agli incroci dei venti |
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La vita è un incessante processo di costruzione e decostruzione, di perdita di oggetti d’amore e di recupero dei medesimi, magari dopo anni di sedimentazioni profonde, di lutti, rinunce, sofferenze, fratture e riparazioni riconciliative con Sé e con l’Altro. In questo senso la vita è un incessante processo di ritrovamento continuo e autopoietico di Sé attraverso l’Altro, e dell’Altro attraverso il Sé, mediante la morte e la rinascita continua della relazione, che è una sorta di invariante funzionale culturale e simbolico imprescindibile. Un altro invariante funzionale è il Tempo, attraverso cui la Relazione si perde e si ritrova, come un “cordone ombelicale mobile”, filo rosso che si dissolve via via nell’assenza, per poi ricostituirsi nutritivamente in rappresentazioni simboliche e culturali superiori, in un oltre del Tempo che giunge fino alla morte del soggetto vivente, ma non delle sue tracce rappresentative e di memoria, che ritornano via via in altri Sé, in altre rappresentazioni. Da tale prospettiva i processi artistici possono essere visti come riannodamento del cordone ombelicale-relazione, mediante un tuffo regressivo nel Precedente-Primitivo, che sfocia poi in un Ulteriore-Simbolico. Il processo psichico vitale che sto descrivendo, possiamo definirlo, con una metafora evocatrice di sensi plurimi, come “ampliamento del senso del Sè mediante il continuo ritrovamento di una Ulteriorità Precedente”. Perdere gli oggetti d’amore originari, per poi ritrovarli, come “trasfigurati”, ri-simbolizzati, nel territorio temporale (Spazio-Tempo) di una ulteriorità non ancora pensata (sconosciuta), significa mantenere in dialettica due frecce del Tempo: una orientata verso un passato sempre più remoto e non pensato mai abbastanza; l’altra verso il futuro, spazio aperto di evocazioni. In questa dialettica che permane nell’impermanenza del passare del tempo, nella caducità dell’Io e delle sue strutture psicofisiche costitutive, l’oggetto-perduto-e-ritrovato non può che essere “oggetto virtuale” (sempre perduto e simultaneamente sempre-da-trovare. E’ mia convinzione che lo spazio “virtuale” della tecnologia informatica che ha generato il web, si presti moltissimo a disporsi come teatro simbolico nel quale i temi di cui ho parlato sin qui vengono evocati, ma anche deformati e resi particolarmente critici. Si tratta ancora una volta, in qualche modo, del tema perenne e mai esaurito dell’”identità” e della “differenza” (ne sono consapevole). Ma mai come oggi, Tempo in cui l’omologazione delle identità tramite i mass media tende ad appiattire la relazione tra distinti riconosciuti come tali, il tema della soggettività e della sua precarietà e fragilità, sembra reclamare a gran voce un suo spazio. I temi conduttori di questa rubrica saranno dunque ispirati da queste premesse, da queste riflessioni, che non cessano mai di osare la speranza di un futuro articolato in un sempre più libero gioco di molteplicità che si arricchiscono reciprocamente. |
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28/02/05 |
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