agli incroci dei venti

 
 
 
 

8 marzo

di Laura Montanari

 
 

Giornata della donna 2005. Non mi sarebbe forse venuto in mente di fermare il pensiero su questa giornata che anno dopo anno stinge il giallo delle sue mimose, se non fosse che per un fortuito groviglio di circostanze mi sono trovata, proprio in questi giorni, a dovermi occupare della questione della «donna di oggi», per fortuna per alcuni temi soltanto. La questione è così massiccia e magmatica che rischia di coinvolgere a fondo una donna come me, che non ha gli strumenti necessari per scandagliarla con competenza e con lucidità, ma che comunque via via negli anni si è scoperta una forte carica empatica per ciò che alle donne attiene.
“Femminista” sono chiamata dagli uomini del mio giro di amicizie, ma in verità lo sono solo nell’accezione più blanda, meno propria del termine. Non ho vissuto infatti l’esperienza del femminismo nascente degli anni Settanta, pur avendo avuto allora l’età per scendere in campo, per partecipare ai movimenti delle donne. Dov’ero? Che facevo allora?... Appena laureata, appena felicemente sposata, appena avuto l’incarico nella scuola, incominciavo a costruire il mio personale, privato progetto di vita.
La Storia “rivoluzionaria” (dal Sessantotto in poi) mi sfilava sotto le finestre di casa, ne coglievo voci attutite. Anagraficamente appartengo alla generazione dei “Baby Boomers”, ma l’ energia battagliera del rinnovamento, della progettualità dei giovani del secondo dopoguerra io la spendevo per me stessa.
Ecco perché mi sono sentita un po’ colpevole, al termine della lettura, conclusa pochi giorni fa , del libro
Baby Boomers. Vite parallele dagli anni Cinquanta ai cinquant’anni (ed. Giunti. 2003 . collana Astrea) scritto da quattro intellettuali italiane del calibro di Rosi Braidotti, Roberta Mazzanti, Serena Sapegno, Annamaria Tagliavini.
E’ stato un incontro casuale, nel corso della mia ricerca di documentazione al femminile, con una scrittura a mezzo fra autobiografia, parola viva dell’autocoscienza, scrittura “d’esperienza” ( definizione cara a Lea Meandri), che mi ha messo di fronte quattro figure di donne dalla personalità complessa, conflittuale, protagoniste di quella prima stagione femminista, evolutasi poi secondo direzioni diverse ma ancora feconda, indubbiamente meritevoli di avere dato spessore intellettuale e stimoli organizzativi al processo di autoconsapevolezza delle donne e conseguentemente allo sforzo di rottura delle strutture culturali e sociali che negavano alle donne dignità e diritti nella “differenza”.
Ho letto con forte partecipazione i quattro percorsi di vita, ritrovandovi, nonostante la distanza sopra accennata, anche una buona dose di esperienze, costumi, emozioni, pensieri “miei”. Un travaso di vita di donna in donna. Mi ha però colpito lo scandaglio analitico dentro il corpo, la coscienza, la mente della donna, la profondità di riflessione di cui io non sarei certo capace.
Fresca di questa lettura, in omaggio alla giornata della donna 2005, stralcio alcuni brani “di conclusione” – relativi a questi ultimi anni - che mi sono sembrati interessanti e condivisibili.

 

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Anna Tagliavini (Una giovinezza emiliana)
Fare questo lavoro ( dirigere la Biblioteca Italiana delle donne di Bologna) mi ha inoltre consentito di praticare il femminismo, di poter in qualche modo seminare, ma anche raccogliere i frutti di un forte investimento politico-esistenziale. Le donne in Italia e in buona parte del mondo cosiddetto occidentale hanno guadagnato molto terreno e io mi sento assolutamente partecipe di questo progresso. Molto resta ancora da fare qui per estendere i diritti acquisiti alle nuove cittadine che vengono da altrove, e per realizzare una vera presenza femminile nei luoghi di potere. L’Italia infatti è ancora il fanalino di coda, per quanto riguarda la rappresentanza politica e il compiuto protagonismo femminile nelle istituzioni, ma un buon tratto di strada rispetto al mondo della mia infanzia e della mia giovinezza l’abbiamo percorso, ora va migliorato e difeso dai backlashes che la storia, come sappiamo, può inaspettatamente riservare, facendo riaffiorare improvvisamente la barbarie dentro stagioni apparentemente civili . ( pag. 50)
 

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Roberta Mazzanti (La gente sottile)
La tentazione che mi prende in modo ricorrente è quella di farmi da parte, di procurarmi un tempo meglio svincolato dal lavoro e dalle incombenze che mi occupano con i loro tanti frammenti produttivi, per sprofondare in un intervallo il più possibile silenzioso e riflessivo. Mi guardo intorno, ritrovo altre e altri che superano il limite fra sforzo produttivo e risorse -di tempo, di energie, di equilibrio- e mi chiedo se trent’anni fa, quando teorizzavamo il rifiuto di un lavoro alienante e del sistema che grazie a questo avanzava traballando e travolgendo, avremmo mai pensato di trovarci perennemente affannate, quasi ossessionate dal nostro cattivo rapporto fra il tempo e il fare… (pag. 94)
 

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Serena Sapegno (Emotional rescue)
Nello strisciante e profondo senso di insicurezza che sembra caratterizzare così fortemente i nostri giorni e suscitare con la paura ogni sorta di miseria umana, noi figlie dell’abbondanza e dell’illusione di un sogno migliore senza guerre e in costante progresso, abbiamo fatto le esperienze utile che le diversità non sono necessariamente l’una contro l’altra armate e che i conflitti non sono sempre necessariamente distruttivi, anche se sempre faticosi. Questo non ci toglie la paura, ma ci dà ancora il privilegio di credere tenacemente nelle possibilità del dialogo, delle alleanze, di un incontro a partire dall’acquisito e non negoziabile rifiuto di qualsiasi base “naturale” all’oppressione o alla soggezione di bambini, donne o uomini. (pag. 136)
 

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Rosi Braidotti (Una vita a zig zag)
Io mi sento a mio agio ogni qualvolta trovo dei gruppi di donne: da Buenos Aires a Helsinki, da Houston a Ravenna, la mia terra di appartenenza sono i luoghi in cui agiscono le donne in lotta, con le quali lavoro e dialogo quotidianamente. Essere un soggetto nomade non significa essere senza patria, ma piuttosto poter ricostruire il proprio senso di appartenenza e ricostruire dovunque il proprio campo base. Da anni attraverso un mondo vasto e spesso indefinito, materiale ma anche immaginario, quello delle nuove forme di socializzazione, dei modi alternativi di stare al mondo, di lavorare e di produrre, che sono stati inventati dalle donne. Come dire che, da vero soggetto nomade, mi accampo di preferenza in territorio femminista. (pag. 189)
 

Rosi Braidotti, Roberta Mazzanti, Serena Sapegno, Annamaria Tagliavini
Baby Boomers.
Vite parallele dagli anni Cinquanta ai cinquant'anni
Edizioni Giunti, 2003. Collana Astrea

 

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28/02/05

 

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