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Fino a dove?

di Simone Morgagni

 
     
 

Prendersi delle libertà nei confronti della legge pare essere un comportamento sempre più in voga nella società odierna. Assumere comportamenti che esulano dal rispetto della legge per i più svariati motivi è divenuto ormai un modo come un altro per fare politica. Comportamenti che fino a pochi anni fa sarebbero apparsi inconcepibili e senza dubbio pesantemente sanzionabili sono ormai entrati nella quotidianità.
Tutto questo nascosto sotto l’apparente nobile copertura del termine “disobbedienza civile”.
Il termine in sé ha lontane radici filosofiche e fu utilizzato per la prima volta dal filosofo americano Henry Thoreau nel 1866. Il suo pensiero ebbe poi un’enorme influenza su Gandhi, che lo avrebbe tradotto in pratica nella sua lotta per l’indipendenza indiana, e su Martin Luther King, che si ispirerà all’opera di Thoreau nella sua battaglia in favore dei diritti dei neri americani. Questi e altri esempi del passato sembrerebbero giustificare appieno l’utilizzo di una tattica non convenzionale come la disobbedienza civile per la gestione e la risoluzione di problemi sociali e giuridici, ieri come nella nostra vita di ogni giorno.
Bisogna però notare come in una democrazia come la nostra sia il rispetto stesso della legge ad essere lo stato, come una democrazia non sia più tale se la disobbedienza alle leggi, quindi allo stato di diritto democratico, si generalizza. La disobbedienza civile quindi, come del resto diceva già la carta dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, è accettabile solo in quei casi in cui si resista all’oppressione dei diritti naturali e imprescindibili dell’uomo. Può essere accettata solo nei casi in cui vige un ordine manifestamente illegale o, come ha da poco specificato la Corte europea dei diritti dell’uomo, nei casi in cui un individuo è obbligato ad un atto profondamente contrario alle sue intime convinzioni.
Ora, tutti i casi in cui noi vediamo invocato questo termine suggestivo ed evocativo difficilmente fanno parte dei casi sopraccitati. Non credo entrino a farne parte le azioni delle tute bianche da Seattle in poi, le azioni degli antiabortisti contro le cliniche specializzate, i matrimoni gay celebrati da sindaci italiani e francesi nell’ultimo anno.
Ricorrere in un paese come il nostro alla disobbedienza civile significa in primo luogo ammettere che i mezzi di protesta, discussione e confronto legali non sono sufficienti, significa ammettere dunque che la nostra democrazia non prevede sufficienti spazi per il cittadino. Perché occupare un Mc Donald's quando si sarebbe potuta organizzare una campagna di volantinaggio, una proposta di legge, una serie di conferenze? Certamente, ed è qui la chiave della vicenda, con un atto dichiaratamente fuori dalle righe, si ottiene una rilevanza mediatica molto maggiore, ad una spesa praticamente nulla. Questi sono quindi da interpretare come gesti prettamente mediatici, ma a volte pericolosi per il processo democratico, perché per farlo procedere, altro non fanno che saltarlo direttamente.
Una scelta del genere non credo sia quindi condivisibile nella gestione della vita politica quotidiana perché pericolosa per l’istituzione democratica e svilente per quei casi in cui essa diviene indispensabile e, invece di svettare grazie alla propria eccezionalità, viene ad essere sepolta sotto un mare di disobbedienza di secondo e terz’ordine. D’altra parte sono sicuro che coloro che applicano questa -disobbedienza civile limitata- non siano poi così liberali da accettare che altri si comportino come loro invocando però valori opposti. Immaginate la dirigenza dell’Eni che occupa le sedi di Greenpeace per protestare contro nuove tasse antinquinamento o la polizia che tira uova ai New Global per protestare contro il carico di lavoro che le manifestazioni di piazza provocano. Immaginate poi cosa succederebbe nei casi in cui i valori in gioco siano quelli davvero importanti, siano i grandi principi della vita umana. Immaginate cosa succederebbe tra i disobbedienti cattolici che sostengono i diritti dei bambini a nascere e i disobbedienti laici che sostengono i diritti delle donne a disporre del proprio corpo. E’ evidente che una situazione del genere sarebbe la fine del modello democratico occidentale.
Non si mette in discussione l’importanza dei principi morali invocati che permettono di sottrarsi alla legge, essi devono essere difesi ad ogni costo. Tuttavia se ne vede chiaramente il limite: chi decide che un certo valore morale è superiore alla legge? La storia ha mostrato che la disobbedienza civile è un dovere prima che un diritto dei cittadini, ma siamo sicuri che tutti quegli atti che noi definiamo così siano davvero uno di questi pochi ed importantissimi casi? Magari no.

 
 
 
 

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