agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti agli incroci dei venti  
 
 
 

 Quando è buio nella sala

 Riflessioni di un cinefilo impenitente

 

di Sergio Tardetti

 
 

Da quando il cinema è sceso in campo per competere con la televisione, ha cercato sempre di colpire lo spettatore.
A volte lo colpisce allo stomaco, a volte al cuore, a volte ne insidia occhi e orecchie, raramente lo colpisce al cervello.
In questa continua sfida con la rivale ha spesso finito per perdere ai punti e, per evitare di soccombere definitivamente, non ha saputo fare di meglio che mettere mano alla borsa.
Ecco quindi produzioni sempre più sfarzose e budget sempre più astronomici, nel tentativo di recuperare - per lo più invano e spesso in ritardo - gli spettatori perduti.
Ne sa qualcosa chi frequenta con una certa assiduità le sale cinematografiche, dove sempre più rare sono le platee interamente esaurite, nonostante le astute operazioni di marketing operate dai gestori e la moltiplicazione miracolosa delle offerte attraverso il meccanismo schizofrenico dei multisala.
E per chi vive in provincia, come vanno le cose? Lontano dai clamori delle prime e primissime visioni, in assenza di politiche di recupero degli spettatori perduti, il cinema, non più da decenni spettacolo popolare, stenta e vive alla giornata.
Si risparmia su tutto, in inverno anche sul riscaldamento, non si investe più in innovazione, anche la più elementare e necessaria, come la sostituzione di lenti e lampade di proiettori, ormai degni di essere collocati a riposo e di figurare con onore in un museo del cinema.
Lo spettatore che un tempo si accalcava allo sportello del botteghino come all’ingresso di un luogo di culto e meta di pellegrinaggio, diserta in massa il triste squallore della sala durante lo spettacolo.
Se ne resta a casa, dove gli giungono comodamente le ultimissime novità via satellite, attraverso i vari network che ormai distribuiscono film di recentissima visione o addirittura mai proiettati.
Frattanto, non disponendo di mezzi adeguati per passare al contrattacco, si tenta una patetica e temeraria resistenza, ad opera di noi pochi, noi happy few.
Abbandonati i sicuri divani dei nostri confortevoli soggiorni, ci sprofondiamo in tristi e scomodissime poltrone, un tempo di legno, ora ricoperte da sottili strati di imbottiture ignifughe, unica concessione al lusso e alle mollezze.
Una innovazione necessaria, fatta più per ottemperare agli obblighi imposti dalle normative in tema di sicurezza nei locali pubblici che per il piacere di offrire un qualche genere di conforto allo spettatore pagante.
Scomparso il biglietto omaggio, ridotto ai minimi termini il “ridotto”, ogni visione richiede un obolo che, anche nelle sale più periferiche, si attesta ormai a quota euro 6 e 50.
Ma il cinema, ultracentenario con il vizio del lifting, a cui continuamente si sottopone per nascondere quelle rughe che certamente lo farebbero più bello e più vero, prosegue imperterrito il suo cammino, con lo sguardo sempre rivolto alla tanto agognata meta del profitto che precede sempre, in ordine di importanza, il successo e che sempre più raramente, a conti fatti, lo affianca.
Il film è una pietanza che va servita e consumata calda.
Guai a farla raffreddare, se non si vuole rinunciare quanto meno al recupero degli investimenti.
Ormai tutti hanno cominciato a riflettere sui clamorosi insuccessi di un passato più o meno recente e la sindrome di Cimino - ricordate "I cancelli del cielo"? - è in agguato dietro ogni nuova produzione, pronta a fare sfracelli degli incauti attori, registi o investitori che hanno avuto parte all'ennesimo, ma non certamente ultimo, insuccesso.
Allora, via il superfluo: via le comparse, via gli scenari, via gli attori… si, via anche loro.
Eccoli i nuovi interpreti: sintesi elettronica di personaggi reali o realistici, ultimi in ordine di tempo a pagare per le troppe spese e le poche idee che un cinema incapace di rinnovarsi ha saputo, o spesso non ha saputo, mettere sulla scena.
Non si tratta più solamente di cartoni, come la conturbante Jessica Rabbit, compagna del coniglio Roger, o di effetti speciali capaci di contraddire ogni legge della fisica classica, ma di veri e propri cloni elettronici di attori in carne ed ossa.
Protagonista recente di questa stravagante operazione è il bravo e simpatico Tom Hanks, al quale era peraltro già accaduto di aggirarsi, lui essere di questo mondo, sul set di "Forrest Gump" tra i fantasmi ultramondani di personaggi del passato, resi ancora più fantasmatici da un bianco e nero d'antan.
E se in "Dogville" Lars Von Trier aveva rinunciato alle scenografie per dare maggior corpo alla emozionante recitazione di un cast di ottimi comprimari, ecco Bob Zemeckis rinunciare anche al corpo dell'attore nel suo "Polar Express" prossimamente nelle sale, per fargliene indossare ben cinque, tutti diversi.
Il cast del futuro sarà dunque sempre più un "one man show" ? Sarà dunque questo il percorso virtuoso che consentirà di ridurre i costi di produzione e nello stesso tempo di rivitalizzare il rapporto ormai raffreddato con lo spettatore?
Che ne sarà di Marilyn, di Humphrey, di Paul, di Sean, di Liz, di Marlon, di Brigitte e di Jean, di Marcello, di Massimo, di Vittorio, di Gina e Sophia e dei mille altri che sono stati e sono la carne e l'anima del cinema? Piangeremo e rideremo sulle sorti dei nuovi replicanti, assisteremo ad una specie di indecifrabile "Blade runner"?
Spettatori di tutto il mondo: uniamoci! Si cerchi ovunque un novello Rick Deckart - Harrison Ford e gli si dia mandato di perseguire senza tregua i mostri alieni che attentano alle nostre emozioni. O, altrimenti, si accetti l'idea di potersi innamorare di una replicante Marilyn e fuggire con lei lontano da questa sala, perennemente impregnata dall'odore del fumo di quando ancora si poteva, verso un improbabile happy end che qualsiasi film, che intenda fregiarsi dell’attributo di ‘postmoderno’, rifugge ormai dal proporre. Ma, ecco, il fascio di luce non danza più nell’aria, lo schermo ritorna vuoto e immobile, le luci si accendono, la sala lentamente si svuota. E, adesso, chi sveglierà lo spettatore addormentato?

 
 
 
 

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