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Ho letto, qualche
tempo fa, su “la Repubblica”, una lettera firmata dall’attuale
presidente della giunta regionale calabrese, Dott. Agazio Loiero, il
quale si lagnava per un articolo comparso nello stesso quotidiano, che
denunciava l’uso improprio di auto blu, nella regione Calabria, ad opera
di alcuni furbi burocrati.
Nella stessa lettera il presidente, evidenziava come articoli del genere
distorcano la realtà e mettano in “cattiva luce” l’immagine della
regione.
Sono calabrese anch’io ma diversamente dal presidente, credo che
denunciare sia pure a mezzo stampa, gli atteggiamenti di malcostume
radicati, serva ad accelerare, il ripristino del senso civico e del
diritto e a riportare sulla retta via, quella parte di società
degradata, che nel sud come in Calabria, innegabilmente esiste più che
altrove.
Non riesco proprio a capire, per nulla, a cosa possa servire, negare la
realtà dei fatti,
Se si ha davvero a cuore la sorte di una regione, in evidente crisi di
valori, bisognerebbe invece affrontare i problemi anche “approfittando”
dei mezzi di informazione.
Diversamente, trincerandosi dietro al muro del “campanilismo” o
difendendo l’indifendibile, per “partito preso” e dunque “non far sapere
agli altri, poiché i panni sporchi si lavano in casa”, vorrebbe dire
rassegnarsi alla sconfitta e all’impossibilità di poter rimuovere le
cause del degrado.
E dunque: i soprusi e gli abusi vanno denunciati ad ogni livello e con
qualsiasi mezzo democratico disponibile.
Come sarebbe possibile correggere le cattive abitudini, se non se ne
parla?
Al contrario io penso che bisognerebbe ritornare a parlare di questione
meridionale con più forza e coraggio, anche facendo autocritica: saper
guardare dentro ai nostri difetti, renderebbe più semplice e distintivo,
il riconoscimento delle nostre virtù che senza meno la Calabria e il sud
mostrano di avere(il concetto di solidarietà ed integrazione ad esempio,
dimostrato più volte nei confronti dei naufraghi extracomunitari,
sbarcati lungo le nostre coste).
Confrontando la realtà calabrese con quella di altre regioni d’Italia e
d’Europa, non si può dire che non si vivano, condizioni di divario
profondo e di estrema arretratezza culturale, economica, sociale…ma
allora perché non parlarne per cercare di emanciparsi.
Se non se ne discute, come individuare i rimedi che potrebbero
sconfiggere i mali che attanagliano la nostra amata regione?
Non accelerare il dibattito sulle questioni che sono spesso riportate
alla ribalta dai media, ma che altrettanto repentinamente scemano,
significherebbe rassegnarsi a non volerle cambiare.
Come non rendersi conto che quella calabrese è una società che ancora ha
necessità di crescere e progredire ed alla quale non ritorna utile
subire i mali che l’affliggono, poiché essi, si ritorcerebbero (come
realmente accade), su se stessa, in quanto di quei mali atavici, ne è
artefice e contemporaneamente vittima.
Seguendo il ragionamento del presidente, forse non si dovrebbe neanche
parlare di abusivismo edilizio, che è una delle piaghe non curate e
delle quali, la Calabria soffre, in quanto se ne lederebbe l’immagine.
Ma come non pensare, che è solo producendo una cultura di legalità, di
rispetto per i beni ambientali e pubblici, e dunque per i valori alti,
che si può migliorare la qualità della vita dei calabresi.
Come sarebbe possibile non parlare e dunque non chiedersi come mai,
nonostante il numero, fra i più alti, in Italia, di operai
idraulico-forestali presenti sul territorio calabrese, corrisponda
un’altrettanto alta frequenza d’incendi boschivi?
Si prenda atto della realtà e si attivino i canali culturali e
repressivi, per rimuovere le cause che ogni anno apportano danni
spropositati e irrimediabili per la nostra regione.
La distruzione capillare del nostro territorio è avvenuta soprattutto
negli ultimi trent’anni, quelli del cosiddetto “boom economico”.
Uomini incolti e di malaffare, hanno teso su di esso le mani
abbrutendolo in maniera incomparabile.
Tutto questo è avvenuto innegabilmente grazie ad una rete di complicità
(di cui la politica ancora oggi occupa un posto importante), intessuta
da pezzi forti delle istituzioni che hanno quantomeno eluso il loro
compito di vigilare ma ciò grazie al consenso di buona parte della
società calabrese che ne ha, approvato sostanzialmente metodi e
condizioni (sia pure soltanto perché non si è indignata come avrebbe
dovuto mentre è stata invece a guardare).
Senza questo tipo di “patto sociale”, tutto ciò non sarebbe avvenuto.
Il caso di cui si sono occupati anche i “media” nazionali, che hanno
definito “eco-mostro” quel casermone di cemento armato, costruito
davanti ad una delle spiagge più suggestive di Praia a Mare, non è che
una prova.
Se si elimina quello sparuto gruppo d’ambientalisti indefessi, chi altri
si è lamentato di quello che senz’altro non può che essere definito, più
che uno scempio?
E il sindacalista, ucciso così barbaramente, ultimamente nel
catanzarese, con metodo a dir poco arcaico, non è certo un caso isolato,
per come in Calabria è d’uso risolvere i problemi.
In fondo e anche questo è sintomatico, il nostro TG3 regionale, al fine
d’allietare il pubblico, preferisce aprire il giornale, con notizie ben
più frivole.
Invece di tenere i riflettori accesi sui mali della Calabria, i
giornalisti in doppiopetto della rete Rai regionale, preferiscono
parlare di sagra delle crespelle o del maiale, o di quanto siano belle,
invidiabili e pulite(pur sapendo che ciò è una grossa bugia) le spiagge
e l’acqua del mare.
Mai un’inchiesta seria; quando mi sintonizzo, mi sembra di vivere
davvero in un’altro pianeta.
Disoccupazione, emigrazione, criminalità, abusivismo edilizio…sono temi
che guardando il tg3 della Calabria, sembrano scevri d’appartenere alla
nostra regione.
Qualche anno fa, assassinarono mio cugino Gian Luca; lo rapirono sotto
casa al mattino, quando avrebbe dovuto recarsi al lavoro.
Lo costrinsero con la forza ad entrare nella propria auto dove gli
tolsero la vita a colpi di pistola.
Lo portarono infine in un bosco silano, dove gli diedero fuoco insieme
all’auto, sfigurandolo, secondo un “cerimoniale” diffuso, fra la
criminalità organizzata del cosentino.
A distanza di qualche anno da quel tragico episodio, noi familiari non
conosciamo il movente dell’omicidio, né i responsabili, che a tutt’oggi
risultano impuniti e dunque godono degli stessi diritti di un normale,
civile ed onesto cittadino di questo paese.
Ogni tanto, provo a digitare sulla rete il suo nome ma non c’è proprio
nulla, del suo omicidio non si parla, come se non fosse mai successo
niente.
Tutto questo naturalmente accade anche a tantissimi altri individui,
morti per mano della mafia, in questa regione.
Durante le trascorse festività natalizie, alla vigilia delle elezioni
regionali, nella giungla dei manifesti (molti dei quali ben sistemati in
spazi non autorizzati, a dimostrazione del senso di legalità che vige,
in questa regione), di propaganda politica affissi lungo le strade, uno
più di tutti ha attirato la mia attenzione, proprio quello riguardante
la campagna elettorale, dell’attuale presidente Loiero.
Faccia sorridente la sua e ben augurante, come è d’uopo per un manifesto
che deve convincere la gente, sulla bontà del candidato.
Mi ha colpito di più però, di quel manifesto, la dicitura che
l’accompagnava e che così recitava: “BUON ANNO A TUTTI, A TUTTI!
Signor Presidente, (mi piacerebbe suggerirgli), Buon anno a tutti, ma
non proprio a tutti!
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