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Se le parole hanno un
senso e la smettiamo di giocare ancora con gli ossimori (come guerra
umanitaria o missione militare di pace) la parola pacifista significa
una cosa semplice e inequivocabile . Indica colei o colui che ripudia la
guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali
perché pensa che la guerra è un crimine in sé e non esistono guerre
giuste. Coloro che pensano che la guerra in certe condizioni è
umanitaria o etica o una contingente necessità o che possa essere
legittimata dal consenso di alcune grandi potenze o dall'ONU o dalla
NATO, semplicemente non sono pacifisti. Si può discutere
sull'opportunità di definirsi responsabili (molti/e pensano che il
ripudio di tutte le guerre sia la vera responsabilità da assumersi)
oppure di sinistra, o di "centrosinistra che vuole diventare governo",
ma definirsi pacifisti non si può, quando si abbraccia la dottrina della
guerra giusta.
Secondo questa dottrina le missioni militari decise dalle istituzioni
internazionali e dalle Nazioni Unite vanno sostenute con convinzione.
"E' una questione di principio" afferma Marina Sereni nel suo articolo
sul Manifesto.
Infatti è proprio così. Il principio, a cui i DS si appellano, è opposto
al principio per il quale le donne pacifiste fin dal '91, durante la
prima Guerra del Golfo, autorizzata dall'ONU, lanciarono lo slogan FUORI
LA GUERRA DALLA STORIA.
Ed è un principio opposto a quello che ha portato i movimenti pacifisti
USA, insieme ai parenti delle vittime dell'11 settembre, a opporsi alla
guerra in AFGHANISTAN, autorizzata e praticata dalla NATO e a comunicare
al mondo il loro NOT IN MY NAME. E' proprio in nome del principio della
GUERRA GIUSTA -attenzione ho detto guerra giusta, non
pace giusta che piacerebbe ai pacifisti- che i DS al governo con D'alema
e nelle piazze con Veltroni hanno lanciato e praticato la guerra
umanitaria contro la Serbia sui cui effetti collaterali non mi dilungo.
Perciò, al fine di evitare nuovi ossimori, eufemismi ed equivoci e per
ristabilire la verità, conveniamo sul significato delle parole e
stabiliamo che coloro che credono nel principio della guerra giusta non
possono chiamarsi pacifisti.
Altrimenti dovremmo chiamare pacifisti tutti coloro che credono e
praticano il principio: “si vis pacem para bellum”, se vuoi la pace
prepara la guerra, che sarebbe lo stesso principio di Ciampi che vuole
la pace in Iraq da ottenere, se necessario, col sacrificio patriottico
dei nostri soldati a Nassirya. In fin dei conti anche Bush vuole la
pace-solo negli
USA- da ottenersi attraverso il mezzo della guerra preventiva.
Peccato che nella Carta fondativa delle Nazioni Unite, che è una carta
pacifista-quella sì-, ci sia scritto a chiare lettere non solo il
divieto di fare guerra ma l'obbligo di perseguire la pace con mezzi
pacifici.
Dunque l'ONU non può autorizzare nessuna guerra. E qui veniamo al punto:
una cosa è la carta fondativa dell'ONU, nei suoi principi ispiratori,
altra cosa è l'attuale realtà dei rapporti di forza e l'attuale realtà
del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Quest'ultimo è un direttorio dove vige l'accordo o il disaccordo tra le
grandi potenze che hanno vinto la seconda guerra mondiale. E' un organo
antidemocratico, soggetto allo strapotere degli Stati Uniti. Non ha
alcun potere reale di evitare le guerre o di fermare la guerra
preventiva degli USA: solo, allorché si determina un disaccordo tra i
membri che non vogliono consentire mano libera allo strapotere militare
degli USA, smette di funzionare, grazie a un veto reale o minacciato.
Sull'Iraq il Consiglio di Sicurezza ha manifestato il disaccordo tra USA
e G.B.da un lato, resto delle grandi potenze dall'altro. In altre
occasioni, quando c'è stato consenso tra grandi potenze, l'ONU,
contraddicendo la sua stessa carta fondativa, ha con vari artifizi
autorizzato o consentito la guerra, vedi la cosiddetta "guerra al
terrorismo" che ha prodotto l'orrore afgano cogli effetti collaterali
che durano tuttora, dalla sorda guerra civile, all'arruolamento dei
paesi europei nella Nato, oggi chiamati a nuovi contingenti, alle
minacce ai paesi "canaglia", alla dottrina del disarmo dei deboli e del
riarmo dei forti. I DS dove stanno rispetto a questo quadro ? Con L'ONU,
dice Marina Sereni.
Ma l'ONU è come Giano bifronte: ha la faccia delle istituzioni
umanitarie e dei diritti umani, ma ha l'altra faccia della geopolitica
internazionale e della sudditanza agli Stati Uniti. I pacifisti stanno
con la prima faccia e pensano che le missioni umanitarie si debbano
eseguire con i volontari della cooperazione e con i corpi civili di
pace, invece gli avversari dei pacifisti pensano che se l'Onu autorizza
gli interventi militari essi sono legittimi pure se ammazzano la gente e
pure se sono in contrasto con la stessa Carta dell'ONU e col più
elementare dei diritti umani, il diritto alla vita.
Lo spirito del 15 febbraio dello scorso anno era, come tutti ricordano
NO ALLA GUERRA SENZA SE E SENZA MA.
Su questo appello così netto i DS non ci sono stati, fin dall'inizio.
Fassino inviò una lettera al Comitato fermiamo la guerra, in cui
dichiarava l'adesione alla manifestazione ma su contenuti differenti
dall'appello del comitato, nella quale i Se e i Ma riguardavano proprio
il ruolo dell'ONU. E tutti i tentennamenti in Parlamento circa il
rapporto da tenere col governo, con l'Europa e con gli USA riguardavano
la remota eventualità che l'ONU autorizzasse la guerra in IRAQ, nel qual
caso i DS avrebbero votato a favore. L'unico motivo per il quale hanno
accettato parzialmente la posizione del movimento per la pace è stato il
fatto che la guerra era unilaterale e non autorizzata dall'ONU. Salvo
poi tentennare di nuovo, suscitando la prima rottura col Comitato
fermiamo la guerra, con l'astensione di aprile 2003, sull'invio dei 3000
soldati italiani in IRAQ "a scopo umanitario".
Insomma c'è sempre una superiore ragione per cui i DS devono
soprassedere al loro matrimonio col movimento pacifista. Oggi ci
chiediamo ancora: qual' è? Perché non dobbiamo immediatamente ritirare
le nostre truppe dall'IRAQ? Perché, dice marina Sereni, dobbiamo passare
le consegne ad "una forza multinazionale sotto l'egida dell'ONU".
Sorvolo sull'atteggiamento coloniale che questa affermazione
implicitamente contiene rispetto al popolo che abbiamo occupato e
invaso, complici di chi li ha devastati e di chi sta rapinando le loro
risorse. Mi concentro sull'ONU. Il popolo dell'Iraq, nelle sue più varie
componenti ed etnie ha percepito l'ONU come nemico, complice degli USA.
Cosa penserebbe dell'ONU che lasciasse lì le sei nuove basi USA in
allestimento e fornisse di casco blu le attuali forze occupanti
ribattezzandole forza multinazionale dell'ONU? E cosa penserebbero i
pacifisti di questa ONU ?
Il movimento pacifista si è confrontato eccome con l'ONU, col diritto
internazionale, con la via alternativa all'occupazione militare. Il
ritiro immediato delle truppe è il primo indispensabile segno di
discontinuità con la situazione di guerra attuale in cui l'Italia è
definitivamente compromessa. Noi siamo forza occupante, dobbiamo
ritirarci per consentire che l'ONU, con altre forze di paesi davvero
neutrali, possa svolgere un ruolo effettivo di pacificazione e
ricostruzione.
Ogni altro discorso sull'Onu è pura barzelletta, o forse è l'ultima
foglia di fico per nascondere la verità.
*Nella Ginatempo tavolo
Bastaguerra dei socialforum
Pubblicata in: Collettivo IL POTERE DI TUTTI – Forlì, 12 sttembre 2004 |
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