedo se trent’anni fa, quando teorizzavamo il rifiuto di un lavoro
alienante e del sistema che grazie a questo avanzava traballando e
travolgendo, avremmo mai pensato di trovarci perennemente affannate,
quasi ossessionate dal nostro cattivo rapporto fra il tempo e il fare…
(pag. 94)
Ù
Serena
Sapegno (Emotional rescue)
Nello strisciante e profondo senso di insicurezza che sembra
caratterizzare così fortemente i nostri giorni e suscitare con la paura
ogni sorta di miseria umana, noi figlie dell’abbondanza e dell’illusione
di un sogno migliore senza guerre e in costante progresso, abbiamo fatto
le esperienze utile che le diversità non sono necessariamente l’una
contro l’altra armate e che i conflitti non sono sempre necessariamente
distruttivi, anche se sempre faticosi. Questo non ci toglie la paura, ma
ci dà ancora il privilegio di credere tenacemente nelle possibilità del
dialogo, delle alleanze, di un incontro a partire dall’acquisito e non
negoziabile rifiuto di qualsiasi base “naturale” all’oppressione o alla
soggezione di bambini, donne o uomini. (pag. 136)
Ù
Rosi
Braidotti (Una vita a zig zag)
Io mi sento a mio agio ogni qualvolta trovo dei gruppi di donne: da
Buenos Aires a Helsinki, da Houston a Ravenna, la mia terra di
appartenenza sono i luoghi in cui agiscono le donne in lotta, con le
quali lavoro e dialogo quotidianamente. Essere un soggetto nomade non
significa essere senza patria, ma piuttosto poter ricostruire il proprio
senso di appartenenza e ricostruire dovunque il proprio campo base. Da
anni attraverso un mondo vasto e spesso indefinito, materiale ma anche
immaginario, quello delle nuove forme di socializzazione, dei modi
alternativi di stare al mondo, di lavorare e di produrre, che sono stati
inventati dalle donne. Come dire che, da vero soggetto nomade, mi
accampo di preferenza in territorio femminista. (pag. 189)
Rosi Braidotti, Roberta
Mazzanti, Serena Sapegno, Annamaria Tagliavini
Baby Boomers.
Vite parallele dagli
anni Cinquanta ai cinquant'anni
Edizioni Giunti, 2003. Collana Astrea
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