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Giornalismo

di Riccardo Orioles
 

 
 

Che differenza c'e' fra il giornalismo - per esempio - di Feltri e quello - per esempio - di Baldoni? Non parlo di differenze "politiche". Da un punto di vista tecnico, voglio dire.
La differenza e' che Feltri grida, mentre Baldoni parla a bassa voce.
Non e' una novita': anche Appelius gridava ("Il generale Badoglio e' entrato ieri ad Addis Abeba") e anche Hemingway ("Vecchio al ponte")parlava a bassa voce. Destra e sinistra dunque, attraverso le generazioni? Non solo. C'e' qualcosa di piu', che attiene proprio alle radici profonde del mestiere.
Il giornalismo di Feltri nasce in un mondo sostanzialmente povero di notizie. Un mondo in cui cio' che succede accade lontano, arriva tardi, e incide relativamente poco sulla vita quotidiana. Quest'ultima, a sua volta, e' una vita "normale". Di una normalita' che nessuno mette in discussione. "Il generale e' entrato ad Addis Abeba"? E che ce ne frega. Non ha importanza, poi, sapere che cosa ne pensa il barbiere di Addis Abeba. Tanto non lo incontreremo mai - il mondo in cui viviamo non ha nulla a che vedere col suo.
Da questo discendono subito due cose. La prima e' che la notizia coincide con lo scoop, deve avere un "effetto" traumatico immediato e dev'essere gridata. La seconda e' che il gestore di questa notizia, essendo uno dei pochissimi autorizzati a gestirla, e' una persona importante. Poiche' non mette assolutamente in discussione (e perche' dovrebbe?) la "normalita'" del sistema, e poiche' questo sistema e' basato su una gerarchia - ristretta e distinguibile - di piccole e grandi Autorita' locali, di notabili insomma, ecco che il giornalista diventa un notabile anche lui. Feltri, e Appelius, in fondo non sono dei giornalisti "fascisti".
Sono semplicemente dei gerarchi, dei notabili, esattamente come il sottosegretario dei trasporti o il podesta' di Ravanusa. In piu', hanno il bisogno fisiologico di "alzare" emotivamente le "notizie" che danno ("il Negus e' semianalfabeta", "Baldoni e' d'accordo coi terroristi") perche' il valore delle loro notizie dipende principalmente dall'emotivita' che veicolano qui e ora.
Nel caso di Baldoni - del giornalismo di Baldoni - il background e' ben diverso. Non siamo piu' in un mondo in cui si aggirano pochi e stenti segnali. Siamo in un mondo pieno di informazioni, piccole e grandi, per lo piu' immediatamente visibili nella nostra vita quotidiana. Il somalo, per me, non e' un oggetto esotico che trovo sul giornale: e' semplicemente il tizio che sta sull'autobus accanto a me. Siamo nello stesso mondo. Da lui, e dal suo mondo, mi giungono continuamente delle informazioni. Il mondo non e' nemmeno piu' un mondo notabilare, retto da pochi. E' un mondo ramificato e complesso, in cui il potere e' dato dal consenso. Se al mio nipotino non piacciono le patatine McDonald, e questo finisce nei sondaggi, il presidente Mc Donald - un uomo potente - e' nei guai. Questa e' una novita', una novita' che pesa.
Cosi' lo scoop, l'effetto, perdono di valore. Gridare e' quasi inutile, perche' qua parlano tutti. Una vociata occasionale puo' turbare il lettore d'oggi, ma non persuaderlo. Bisogna convincerlo a poco a poco, sommessamente.
Ragionare. Parlare. Portare le cose "piccole", ma fondamentali, su cui la nostra vita si basa, dappertutto. Percio', se il giornalismo vecchio era quello dell'"effetto", il giornalismo moderno e' quello della "storia di vita".
La storia si puo' raccontare con molti trucchi tecnici, per lo piu' molto antichi (presente Erodoto?). Ma i suoi strumenti fondamentali appartengono all'intellettuale umanistico, alla persona; non al "giornalista" nel senso - specialistico - feltriano. Io per esempio sono un giornalista perche' so usare XPress, calcolare un battutaggio, passare un pezzo, mettere in piedi un cartaceo e cosi' via. Non sono un giornalista per quel che scrivo. Questo puo' farlo "chiunque", con una determinata formazione, e lo fara' tanto meglio quanto piu' sara' vivo.
Lo strumento culturale di base non e' piu' cioe' l'appartenenza a un notabilato specialistico, ma la partecipazione colta e cosciente alla vita quotidiana delle persone. Questo significa subito che, se faccio il giornalista, non sono necessariamente un notabile: sono semplicemente un tecnico specializzato (in XPress). Per il resto, valgo quanto vale la mia sensibilita' e la mia cultura: come tutti.

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Il giornalismo antico aveva dei mezzi di distribuzione assai limitati.
Marco Polo e' riuscito a raccontare quel che aveva visto solo grazie a una serie di colpi di culo (finire in cella con un intellettuale) del tutto imprevedibili. Kipling aveva bisogno di un editore. E tutti abbiamo avuto bisogno di rotative, di distributori, di macchine, in ultima analisi (salvo eccezioni: I Siciliani, Avvenimenti e altri pochi) di un padrone. Il giornalismo antico e', per sua tecnologia, coartabile e centralizzato.
Il giornale di Baldoni invece si chiama Bloghdad.splinder.com. Se vai su Splinder, puoi farti il tuo giornale - non dico i contenuti - nel giro d'un paio di ore. Difatti, ce ne sono migliaia.
Puoi farlo benissimo anche tu. O puoi fare una mail, un sito, una e-zine come questa. Puoi "comunicare".
Il giornalismo moderno ha dei mezzi di distribuzione illimitati. Non e' centralizzato, e non e' coartabile da nessuno. L'unica cosa che gli manca e' l'antico status notabilare. Questo e' un guaio per il giornalista. Ma non per il lettore.

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Questa trasformazione e' avvenuta ormai da diversi anni, il suo strumento tecnico e' l'internet, la sua ideologia l'umanesimo e il suo backgound storico la globalizzazione.
Baldoni c'era dentro fino al collo. Adesso, naturalmente, e' un "giornalista" anche lui, ora che e' morto. Come la Cutuli (promossa inviata dopo), come Ciriello, come Beppe Alfano ucciso dai mafiosi in Sicilia e pagato tremila lire a pezzo, come quel collega di Catania che in questo momento, per sopravvivere, sta scaricando casse e imballaggi all'aeroporto. "Giornalisti" tutti. Ma forse e' arrivato il momento di separare le razze. Se Feltri e' giornalista, evidentemente Baldoni non lo e'. E viceversa. Non e' un discorso moralistico, come si dice. E' semplicemente un fatto tecnico, di mestiere. Fra vent'anni, vedremo chi dei due sara' considerato storicamente un giornalista e chi no.

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Sarebbe bene che anche coloro che - notabilarmente - tengono i registri del "giornalismo" comincino a riflettere un po' su queste cose. Mi riferisco all'Ordine dei giornalisti e alla Federazione della stampa.
Sono dei club simpatici, che hanno avuto una loro funzione ai tempi del giornalismo antico. Adesso pero' debbono decidere se vogliono continuare a occuparsi di giornalismo o no.
Che fine fanno - tanto per dirne una - tutte le polemiche di salotto su Farina? Roberto Farina, braccio destro di Feltri, e' quello che ha affermato che Enzo Baldoni era amico dei terroristi iracheni. L'ha scritto nero su bianco, avendone dunque (visto che e' un giornalista) le prove. Non l'ha scritto perche' ce l'avesse in particolare con Baldoni - che gliene frega - ma cosi' tanto per fare lo scoop, per l'"effetto". Bene: questo Farina e' un "giornalista" o no? In questo momento, nel sistema dei notabili, c'e' un'autorita' precisa che puo' stabilirlo, ed e' l'Ordine dei giornalisti. Mi aspetto che esso risponda a questa domanda, visto che tocca a lui rispondere. Se no, bisognera' pur trarne qualche conseguenza.

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Non e' solo l'Ordine, il notabilato, ad essere stato povero in questa vicenda. Io temo che anche la categoria nel suo complesso abbia capito poco di quel che e' successo con Baldoni. Il sito non ufficiale piu' autorevole del giornalismo italiano e', secondo me, il Barbiere della Sera. E' nato come "giornale" spontaneo dei giornalisti, col preciso intento di mettere in piazza cio' che succedeva dietro le quinte dell'informazione. Povero, scattante, appassionato, ha avuto un suo ruolo preciso in quegli anni. Poi, come a tanti succede, s'e' ingrassato e s'e' ingrandito, e ora e' un bel portale di quelli che appena li clicchi ti sparano subito i flash di pubblicita'. Non lo leggevo da qualche tempo, l'ho fatto adesso per vedere il dibattito su Baldoni. Ho trovato quanto segue: "Poi pero' al fine settimana, il nostro si mette la tutina da Superman e va a giocare all'inviato di guerra".
"Lo spirito da avventuriero con cui affronta le sue imprese". "E non e' un caso che anche ai dirigenti della nostra categoria non sia piaciuto questo finto inviato di guerra".
"Deaglio, snob della sinistra, vergognati!".
"Non conosco personalmente Enzo Baldoni, ma che sia un personaggio un
po' egocentrico, e forse anche leggero ma non per questo buono...".
"Baldoni e' simpatico, ma, ripeto, NON lo considero un giornalista".
"Una persona cosi' e' un danno per la categoria".
Questa, naturalmente, non era l'opinione di tutti. La maggior parte degli interventi erano complessivamente civili. Ma c'erano anche questi - una consistente minoranza - e facevano opinione.

* * *

Anche le giornaliste Rai, se ve lo ricordate, erano "amiche dei terroristi". Quelle inviate in Iraq, durante e dopo la guerra: sono state insultate esattamente come Baldoni, perche' "non erano professionali", erano "simpatizzanti di Saddam" e compagnia bella. Va bene: in questo momento, purtroppo, la cultura di destra in Italia e' ridotta a un livello molto basso, e ne escono cose come queste.
Potremmo "buttarla in politica", e finirla qui.
Purtroppo, il problema e' piu' profondo e riguarda la complessiva concezione del giornalismo in Italia, l'uscita - per chi vuole e puo' - dal notabilato e il ruolo, nel giornalismo moderno, dei "giornalisti".

La Catena di Sanlibero N. 246
riccardoorioles@libero.it 

 
 
 
 

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