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La
teoria dell’agenda setting nel campo della sociologia della
comunicazione non ha mai trovato riscontri empirici evidenti, eppure è
entrata a far parte del bagaglio culturale di molti, in particolar modo
di una buona fetta dei più assidui frequentatori del web.
Riassumiamo innanzi tutto in poche righe l’ipotesi dell’agenda setting
così com’è stata nel tempo elaborata dai principali studiosi che vi si
sono dedicati (McCombs, McLure, Patterson, Shaw).
-
Il pubblico è
coinvolto in un dibattito rappresentato come una serie di questioni
salienti in agenda
-
L’agenda è il
risultato di una mediazione tra le proposte avanzate dalle élite
politiche e dall’opinione pubblica
-
Tutti gli
interessi tra loro divergenti tentano di imporre la propria visione
e l’importanza del proprio argomento
-
I media decidono
gli argomenti cui prestare attenzione, cui dedicare spazio in base
ad una serie di pressioni cui sono sottoposti
-
Maggiore è
l’importanza che i media dedicano alla questione, maggiore è il
riconoscimento pubblico che l’argomento presentato riceve.
L’idea che la gente pensi sugli argomenti che le vengono suggeriti dai
media non è nuova; già Lazarsfeld nel 1944 aveva sostenuto che i media
avessero il potere di “strutturare i problemi”. Da allora
la sociologia della comunicazione è spesso tornata su questo punto, dai
lavori della scuola di Francoforte, sino alla teoria della spirale del
silenzio di Noelle-Neumann. Sono piuttosto sempre state le evidenze di
laboratorio a mancare. Tutte queste teorie, pur presentandosi in maniera
coerente e plausibile, non sono mai state provate in seguito ad analisi
accurate e questo, unitamente al fatto che spesso prendono spunto da
elementi teorici fortemente ambigui, non ci dovrebbe permettere di farle
assurgere a dati di fatto, a realtà acquisite nell’ambito di
divulgazioni che esulino dal mondo accademico.
E’ quindi davvero possibile sostenere, come sembra fare
Granieri nel prologo
del suo libro,
che i media siano in grado di spostare l’attenzione del pubblico su
pressioni politiche facendo sì che eventuali leggi o fenomeni similari
possano essere compiuti in silenzio sfruttando gli effetti della teoria
dell’agenda setting?
L’evidenza empirica risultante dalle analisi di comunicazione si è
piuttosto attestata su un piano differente; i media sono sì in grado di
spostare l’attenzione del pubblico su determinati temi, ma non sembrano
in grado di poter dire alle persone cosa pensare. Il processo che
conduce a ciò non pare oltretutto così ovvio e gestibile dalla politica
o dal potere costituito. Mi sembra inoltre doveroso far notare come si
parli di media senza porre distinzioni e quindi come la teoria
dell’agenda setting non sia da applicare solamente ai conglomerati
mediali tradizionali, quotidiani o televisioni, ma anche ad esempio ai
blog oppure alle riviste online. Anch’esse, infatti, procedono alla
creazione di una propria agenda soggettiva di tematiche da trattare e
questa non è altro che il risultato di routine produttive e distorsioni
inconsapevoli.
Procederemo ora ad un breve riepilogo dei risultati empirici ottenuti
dalla teoria, in seguito proporremo una lista di criteri in base ai
quali è stabilita un’ipotetica agenda setting e dimostreremo com’essi
siano in Toto applicabili a tutti i media, quelli considerati
liberi inclusi.
• L’inconcludenza empirica dell’agenda setting
Da quando la teoria dell’agenda setting è stata proposta si è sempre
cercato di
dimostrare un qualche rapporto di causa tra le varie agende di tematiche
incompetizione. Per giungere a questo sarebbe necessario considerare
quattro
variabili:
-
Analizzare il
contenuto del programma proposto dal gruppo di pressione (il
pubblico, il medium, il potere politico od economico)
-
Provare un
mutamento d’opinione nel pubblico interessato
-
Mostrare il
livello d’attenzione dei media al tema nell’unità di tempo
-
Analizzare il
relativo consumo dei media da parte del pubblico considerato
Buona parte delle analisi effettuate si è rivelata inconcludente, mentre
le analisi rimanenti hanno dimostrato una plausibilità teorica
dell’agenda setting (Behr, Iyenagr 1985), ma senza mai riuscire a
dimostrare l’idea della determinazione di un’agenda delle priorità da
parte di un qualche organismo di potere (Kraus e Davis 1976; Becker
1982; Reese 1991).
Bisogna inoltre considerare come la teoria sia ambigua nel presupporre
un meccanismo d’influenza dei gruppi d’interesse alle priorità dei media
e di qui sino al pubblico. Infatti bisogna considerare anche l’esistenza
di modelli alternativi, quando non opposti a questo, come ad esempio il
modello che sostiene che siano gli interessi del pubblico a modellare
sia le tematiche trattate dai media, sia quelle delle élite politiche.
L’ipotesi in fin dei conti più plausibile credo sia quella della
confluenza delle tre agende, in altre parole che sia il confronto tra i
desideri del pubblico, i voleri della politica e le necessità dei media
a creare l’agenda che ci viene presentata, ma non è esattamente come
affermare che uno dei tre fattori è in gradi di fissarne una
particolare.
•
Ipotesi di agenda setting
Passo ora a proporre un modello di agenda setting costruito attorno ad
una realtà a me nota, la rivista online Agliincrocideiventi. Il modello
proposto potrebbe ben adattarsi con le dovute piccole modifiche a gran
parte dei media in cui la matrice principale resta quella cartacea
ovverosia che si basano principalmente sulla scrittura, virtuale o
stampata che dir si voglia.
-
La rivista ha una
redazione; di conseguenza ognuno dei redattori ha un proprio modo di
vedere il mondo, una propria agenda soggettiva in base alla
quale sente la necessità di informarsi e comunicare informazione.
Conseguenza di ciò e del fatto che la rivista è un Gatekeeper, un
organo di distribuzione di informazione, si giunge ad una
distorsione inconsapevole delle notizie pubblicate tramite
scelte involontarie conseguenti alla propria condizione (le opinioni
personali di cui sopra, la limitatezza di informazione di ciascuno,
le convinzioni etiche, l’età, il lavoro svolto, la condizione
sociale, ecc…).
-
Le routine
produttive della rivista modificano il modo in cui
l’informazione viene selezionata, elaborata, presentata. Possiamo
dividere questo processo in tre fasi, la raccolta di materiali
informativi e le fonti da cui essi provengono, la selezione delle
notizie tramite i valori notizia che mostreremo sotto e la
presentazione delle notizie. In ogni fase è presente il fenomeno
della distorsione inconsapevole. Abbiamo quindi l’azione
contemporanea di tre differenti tipi di criteri:
Criteri di
negoziabilità sostantivi
- Grado e livello gerarchico dei soggetti coinvolti
- Impatto sulla nazione e sull’interesse nazionale (o di gruppo)
- Quantità di persone che l’evento coinvolge
- Rilevanza e significatività dell’evento riguardo ad eventuali sviluppi
- Capacità di intrattenimento
Criteri
relativi al prodotto
- Brevità
- Novità
- Giungere prima degli altri media
- Qualità della notizia
- Bilanciamento dell’informazione
Criteri
relativi al mezzo
- Buon materiale rispetto al mezzo utilizzato
- Eventi o notizie con una storia narrativa completa
- Frequenza dell’evento
Dopo una breve
riflessione credo che anche una rivista come questa potrebbe
tranquillamente ritrovare qui all’interno il proprio metodo di azione.
Si noti come non risultano pressioni di tipo economico o politico
diretto di una qualche rilevanza per via del metodo di azione, del
proprio sviluppo e del mezzo utilizzato da questa particolare rivista.
•
Prime conclusioni:
Nessun medium può fare a meno di stabilire priorità mediando tra le
esigenze del proprio pubblico, quelle di eventuali pressioni politiche e
le proprie volontà. E’ proprio la natura del mezzo, destinato a qualcuno
e gestito da persone che vivono nel mondo reale, ad impedirlo.
Ovviamente le pressioni contrapposte sono molto più forti nei
conglomerati mediali di grandi dimensioni rispetto alla piccola rivista
o al blog. Così come i lettori ed i giornalisti de La Repubblica hanno
impedito quest’estate l’ingresso di Silvio Berlusconi nel fondo creato
dal principale azionista del Gruppo L’Espresso, pur andando contro
motivazioni di carattere politico ed economico, nello stesso modo ogni
medium vive cercando di soddisfare queste tre differenti esigenze. Il
mondo di internet non fa eccezione, semplicemente ciò non si nota perché
le dimensioni dei fenomeni sono rapportate alla frantumazione dei
gatekeeper presenti sul web. Il vero passo in avanti quindi potrebbe non
essere la presunta novità del mezzo e del blog, che ne sarebbe
espressione matura, quanto la quantità. La quantità di media presenti
sulla rete, infatti, non è neppure paragonabile a quella cui ci hanno
abituato i media tradizionali e il dato statistico potrebbe in qualche
modo aiutarci a correggere gli errori inevitabili che i media hanno nel
loro codice genetico, pur non potendo per loro costituzione esserne o
divenirne immuni. La grande novità della rete, dell’espansione del
potere di informazione, risiede infatti nella possibilità di giungere ad
un pluralismo quasi utopico, che da solo basterebbe alla corretta
informazione. Avere insomma un milione di blog, di televisioni o di
quotidiani non sarebbe differente, ma se nel caso dei secondi due non è
materialmente possibile, nel primo caso è già cosa realizzata e
superata.
Così ogni blogger che agisce secondo la propria agenda setting, modifica
quella degli altri allo stesso tempo. Scrive, interviene e pubblica
seguendo gli stessi schemi di un mezzo di comunicazione tradizionale
dando più o meno importanza ai fatti o non citandoli neppure in base ad
una lista di priorità che gli deriva dalla vita quotidiana e non credo
sia difficile dimostrare che il fenomeno dell’agenda setting agisce nel
medesimo modo sul mondo delle comunità online.
Prendiamo come esempio la discussione sulla riforma di Bankitalia.
L’impressione che si è subito avuta è che il potere politico avrebbe
preferito passasse in secondo piano il prima possibile mentre continua
ad essere all’ordine del giorno per l’insistenza con cui i media hanno
deciso di proporla. Questo è avvenuto perché le caratteristiche della
notizia ne fanno un evento a notiziabilità elevata, avendo non alcune,
ma tutte le caratteristiche descritte sopra. In questo caso è l’agenda
del medium che ha modificato in maniera significativa prima l’agenda
tematica del pubblico, poi quella del potere politico, forzandolo alla
sfiducia (o quasi, mentre scrivo) nei confronti di Fazio. Nonostante ciò
il sistema mediale non è riuscito a presentare la notizia come avrebbe
probabilmente voluto in termini di narratività, tempistica e
sensazionalismo ed ha dovuto accettare e modificare le proprie
presentazioni per soddisfare il pubblico e non irritare troppo
l’establishment politico. Si è così raggiunta la mediazione di cui
parlavamo sopra come ipotesi forse più accreditata per la gestione delle
informazioni nel mondo di oggi.
Sono convinto che un’analisi qualitativa della notizia per come è
apparsa sui blog negli ultimi mesi rispetto al periodo precedente
potrebbe dimostrare la stessa tendenza e questo sarebbe un ulteriore
sintomo dell’unità inscindibile del sistema mediale che agisce con
caratteristiche differenti, ma sempre secondo i medesimi schemi di
fondo.
Bibliografia
Giddens, A. (1998) Le conseguenze della modernità, Bologna: Il Mulino
Granieri, G.
(2005) Blog generation, Roma-Bari: Laterza
McQuail, D. (2003) Le comunicazioni di massa, Bologna: Il Mulino
Moores, S. (1998) Il consumo dei media, Bologna: Il Mulino
Simmel, G. (1995) La metropoli e la vita dello spirito, Roma: Armando
Thompson, J. (1998) Mezzi di comunicazione e modernità, Bologna: Il
Mulino |
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