agli incroci dei venti: società

 
 
 
 

La necessita’ e il caso

di Sergio Tardetti

 
 

Abbiamo imparato, noi della generazione post-bellica, che “la necessità aguzza l’ingegno”, che “bisogna fare di necessità virtù” e che, spesso, “l’occasione – ovvero il caso - fa l’uomo ladro”. Condensati di esperienze millenarie, riassunte ad uso delle future discendenze, moniti a sani comportamenti “sociali”, contrapposti a malsani comportamenti “antisociali”, i detti popolari sono stati il faro verso il quale orientarsi nelle notti buie e tempestose che, in questa come in altre epoche, hanno rappresentato e rappresentano la norma nella condizione umana. Caso e necessità hanno rappresentato, secondo quanto insegna Jacques Monod nel suo fondamentale saggio, i solidi binari sui quali ha viaggiato l’inarrestabile treno della selezione della specie. Nonché essere antitetici, i due termini sono risultati naturalmente complementari, una coppia perfetta alla ricerca di una sempre più elevata e complessa perfezione del genere umano. Poteva dunque l’uomo, inteso come prototipo e simbolo della società intera, obliarne uno a tutto vantaggio di un altro, esaltarne uno rendendo l’altro spregevole, misconoscere il valore dell’uno a totale credito dell’altro? A giudicare dai segni dei tempi, sembrerebbe di dover rispondere sì. Ma procediamo per gradi. Ciò che risulta necessario nell’esistenza quotidiana, studiare, lavorare, conformarsi alle usanze e alle leggi, è sempre stato anche foriero di dolori, fatiche e disagi, mal tollerato ma nello stesso tempo rassicurante, proprio perché certo e noto. Forse per questo è sempre stato connotato con valenze positive, per rendere, insomma, il pesante fardello della necessità più lieve da sopportare e più facile da accettare. Il caso, al contrario, nel comune sentire assume valenze fortemente negative, la dura certezza della condizione umana si contrappone alla lieve ma pericolosa incertezza delle innumerevoli prospettive aperte dall’evento accidentale. L’uomo comune, reso edotto delle vicissitudini patite per effetto del caso da parte dei suoi antenati e predecessori, preferisce incamminarsi su sentieri noti e battuti, dove il rischio dovuto all’incontro con la casualità è decisamente basso. Il prezzo da pagare per tante rassicuranti certezze è spesso quello di una vita monotona e grigia, lontana dai riflettori della cronaca, nera o rosa che sia, incanalata nei binari di un’esistenza comune e priva di slanci ideali. Tanto è piaciuto e piace questo modello, senza avventure né per il corpo né per lo spirito, che è diventato a lungo andare il più ricercato e perseguito da parte di quella fetta dell’umanità che può permettersi di praticarlo, a spese di una parte ben più consistente della stessa umanità, per la quale l’esistenza è seriamente e totalmente affidata alla casualità più spietata. Per molti di costoro nascere, esistere e morire rappresentano l’unica vera avventura che possono permettersi di vivere. Una vita ‘sequenziale’, ‘seriale’ come le storie che tanto amano ascoltare coloro che trascorrono l’intera esistenza senza alcun sussulto, affidando i loro sogni, le loro speranze e i loro desideri a personaggi da fiction, attraverso i quali, comodamente adagiati nelle poltrone dei loro salotti, realizzano la componente casuale dell’esistenza. Costoro guardano con disprezzo, ma anche con invidia, quelle piccole frange di irriducibili, per i quali la vita è una continua sfida, un perenne desiderio di uscire dagli schemi, di volare a quote stratosferiche, di andare a vedere oltre la curva della vita. Il tempo, grande galantuomo, è necessariamente passato da quei lontani giorni ricordati nell’esordio e la generazione post-bellica è stata messa in soffitta, accanto alla generazione post-sessantotto e a quella post-comunista. Spesso le tre situazioni si sono identificate nella stessa persona, sempre più incerta e confusa, incapace di spiegarsi questo trasloco dall’altare alla polvere. Adesso impera una nuova generazione, la generazione ‘post’, intesa sia come generazione che ha voluto dare una taglio netto al passato, lasciandoselo definitivamente alle spalle, sia come la generazione del post, messaggio breve, a volte brevissimo, che affolla le pagine di diari on line virtuali, che spesso raccontano di esistenze altrettanto virtuali. Fatte salve, naturalmente le dovute eccezioni costituite, guarda caso, da ex post fermamente intenzionati a riabilitarsi e a riprendere possesso a pienissimo titolo della scena. Giù di nuovo dalla soffitta per tornare in piazza, anche se stavolta si tratta di piazza virtuale, una e-piazza: l’importante è partecipare. E mentre si affannano ad inseguire miti e chimere di quest’epoca post – tutto, nel frattempo gli inseguiti, i post – post, sono già miglia avanti, alla ricerca di qualcosa che possa marcare in maniera indelebile questa generazione senza desideri, in fuga da tutto, in primo luogo dalla realtà e, soprattutto, dalla necessità. Questa parola, totalmente assente dal loro vocabolario, che così fortemente ha connotato le esistenze delle generazioni precedenti, ha finito per suonare vuota ed è stata abbandonata al suo destino di post. Si sa, tuttavia, che il vuoto è solo una condizione temporanea e artificiale e, presto o tardi, qualcuno o qualcosa provvede a colmarlo. Scomparsa la Necessità, quale migliore occasione per portare sulla ribalta il Caso, con tutte le sue implicazioni, grandi o piccole, particolari o generali, sulle esistenze di ciascuno e di tutti? La prova di questo cambiamento ce la forniscono certe applicazioni per computer utilizzate per la gestione di apparecchi riproduttori di suoni. Il software, un tempo ineluttabile nella sua esecuzione come il Destino, obbligatoriamente prevedibile nei suoi percorsi e nei suoi comportamenti, sta abbandonando, a poco a poco la sua rigida sequenzialità, per cedere il passo definitivamente al Caso. E non si tratta dell’ultima follia dei produttori di software, ma di una evidente richiesta avanzata dal mercato dei consumatori di riproduttori di suoni, per lo più giovani e giovanissimi che sdegnano tutto ciò che è prevedibile e certo, per ricercare il casuale e l’imprevedibile. Che questi apparecchi dispongano solo di una funzione che consente l’ascolto random dei brani, escludendo totalmente l’ordine sequenziale è un chiaro segno della definitiva sconfitta della necessità, materializzata nei nostri arcaici dischi di vinile e negli altrettanto ormai obsoleti CD. Non vogliamo più sapere cosa ci attenderà dopo, viviamo l’istante e poi l’istante ancora. Lasciamo che altri siano soggetti alle dure leggi della necessità, che altri soffrano per noi, che pensino per noi, che decidano per noi. Noi, nel frattempo, ci sentiamo rinnovati in ogni attimo della nostra esistenza, lontani dalla dura fatica del pensare e del decidere. Lasciamo che sia il caso a guidare le nostre esistenze, tentando di dimenticare che l’ultima e più grande Necessità, comunque, sta sempre in agguato e che prima o poi con essa dovremo confrontarci: lei è lì che aspetta, paziente e ineludibile.

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 28/02/05

 

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