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Questa mia inchiesta
non è stata accettata da nessun giornale con cui collaboro né da altra
testata giornalistica italiana. L'unico giornale che ha ricostruito lo
scenario del rapimento Pari-Torretta attraverso informative e
documentazioni ufficiali raccolte da Rita Pennarola è stato il mensile
La Voce della Campania che ormai da anni combatte assieme al suo
direttore Andrea Cinquegrani la sua solitaria battaglia contro il potere
della camorra e l'idiozia del giornalismo italiano, sopravvivendo con
dignità nonostante le querele milionarie e le minacce continue. Nessuno
ha avuto decenza di dedicare del tempo allo studio, alla ricerca degli
elementi sino ad ora raccolti dai servizi segreti e dai magistrati.
Nessuno. Presi dal vortice cadenzato come un metronomo delle Ansa, dalle
notizie battute dagli uffici stampa militari, nessuno ha voluto
ricercare con calma e taglio scientifico cosa poteva esserci dietro il
rapimento in Iraq delle due volontarie italiane di "Un Ponte per..."...
Nessuno ha voluto indagare o forse nessuno ha preferito farlo visto che
ciò che in ultima somma ne vien fuori è una situazione di incredibile
connivenza di poteri che fanno del sequestro di Simona Pari e Simona
Torretta un nodo gordiano insolvibile.
Il sequestro delle due Simona che ieri un messaggio lanciato nel web
vuole addirittura assassinate, è strettamente legato al sequestro dei
quattro "impiegati" italiani sequestrati in Iraq: Fabrizio Quattrocchi,
Salvatore Stefio, Maurizio Agliana e Umberto Cupertino. Questo sequestro
invero rientra in una logica di conflitto le cui parti in causa nessuna
inchiesta ha voluto svelare ed i cui motivi sono talmente chiari da
avere il ben fondato dubbio che ci sia una generale e pervicace volontà
di non lasciarli emergere compiendo una vera e propria scelta di
censura.
Cercherò di almanaccare i diversi elementi e congetturare con gli
strumenti della ragione e della ricostruzione il reale motivo del
sequestro. Iniziamo.
Le informative dei servizi segreti italiani dichiarano che la scelta di
sequestrare le due volontarie italiane non è stata casuale, si dichiara
che i testimoni sfuggiti al sequestro parlano di un commando che voleva
proprio le due giovani donne e che non avendo le loro foto le cercava
con agitazione e soprattutto come principali obiettivi dell'operazione.
Per comprendere il motivo della scelta di due italiane legate
all'organizzazione "Un Ponte per..." come obiettivo di un'azione di
rapimento bisogna procedere a ritroso ed arrivare sino al 2003 quando la
giovane Valeria Castellani arriva in Iraq.
Questa intraprendente ragazza arriva a Bassora collaborando con i
volontari dell'associazione "Un Ponte per..." e lavora ad un progetto
particolarmente interessante ovvero permettere al dattero irakeno, in
assoluto il migliore al mondo, di potersi nuovamente imporre sul
mercato. La qualità del dattero di Bassora, il celebre Al Bakhri, è
stato fortemente danneggiato dall'embargo poiché l'impossibilità di
esportarlo ha costretto alla rovina la parte maggiore delle fattorie
irakene che coltivavano i datteri. A valutare tale progetto sembrerebbe
che la Castellani è una giovane piena di idee ed energia, proprio come i
giornali cattolici (come Famiglia Cristiana) la considerano e
descrivono.
Nell'aprile 2004 però dopo l'uccisione di Quattrocchi notiamo che il
nome di Valeria Castellani viene iscritto nel registro degli indagati
dai pm della Procura di Genova, Francesca Nanni e Nicola Piacente
all'interno delle indagini sul sequestro e la morte di Quattrocchi. Come
mai una impegnata volontaria viene inscritta nel registro degli
indagati? Cosa mai potrà centrare una donna votata al progetto del
rilancio dell'agricoltura irakena senza alcun scopo di profitto
personale, con la melmosa vicenda di Quattrocchi?
A ben scavare nei dati e nelle carte giudiziarie viene fuori che Valeria
Castellani risulta essere una rampante manager di Dts Itc. Security,
l'azienda con sede nel Nevada (USA) che recluta gli addetti alla
sicurezza privata in Iraq. Castellani ufficialmente risulta essere
l'amministratrice dell'azienda Dts.
Per comprendere come una giovane vicentina figlia della piccola
borghesia possa arrivare ad essere amministratore di un'azienda
americana capace di fatturare cifre altissime perché fornisce contratti
per la protezione dei membri del Congresso americano in visita in Iraq,
bisogna andare ad indagare sul suo compagno, Paolo Simeoni. Anche quest'ultimo,
genovese di 32 anni, è entrato in Iraq attraverso le associazioni non
governative.
In quanto esperto di operazioni di sminamento e bonifica del territorio
Simeoni ha collaborato con "Un Ponte per..." e soprattutto con Intersos
organizzazione umanitaria nata con il finanziamento delle confederazioni
sindacali. Paolo Simeoni è un ex incursore del Battaglione San Marco,
poi nella Legione Straniera a Gibuti e in Somalia, successivamente
andato in missioni in Africa, Kosovo Afghanistan ed alla fine in Iraq.
Diviene nel 2002 un volontario umanitario delle ong, approfittando delle
sue qualità di sminatore riesce ad essere ben voluto ed anzi richiesto
da molte ong.
Ma ben altro ha in mente che bonificare terreni minati. Conosce
perfettamente le logiche dei paesi in guerra e sa bene che non esiste
cosa più redittizia che fornire servizi militari alle truppe in
difficoltà. La sicurezza privata è un business che tende
progressivamente ad aumentare con l'impossibilità delle truppe militari
regolari di monitorare le strutture che vengono ad edificarsi.
Costruzione di aziende, il viaggio dei tir, spostamento di civili e
politici, cantieri. La necessità di guardie private si è palesata dalle
prime ore della guerra irakena. Ed un occhio esperto lo comprende
nell'immediato.
Paolo Simeoni infatti fonda in un primo momento la Naf Security
amministrata dalla Castellani con sede in Iraq, ma per la particolare
situazione di paese invaso la Naf non riesce a vicere neanche un
appalto. Le gare sono vinte solo da aziende degli USA. La coppia
Simeoni-Castellani non demorde, muta in brevissimo tempo tutto e
riescono a fondare in America la Dts Security. L'azienda è la medesima,
identico amministratore, stessi impiegati, cambia solo il nome e la sede
che infatti sarà in Nevada negli USA. Ciò gli basta per vincere le gare
d'appalto.
Vengono così chiamati dall'Italia gli amici di Simeoni, tra cui Fabrizio
Quattrocchi. Sfortuna però volle che gli USA decisero di non inviare più
politici in Iraq, troppo pericoloso e così il motivo primo della Dts
Security sembrò svanire. La versatilità imprenditoriale però non ha
limite e così tutti gli impiegati piuttosto che tornare indietro
iniziarono ad essere "piazzati" dall'azienda a difesa del personale
delle multinazionali americane ed in altre operazioni di tutela di
cittadini e di aziende americane.
Così la Dts Security in breve tempo diviene una sorta di azienda capace
di fornire difese a tutti coloro, imprese ed uomini stranieri, che
essendo esposti ne avevano bisogno. Diviene in molti territori dell'Iraq
un esercito parallelo a tutela del flusso di capitali che giunge in iraq
sottoforma di macchinari, politici, o trivelle. La nostra coppia
Castellani-Simeoni quindi si è recata in Iraq attraverso le ong ma
giunta una volta sul luogo dopo pochissimo tempo ha portato avanti il
suo progetto di edificare un azienda di scorta e servizio armato.
Insomma Paolo Simeone e Valeria Castellani hanno utilizzato le
associazioni non governative per inserirsi su un territorio con la
massima agilità e copertura, poi lentamente hanno mutato la loro prassi
hanno abbandonato il loro lavoro di volontariato iniziando ad impegnarsi
sul piano imprenditoriale. Del resto quale migliore copertura che quella
del volontariato quando si è in luoghi di guerra?
Ogni sospetto sulla possibilità di fornire mercenari svanisce dinanzi al
passepartout dell'impegno civile e sociale. Valeria Castellani a Vicenza
era nota per una sua spiccata simpatia per la estrema destra ma dopo la
sua partecipazione alla missione di Intersos in Afghanistan e dopo aver
collaborato con "Un Ponte per..." in Iraq, beh ha indossato una robusta
panoplia di purezza.
A questo punto si comprende facilmente che le due Simona sono state
rapite per una logica interna ai servizi di sicurezza privati. Del resto
i primi a dare notizia di come era avvenuto il rapimento sono stati
proprio Simeone e Castellani. Insomma erroneamente con grande
probabilità viene attaccata "Un Ponte per..." e vengono sequestrate
Simona Pari e Simona Torretta al fine di attaccare l'agenzia di
protezione che ha avuto persone in qualche modo provenienti
dall'associazione.
Ora bisogna comprendere se le organizzazioni non governative, se le
associazioni di volontariato che utilizzano i contatti con queste
persone sapevano chi erano questi personaggi oppure hanno subito un
operazione d'infiltrazione. E' facile del resto poter entrare in
un'operazione di volontariato. Volontà e serietà oltre che competenza
sono gli elementi di scelta nessun'altra selezione è presente. Oltre che
sommarie indagini sui propri volontari le ong non hanno spesso la forza
di conoscere a fondo i personaggi che decidono di partire per i propri
progetti spesso, tra l'altro, deficitari di individui.
O seguendo invece una tesi opposta si potrebbe ipotizzare che le ong
preferiscono avere dei rapporti come dire, strategici con questi
personaggi capaci di avere le mani dappertutto e contatti in ognidove.
L'unico ambito su cui bisogna (e spero di non dover dire bisognava) è
proprio quello delle agenzie che garantisco servizio privato e "soldati
a pagamento".
Hanno mentito politici, media, giornalisti distratti o zittiti da
direttori scrupolosi maestrini delle verità d'ufficio. Invece di
inventare mediazioni, mediatori, e colpi di scena televisivi bisogna
riflettere sul ruolo fondamentale di queste aziende di protezione che
nella strategia dello scacchiere irakeno vengono considerate dalla
guerriglia vere e proprie spine nel fianco perchè tappano i buchi aperti
delle truppe d'invasione.
I gruppi guerriglieri, i nuclei terroristi hanno ovviamente tutto
l'interesse di porre in crisi le organizzazioni private che garantiscono
protezione a personaggi ed aziende che l'esercito USA non riuscirebbe a
proteggere in misura adeguata. Le due ragazze volontarie ora sono nelle
mani di individui che per motivi radicalmente diversi dal loro ruolo in
Iraq le usano come strumento di pressione vero il governo italiano che
finge ovviamente di non sapere in qual senso il rapimento è stato messo
in pratica.
L'associazione "Un Ponte per..." che da anni cerca di organizzare in
Iraq progetti che hanno l'esclusivo imperativo di concedere dignità e
possibilità di vita ad una civiltà devastata da decenni di embargo prima
ed ora da un'assurda guerra. "Un Ponte per..." ha iniziato a lavorare in
Iraq molto prima che sulle sue città devastate si accendessero i
riflettori delle tv di mezzo mondo. Un lavoro certosino, continuo,
diuturno.
Era prioritario che il Ministro degli Esteri cercasse di smentire il
frainteso dei gruppi terroristi ovvero di idenfiticare le due ragazze in
relazione all'azienda di servizi di sicurezza. Era fondamentale che si
facesse riferimento alla totale estranietà di queste ragazze al mondo
"italiano" delle scorte e dei mercenari. Ma in questa vicenda sembra che
più che a cuore del ritorno delle due donne ci sia la volontà non di far
emergere la cancrena dei rapporti economici di imprenditori italiani che
riescono ad entrare nel succulento mercato iracheno attraverso la
mediazione militare dei servizi di scorta che ovviamente sapranno far
pendere la bilancia dalla parte degli industriali italiani quando ve ne
sarà bisogno.
Godere di un esercito parallelo, non controllato dai media, che non
conosce divise e morti dichiarate è forse in questa guerra l'elemento
più delicatamente fondamentale ancor più perchè invisibile all'occhio ed
all'orecchio dell'Occidente. Queste due donne pagano sulla propria pelle
le scelte imprenditoriali di alcuni italiani che ben hanno saputo dove
affondare i canini della finanza ed ora spolpano l'osso dell'Iraq
facendo finire tra le ferine ganasce due donne innocenti che in Iraq non
erano per guadagnare stipendi lussuosi come militari ed imprenditori ma
per portare avanti reali progetti di crescita sociale.
Indagare e riflettere sulle aziende italiane che in Iraq speculano ed
investono, capire che la gestione dei mercenari, in breve, è nelle mani
di organizzazioni private italiane, questo è l'ambito unico su cui
bisogna ragionare.
Mentre Rai e Mediaset continuano a mandare in onda i volti dolci e
sorridenti delle due giovani ragazze non viene pronunciata su questa
vicenda che una bugia perenne.
Roberto Saviano
redazione@reporterasociati.org
ReporterAssociati, 24
settembre 2004
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