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Che differenza c'e' fra il giornalismo - per esempio - di Feltri e
quello - per esempio - di Baldoni? Non parlo di differenze "politiche".
Da un punto di vista tecnico, voglio dire.
La differenza e' che Feltri grida, mentre Baldoni parla a bassa voce.
Non e' una novita': anche Appelius gridava ("Il generale Badoglio e'
entrato ieri ad Addis Abeba") e anche Hemingway ("Vecchio al
ponte")parlava a bassa voce. Destra e sinistra dunque, attraverso le
generazioni? Non solo. C'e' qualcosa di piu', che attiene proprio alle
radici profonde del mestiere.
Il giornalismo di Feltri nasce in un mondo sostanzialmente povero di
notizie. Un mondo in cui cio' che succede accade lontano, arriva tardi,
e incide relativamente poco sulla vita quotidiana. Quest'ultima, a sua
volta, e' una vita "normale". Di una normalita' che nessuno mette in
discussione. "Il generale e' entrato ad Addis Abeba"? E che ce ne frega.
Non ha importanza, poi, sapere che cosa ne pensa il barbiere di Addis
Abeba. Tanto non lo incontreremo mai - il mondo in cui viviamo non ha
nulla a che vedere col suo.
Da questo discendono subito due cose. La prima e' che la notizia
coincide con lo scoop, deve avere un "effetto" traumatico immediato e
dev'essere gridata. La seconda e' che il gestore di questa notizia,
essendo uno dei pochissimi autorizzati a gestirla, e' una persona
importante. Poiche' non mette assolutamente in discussione (e perche'
dovrebbe?) la "normalita'" del sistema, e poiche' questo sistema e'
basato su una gerarchia - ristretta e distinguibile - di piccole e
grandi Autorita' locali, di notabili insomma, ecco che il giornalista
diventa un notabile anche lui. Feltri, e Appelius, in fondo non sono dei
giornalisti "fascisti".
Sono semplicemente dei gerarchi, dei notabili, esattamente come il
sottosegretario dei trasporti o il podesta' di Ravanusa. In piu', hanno
il bisogno fisiologico di "alzare" emotivamente le "notizie" che danno
("il Negus e' semianalfabeta", "Baldoni e' d'accordo coi terroristi")
perche' il valore delle loro notizie dipende principalmente
dall'emotivita' che veicolano qui e ora.
Nel caso di Baldoni - del giornalismo di Baldoni - il background e' ben
diverso. Non siamo piu' in un mondo in cui si aggirano pochi e stenti
segnali. Siamo in un mondo pieno di informazioni, piccole e grandi, per
lo piu' immediatamente visibili nella nostra vita quotidiana. Il somalo,
per me, non e' un oggetto esotico che trovo sul giornale: e'
semplicemente il tizio che sta sull'autobus accanto a me. Siamo nello
stesso mondo. Da lui, e dal suo mondo, mi giungono continuamente delle
informazioni. Il mondo non e' nemmeno piu' un mondo notabilare, retto da
pochi. E' un mondo ramificato e complesso, in cui il potere e' dato dal
consenso. Se al mio nipotino non piacciono le patatine McDonald, e
questo finisce nei sondaggi, il presidente Mc Donald - un uomo potente -
e' nei guai. Questa e' una novita', una novita' che pesa.
Cosi' lo scoop, l'effetto, perdono di valore. Gridare e' quasi inutile,
perche' qua parlano tutti. Una vociata occasionale puo' turbare il
lettore d'oggi, ma non persuaderlo. Bisogna convincerlo a poco a poco,
sommessamente.
Ragionare. Parlare. Portare le cose "piccole", ma fondamentali, su cui
la nostra vita si basa, dappertutto. Percio', se il giornalismo vecchio
era quello dell'"effetto", il giornalismo moderno e' quello della
"storia di vita".
La storia si puo' raccontare con molti trucchi tecnici, per lo piu'
molto antichi (presente Erodoto?). Ma i suoi strumenti fondamentali
appartengono all'intellettuale umanistico, alla persona; non al
"giornalista" nel senso - specialistico - feltriano. Io per esempio sono
un giornalista perche' so usare XPress, calcolare un battutaggio,
passare un pezzo, mettere in piedi un cartaceo e cosi' via. Non sono un
giornalista per quel che scrivo. Questo puo' farlo "chiunque", con una
determinata formazione, e lo fara' tanto meglio quanto piu' sara' vivo.
Lo strumento culturale di base non e' piu' cioe' l'appartenenza a un
notabilato specialistico, ma la partecipazione colta e cosciente alla
vita quotidiana delle persone. Questo significa subito che, se faccio il
giornalista, non sono necessariamente un notabile: sono semplicemente un
tecnico specializzato (in XPress). Per il resto, valgo quanto vale la
mia sensibilita' e la mia cultura: come tutti.
* * *
Il
giornalismo antico aveva dei mezzi di distribuzione assai limitati.
Marco Polo e' riuscito a raccontare quel che aveva visto solo grazie a
una serie di colpi di culo (finire in cella con un intellettuale) del
tutto imprevedibili. Kipling aveva bisogno di un editore. E tutti
abbiamo avuto bisogno di rotative, di distributori, di macchine, in
ultima analisi (salvo eccezioni: I Siciliani, Avvenimenti e altri pochi)
di un padrone. Il giornalismo antico e', per sua tecnologia, coartabile
e centralizzato.
Il giornale di Baldoni invece si chiama Bloghdad.splinder.com. Se vai su
Splinder, puoi farti il tuo giornale - non dico i contenuti - nel giro
d'un paio di ore. Difatti, ce ne sono migliaia.
Puoi farlo benissimo anche tu. O puoi fare una mail, un sito, una e-zine
come questa. Puoi "comunicare".
Il giornalismo moderno ha dei mezzi di distribuzione illimitati. Non e'
centralizzato, e non e' coartabile da nessuno. L'unica cosa che gli
manca e' l'antico status notabilare. Questo e' un guaio per il
giornalista. Ma non per il lettore.
* * *
Questa trasformazione e' avvenuta ormai da diversi anni, il suo
strumento tecnico e' l'internet, la sua ideologia l'umanesimo e il suo
backgound storico la globalizzazione.
Baldoni c'era dentro fino al collo. Adesso, naturalmente, e' un
"giornalista" anche lui, ora che e' morto. Come la Cutuli (promossa
inviata dopo), come Ciriello, come Beppe Alfano ucciso dai mafiosi in
Sicilia e pagato tremila lire a pezzo, come quel collega di Catania che
in questo momento, per sopravvivere, sta scaricando casse e imballaggi
all'aeroporto. "Giornalisti" tutti. Ma forse e' arrivato il momento di
separare le razze. Se Feltri e' giornalista, evidentemente Baldoni non
lo e'. E viceversa. Non e' un discorso moralistico, come si dice. E'
semplicemente un fatto tecnico, di mestiere. Fra vent'anni, vedremo chi
dei due sara' considerato storicamente un giornalista e chi no.
* * *
Sarebbe bene che anche coloro che - notabilarmente - tengono i registri
del "giornalismo" comincino a riflettere un po' su queste cose. Mi
riferisco all'Ordine dei giornalisti e alla Federazione della stampa.
Sono dei club simpatici, che hanno avuto una loro funzione ai tempi del
giornalismo antico. Adesso pero' debbono decidere se vogliono continuare
a occuparsi di giornalismo o no.
Che fine fanno - tanto per dirne una - tutte le polemiche di salotto su
Farina? Roberto Farina, braccio destro di Feltri, e' quello che ha
affermato che Enzo Baldoni era amico dei terroristi iracheni. L'ha
scritto nero su bianco, avendone dunque (visto che e' un giornalista) le
prove. Non l'ha scritto perche' ce l'avesse in particolare con Baldoni -
che gliene frega - ma cosi' tanto per fare lo scoop, per l'"effetto".
Bene: questo Farina e' un "giornalista" o no? In questo momento, nel
sistema dei notabili, c'e' un'autorita' precisa che puo' stabilirlo, ed
e' l'Ordine dei giornalisti. Mi aspetto che esso risponda a questa
domanda, visto che tocca a lui rispondere. Se no, bisognera' pur trarne
qualche conseguenza.
* * *
Non e' solo l'Ordine, il notabilato, ad essere stato povero in questa
vicenda. Io temo che anche la categoria nel suo complesso abbia capito
poco di quel che e' successo con Baldoni. Il sito non ufficiale piu'
autorevole del giornalismo italiano e', secondo me, il Barbiere della
Sera. E' nato come "giornale" spontaneo dei giornalisti, col preciso
intento di mettere in piazza cio' che succedeva dietro le quinte
dell'informazione. Povero, scattante, appassionato, ha avuto un suo
ruolo preciso in quegli anni. Poi, come a tanti succede, s'e' ingrassato
e s'e' ingrandito, e ora e' un bel portale di quelli che appena li
clicchi ti sparano subito i flash di pubblicita'. Non lo leggevo da
qualche tempo, l'ho fatto adesso per vedere il dibattito su Baldoni. Ho
trovato quanto segue: "Poi pero' al fine settimana, il nostro si mette
la tutina da Superman e va a giocare all'inviato di guerra".
"Lo spirito da avventuriero con cui affronta le sue imprese". "E non e'
un caso che anche ai dirigenti della nostra categoria non sia piaciuto
questo finto inviato di guerra".
"Deaglio, snob della sinistra, vergognati!".
"Non conosco personalmente Enzo Baldoni, ma che sia un personaggio un
po' egocentrico, e forse anche leggero ma non per questo buono...".
"Baldoni e' simpatico, ma, ripeto, NON lo considero un giornalista".
"Una persona cosi' e' un danno per la categoria".
Questa, naturalmente, non era l'opinione di tutti. La maggior parte
degli interventi erano complessivamente civili. Ma c'erano anche questi
- una consistente minoranza - e facevano opinione.
* * *
Anche le giornaliste Rai, se ve lo ricordate, erano "amiche dei
terroristi". Quelle inviate in Iraq, durante e dopo la guerra: sono
state insultate esattamente come Baldoni, perche' "non erano
professionali", erano "simpatizzanti di Saddam" e compagnia bella. Va
bene: in questo momento, purtroppo, la cultura di destra in Italia e'
ridotta a un livello molto basso, e ne escono cose come queste.
Potremmo "buttarla in politica", e finirla qui.
Purtroppo, il problema e' piu' profondo e riguarda la complessiva
concezione del giornalismo in Italia, l'uscita - per chi vuole e puo' -
dal notabilato e il ruolo, nel giornalismo moderno, dei "giornalisti".
La Catena di Sanlibero
N. 246
riccardoorioles@libero.it |
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