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L’Aula Magna è affollatissima. Il clima quello delle grandi occasioni.
Bisogna aggiungere delle sedie. Tanti anche gli studenti. C’è attesa.
C’è entusiasmo. Perché? Non credo che sia solo per la fama e la
singolarità dell’ospite. C’è il bisogno di capire, di trovare delle
risposte, di dialogare. Di confrontarsi in maniera pacata. Infine
arriva. Un sorriso buono e molta semplicità. Parole difficili, concetti
pesanti, alleggeriti da sprazzi di ironia e garbate frecciatine.
Indirizzate al premier, privo di “pulsione etica”, a Buttiglione,
rimasto alle crociate e al gesuitismo secentesco.
E’ volata in fretta la lezione magistrale di Gianni Vattimo sulla
democrazia.
Ne ho concluso che il “pensiero debole” nasconde paradossalmente molta
forza, caricando l’individuo, liberato dai fardelli fondamentalisti del
passato, di grandi responsabilità. Si tratta di trasformare il mondo
nella casa dell’uomo. Si tratta di vivere nella democrazia.
Ma andiamo con ordine. Da quando Nietzsche ha annunciato che Dio è
morto, il mondo è più libero. A morire è stato il dio dei dogmatismi e
della metafisica. Il dio-fondamento, il dio-natura, che comanda e
limita. Il dio vendicatore, assetato di giustizia. Quel dio "fatto su
misura" per dare un senso e una giustificazione all'inclinazione umana
verso la distruzione dell' altro. Placare l'ira di Dio con sacrifici –
dice Vattimo in “Credere di credere” – è un meccanismo che si ripete da
sempre e per tutte le religioni e che serve a sublimare la smania di
potere dell'ego dell'uomo. In fondo tutta l’opera di Gesù non è altro
che il tentativo di educare l’uomo, di liberarlo dalla falsa idea che si
è fatto di Dio, dimenticando il suo unico attributo: l’amore. "Non vi
chiamo più servi, ma amici..."
Non solo è morto il dio padre-padrone. Anche, fortunatamente, il
dio-metafisica, ossia quella visione totalizzante e totalitaria, imposta
come unica e definitiva, che ha prodotto gli Auschwitz della modernità.
In nome dell’essenza, di ciò che è per sempre, si può arrivare a violare
l’esistenza.
Ma ormai Dio è morto e gli dei possono finalmente tornare a vivere. Gli
uomini sono salvi.
Ma attenzione. Lungi dal renderci schiavi del lutto, non dobbiamo
pensare di rimpiazzare Dio con idoli sostitutivi. La sua morte coincide
con quella della Verità con la V maiuscola, con quella di tutti i
fondamenti ultimi che mettono a tacere, in modo violento, ogni alterità,
ogni diversità, soffocando la libertà ed il libero confronto delle
libere interpretazioni. La morte di Dio porta all’emancipazione, ossia
alla fine di ogni dipendenza patologica dal fondamento, porta alla
tolleranza, al dialogo, al rispetto reciproco, proprio perché non
possiamo appellarci a nessuna verità data una volta per tutte. Anzi, ciò
di cui bisogna dubitare di più, sono proprio le verità che ci appaiono
più evidenti. Come il nostro io. Con la psicanalisi e la scoperta di
quel grande deposito delle rimozioni, che è l’inconscio, nemmeno la
coscienza resiste come certezza. L’individuo si fa debole.
Solo che così si vive scomodi. Senza più fondamenti e valori in sé devi
continuamente rimetterti in discussione, confrontarti, “negoziare”. La
tentazione di riproporre un qualche fondamentalismo è sempre in agguato,
come pure il pericolo che arrivi qualcuno a tacitare e legiferare in
nome di pretesi principi naturali e divini. Ma Dio è morto, per fortuna:
non esiste niente di assolutamente naturale, solo la storicità dei
paradigmi ed il relativismo dei costumi. Solo decisioni da prendere
insieme. Nel rispetto dell’uomo, visto kantianamente sempre come fine e
mai come mezzo, e nell’esercizio della “carità” cristiana. Lo si può
fare solo in democrazia, regime “debole” per eccellenza. Questo modello
di organizzazione della società, subito accantonato, non a caso, nel
momento della guerra, che ripropone lo stato forte, lo stato
autoritario, è il luogo della negoziazione, non dei principi immutabili.
E’ il luogo del dialogo e dello scambio, non dell’esportazione e
dell’imposizione violenta. Una democrazia esportata è solo un’altra
forma di dogmatismo. O di fondamentalismo.
Sono tornata a casa con questa frase in testa: se Dio è morto, possiamo
finalmente essere buoni cristiani e buoni cittadini.
In
La voce di Ghismunda, 27
Ottobre 2004
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