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Alla ricerca di un libro che curasse il disagio e il fastidio della
mediocrità mi sono ricordato di una vita di Benvenuto Cellini quasi
nascosta in uno scaffale appartato.
I libri non si comprano solo per leggere. Li si acquista per averli, li
si ripone a scorta per il futuro, quasi ci si dimentica di loro, poi, un
ricordo li riporta a galla. Si deve fare un po’ di scavo casalingo per
trovarli, la lettura però, in questi casi, non solo ricompensa, ma è
esaltata dal ritrovamento. Forse gli scoiattoli provano lo stesso
piacere, d’inverno, a mangiare una noce che credevano perduta.
Benvenuto Cellini ha un viso che, se non può dire del suo genio di
scultore né di quello di scrittore, descrive il suo carattere,
intelligente, deciso, violento.
La ‘Vita’ scritta nel 1558 è tutta un’autoesaltazione. Scremate le
vanterie, emergono la storia delle opere, raccontate nella concezione e
nell’esecuzione, gli incontri con gli uomini, re, papi, cardinali,
modelle, ribaldi e amici e, soprattutto, il ritratto di un’epoca
affascinante, vissuta in modo spontaneo e vitalissimo.
In una scrittura dove le cose prevalgono sempre e lo stile è sbalzato
come una scultura, vi potrete godere, solo per dire delle vicende più
note, la descrizione del sacco di Roma, la fuga da Castel Sant’Angelo,
la fusione del Perseo.
Una vera ‘vita’. Non virtuale come la maggior parte di quelle che
viviamo. |
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