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Pochi contestano il
fatto che la droga, se si lascia che continui a circolare, rappresenta
una minaccia al benessere della società, e la maggior parte della gente
sostiene che coloro che infrangono la legge e commettono crimini di
droga meritano di essere severamente puniti. Chi fino ad ora è stato
trovato in possesso di pillole di ecstasy, ad esempio, è stato quasi
sempre arrestato ed incarcerato. E spesso anche i tossicodipendenti, che
sono realmente ammalati, sia mentalmente che fisicamente, sono andati
incontro al medesimo destino.
La legge sulla droga è diretta principalmente ai produttori, ai
distributori e agli spacciatori. E le stesse regole che valgono per noi,
valgono anche per i cittadini stranieri giudicati colpevoli di traffico
di droga nel nostro Paese. Per quanto mi è dato sapere, la legge prevede
che qualsiasi persona in visita in Indonesia, se trovata in possesso di
oltre 12 chilogrammi di sostanze stupefacenti rischi non soltanto
l’arresto, ma anche di essere condannata a morte.
Mi domando per quale motivo l’Indonesia utilizza ancora la pena capitale
nei confronti dei trafficanti di droga, mentre molti Paesi europei
l’hanno abolita per reati penali. Ad essere sincero, io sono contrario
alla pena capitale per principio, […] e credo che la legge che prevede
la pena di morte debba essere revocata. Oppure, i tribunali dovrebbero
essere più clementi nel comminare condanne a morte nel caso di crimini
di droga.
Il Presidente ha il potere e la responsabilità di commutare in ergastolo
una condanna a morte, soprattutto nel caso di cittadini stranieri, i
quali dovrebbero essere espulsi dal Paese anziché essere uccisi da un
plotone di esecuzione nel nome della giustizia. Ciò che conta, in fondo,
non è sbarazzarci di loro?
Credo che i legislatori dovrebbero porre rimedio ad una questione così
controversa. Le tre recenti esecuzioni (un indiano e due tailandesi) mi
hanno profondamente scosso e mi hanno fatto sentire colpevole, perché le
loro vite potevano essere risparmiate. […]
Gandhi Sukardi - Jakarta
(Fonte: Lettere all’editore - Jakarta Post)
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